Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

Xenofobia contro i migranti e strumentalizzazione della paura

di Fulvio Vassallo Paleologo, Università degli Studi di Palermo

Recenti fatti di cronaca, riportati confusamente dai mezzi di informazione, senza neanche esplicitare per intero il reale andamento dei fatti, come nel caso di Vercelli, dove il poliziotto ferito sull’autobus è stato salvato da un “clandestino” che non è fuggito davanti al fuoco come tutti gli altri passeggeri, hanno riportato sulle prime pagine dei giornali la emergenza criminalità, come una questione che riguarderebbe esclusivamente gli immigrati irregolarmente presenti nel nostro paese. Per qualcuno, addirittura, come il viceministro Minniti, sembrerebbe possibile associare fatti di criminalità comune al pericolo del terrorismo. Neppure il precedente ministro degli interni Pisanu era arrivato a tanto, senza alcuna prova a fondamento di affermazioni tanto gravi.
Persino giornali come Repubblica censurano sistematicamente le lettere di protesta degli antirazzisti e danno ampio spazio a posizioni, espresse indifferentemente da cittadini e da politici, sulla base di elementi di fatto del tutto falsificati o filtrati attraverso stereotipi e facili generalizzazioni.

Alla vigilia del voto amministrativo il ministro Amato ha prontamente annunciato un nuovo piano sicurezza, da definire con i sindaci dei maggiori comuni italiani, a partire da Roma e da Milano. La ricetta sembra proprio la stessa del precedente governo, ancora un aumento delle misure repressive, poteri speciali ai prefetti ed alla polizia, la intensificazione della videosorveglianza, retate nei quartieri più densamente abitati dagli immigrati, rastrellamenti di prostitute, espulsioni sempre più veloci, e soprattutto la minaccia di “delocalizzazione” dei campi rom e dei gruppi di immigrati più densamente insediati nei territori urbani.
Quella che si annuncia nei prossimi giorni è una vera e propria gara tra sindaci di ogni colore e prefetti per cacciare dalle città i gruppi di immigrati ritenuti più pericolosi per la sicurezza dei cittadini. Intanto nessuna seria misura per legalizzare l’ingresso ed il soggiorno dei migranti in Italia, per sottrarre le donne immigrate al ricatto delle organizzazioni che gestiscono il traffico della prostituzione, nessuna prospettiva di una legge organica sul diritto di asilo, nessuna risorsa trasferita dalle misure di accompagnamento forzato agli strumenti di integrazione, nessun serio progetto per il popolo rom, composto adesso, in parte, anche da cittadini comunitari.

Non si comprende come e quando, in questa situazione si potrà avviare quel percorso legislativo tracciato dal Ddl Amato-Ferrero che potrebbe segnare un momento di rottura con il passato. Non si è neppure realizzata la cancellazione del diritto speciale, introdotto dalla legge Bossi-Fini, a cui sono soggetti donne e uomini migranti, e anche la attuazione delle direttive comunitarie in materia di asilo appare fortemente condizionate da una impostazione che guarda persino ai richiedenti asilo con preoccupazione, come se anche questi migranti potessero alimentare la criminalità, o peggio, il terrorismo. Dopo anni di istigazione all’odio razziale e alla xenofobia, frutto anche ma non solo della “Bossi Fini” e delle prassi amministrative prevalse al tempo del governo Berlusconi e ancora operanti, solo una buona legge, approvata per tempo e non tra qualche anno, potrebbe rendere effettivi i diritti fondamentali ed i diritti di cittadinanza dei migranti.

Carta dei valori e valori di carta
Alcune settimane fa è stata annunciata con grande enfasi una Carta dei valori, elaborata dal Ministero dell’interno insieme alla “Consulta dei musulmani in Italia”. Come molti hanno fatto notare si tratta di un testo che segna elementi di vero e proprio arretramento culturale in questo paese.
Dalle precedenti dichiarazioni rilasciate dal ministro Amato, sembrava che il documento avrebbe dovuto stabilire principi vincolanti solo per quegli immigrati che intendevano acquisire la cittadinanza italiana, con una particolare attenzione a chi professa religione musulmana, dopo questo “sottile” cambio di destinazione, il tema si è ancora più complicato. La Carta è stata presentata come una dichiarazione di principi: contro la guerra e a favore della “tolleranza”, della libertà di culto, a garanzia dei diritti delle donne.
Un invito ad aderire ad impegni che potrebbe tranquillamente essere esteso non solo agli immigrati ma a uomini politici nostrani e alle forze che rappresentano, tanto adusi a predicare bene e a razzolare male, magari con la complicità delle autorità amministrative, come gli uffici immigrazione delle questure italiane, che negano quotidianamente i più elementari diritti fondamentali da riconoscere alle donne e agli uomini migranti, comunque presenti sul territorio nazionale.

La Carta presentata non corrisponde a questo, sia nel metodo che nel merito.
Il primo elemento di incompatibilità sostanziale è legato al fatto che i principi su cui si fonda la Carta, sono già parte integrante di un documento più solido e condiviso: si chiama Costituzione Italiana. Poligamia, prevaricazione per ragioni di genere, discriminazioni di ogni tipo, non sono permessi. Parità dei coniugi nei rapporti fra di loro e nella conduzione della famiglia, libertà di manifestazione di critica e di pensiero e, più in generale, i diritti individuali sono salvaguardati da quelle che sono le regole basilari su cui si dovrebbe basare la repubblica.
I fatti di cronaca, se letti in maniera completa e non pregiudiziale, mostrano ogni giorno come questi principi siano lesi in ogni contesto, indipendentemente che si tratti di autoctoni o di immigrati. Tutti sembrano preoccupati della difesa dei valori della famiglia, ad esempio, ma nessuno si preoccupa delle famiglie migranti, al punto che si dimentica persino che l’Italia non ha ancora ratificato la convenzione ONU del 1990 a protezione dei lavoratori migranti e delle loro famiglie. La vulnerabilità maggiore che si vive nei nuclei familiari composti da migranti attiene all’assenza di diritti sostanziali da esigere, ad un permesso di soggiorno per ricongiungimento che obbliga a condizioni di dipendenza che non si risolvono con una “Carta”, al fatto che molte e molti restano ancora cittadini di serie B, per i quali si vorrebbe adesso una “Costituzione di serie B”.

Così come si vuole i migranti assunti a tempo indeterminato in un mercato del lavoro fondato sulla precarietà, li si vuole laici in una società in cui si cerca di imporre sempre più un modello fondamentalista. Un paragone non astruso: il lavoratore immigrato stabile è frutto di una selezione qualitativa del mercato, l’immigrato laico è quello che rinuncia – abiura come chiede spesso Panebianco – alla propria sfera religiosa, in quanto professa una fede ritenuta nociva e irriducibile e comunque subalterna a quella che è l’unica vera fede ammessa.
E comunque, ridurre la sfera culturale alla propria professione di fede, come ridurre la propria identità al ruolo ricoperto nel ciclo produttivo, è manifesta intenzione di ridurre l’ accesso dei migranti all’effettiva fruizione dei diritti fondamentali della persona.
La impostazione culturale che ha presieduto all’elaborazione di questa Carta dei valori è la stessa che oggi diventa il supporto ideologico delle misure repressive che il ministro Amato si appresta ad adottare d’intesa con i sindaci delle più grandi città italiane, a partire da Roma e da Milano.

Per i diritti del popolo Rom, per la sicurezza di tutti
Le misure annunciate dal Piano Amato per la sicurezza si tradurranno presto in nuovi interventi repressivi che incrementeranno la clandestinizzazione dei migranti irregolari, e spezzeranno quei progetti di intervento sociale che con grande difficoltà stanno tentando di recuperare una effettiva valenza dei diritti di cittadinanza di tutte le persone migranti nel rispetto della legalità e della convivenza civile.

Tra gli obiettivi principali di questi interventi repressivi, che si dispiegheranno in tutta la loro violenza nelle prossime settimane sono le Minoranze Nazionali Rom, denominate “zingari” e “nomadi” in maniera dispregiativa ed etnocentrica, destinate anche da questo governo ad essere oggetto di discriminazione, emarginazione e segregazione. L’Italia continua a negare ai Rom e Sinti l’applicazione della “Carta Europea sulle Minoranze Etnico Linguistiche” che tutela le lingue minoritarie e nega la Convenzione Quadro per le Minoranze Nazionali. I frequenti interventi espulsivi praticati dai sindaci e dai prefetti negano ogni giorno che passa il diritto alla residenza, il diritto alla sanità, il diritto alla scuola, il diritto al lavoro. Nessun intervento di integrazione e di sostegno pubblico in favore dei campi rom, che oggi si minaccia di “delocalizzare” oltre i confini della cinta urbana.

In questa situazione drammatica i Rom provenienti da Bosnia, Confederazione Yugoslava, Croazia, Bulgaria, Romania, Polonia, subiscono politiche discriminatorie, una esclusione sociale sempre più grave e diffusa, anche quando si tratta di cittadini neocomunitari. Famiglie intere sono fuggite dai loro paesi d’origine per i conflitti etnici e le guerre civili che l’Europa non ha saputo impedire e l’Italia nega loro i più elementari diritti. Segregati nei “campi nomadi” delle grandi città italiane, e non solo, i Rom Europei vivono situazioni spesso inumane senza acqua, luce e servizi igienici, costretti a mendicare per le strade il sostentamento giornaliero. Adesso con le misure annunciate dal Ministro Amato si potranno attendere altre deportazioni di massa, non solo oltre i confini delle città, ma anche nei paesi di provenienza, come nel caso dei Rom espulsi da Rutelli a Roma nel 2000, e poi risarciti dal governo Berlusconi dopo l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Quella stessa opportunità di difesa legale , fino alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, garantita allora ai rom deportati nel 2000 in Bosnia va oggi assicurata a tutti i Rom che nei prossimi giorni saranno oggetto di operazione di delocalizzazione, di fatto una vera e propria deportazione, una rappresaglia da parte della polizia, in nome di quella parte dell’opinione pubblica che reclama la applicazione della legge del taglione.

Ai Rom e ai Sinti deve essere riconosciuto lo “status” di minoranza nazionale e che siano attuate e favorite politiche di integrazione, di partecipazione diretta e di mediazione culturale in loro favore Inoltre, chiediamo che siano attuate politiche di accoglienza a favore dei Rom Europei, presenti attualmente in Italia e si concerti una politica europea capace di rimuovere le cause che provocano la loro immigrazione nel nostro Paese, promuovendo leggi che facciano proprie le disposizioni della Raccomandazione n.1557/2002 del Consiglio d’Europa.

Occorre una procedura di regolarizzazione a favore dei Rom nati in Italia. Una legalizzazione che vada nella direzione del diritto di cittadinanza e che metta in regola, e dia quindi visibilità e corpo sociale, ai Rom, anche di terza generazione, nati e vissuti in Italia ma che non hanno accesso ai servizi fondamentali perché considerati clandestini e quindi senza nessun diritto di cittadinanza attiva. Anzi espellibili in ogni momento in cui vanno a rivendicare diritti umanitari. E sono decine di migliaia .Una condizione di soggiorno regolare è il più forte deterrente verso la commissione di reati, e consente un ingresso legale nel mondo del lavoro.

Va riconosciuto il diritto di cittadinanza per tutti gli “stranieri” nati e residenti in Italia da almeno dieci anni e la “carta di soggiorno” per i Rom che abitano in Italia da almeno 5 anni, a prescindere dai contratti di lavoro e dai certificati di residenza. Prima di procedere al superamento dei campi nomadi, i diversi gruppi di rom, a seconda delle loro esigenze, vengano sistemati in habitat decorosi: alloggi, case o microaree residenziali a dimensioni di famiglie allargate, scelti in concorso con gli interessati, praticando politiche che si confrontino con le istanze delle comunità locali.La estensione dello stato sociale deve mettere fine alla guerra tra poveri innescata dalle politiche di governo del territorio da parte del centro-destra.

Oltre il Disegno di legge sull’immigrazione
Il Ddl Amato Ferrero potrebbe essere un primo passo avanti, la Carta dei diritti è stato un passo indietro, il Piano sicurezza del ministro Amato costituisce la premessa di un ripristino delle peggiori prassi di esclusione e di deportazione che già il precedente governo ci aveva fatto conoscere. Senza fare diminuire la irregolarità dei migranti, senza garantire la sicurezza dei cittadini. A livello internazionale le politiche di respingimento praticate dal nostro paese, con il supporto operativo e finanziario all’agenzia Frontex, con l’intesa tra il ministro Amato ed il commissario europeo Frattini, sono responsabili di migliaia di vittime e mantengono intatto il potere delle grandi organizzazioni criminali che gestiscono il traffico su rotte sempre più difficili e pericolose. In assenza di una effettiva possibilità di ingresso legale per ricerca di lavoro in Europa ed in Italia.

Non siamo in una condizione di deflagrante razzismo, ma in una meno nitida, di strisciante xenofobia in cui la paura si riversa su chi è più vulnerabile, più marginale, più ricattabile. A disagio e malcontento dei cittadini, vittima dei tagli allo stato sociale e della precarietà nel mercato del lavoro, si offrono come unica risposta, ordine, pulizia e “legalità”.
Occorre riprendere la mobilitazione antirazzista e recuperare un rapporto diretto tra le associazioni e le comunità immigrate. Si devono attivare a livello regionale strutture di difesa legale e di denuncia, pronte ad intervenire in tempo reale, davanti ad iniziative di stampo puramente repressivo che calpestino i diritti fondamentali de migranti, così come sono riconosciuti anche dalla nostra Costituzione e dalle Convenzioni internazionali.
All’impegno nella difesa legale dei migranti dovrà aggiungersi un impegno più forte e coeso delle associazioni antirazziste, ma anche dei partiti e dei sindacati che in tante occasioni hanno espresso posizioni favorevoli all’accoglienza ed all’inclusione degli immigrati.
Di fronte all’offensiva mediatica e politica contro i migranti si registrano troppo silenzi e troppe interessate complicità. Di fronte alla dilagante xenofobia occorre immaginarsi e praticare un nuovo movimento antirazzista capace di difendere i diritti dei migranti ed i diritti delle fasce sociali più deboli.
Un percorso che va oltre le “Carte” le leggi, i governi e forse anche oltre le forme di aggregazione, di rappresentanza e di comunicazione che noi stessi siamo riusciti a praticare finora.