Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

di Paola Cecchini, giornalista dell'ufficio Stampa della Regione Marche

Immigrazione argentina

note e considerazioni

Il dramma umano che l’immigrazione sottintende, è espresso da una testimonianza che figura nel mio saggio, Terra promessa – il sogno argentino, edito dal Consiglio Regionale delle Marche, che racconta in 1100 pagine, 670 note, 106 foto d’epoca, 3 diari, 28 tabelle statistiche e 68 testimonianze la storia dei marchigiani in Argentina e viceversa. La testimonianza appartiene a Patricia M.V., intellettuale argentina con ascendenza italiana, venuta col marito (artista plastico), dopo l’ultima grave crisi economica che ha colpito il Paese sudamericano.
Intimidita dalla realistica rivelazione della propria estraneità al mondo italiano, Patricia sente l’Italia come paese non mio, come racconta in una poesia.
Espresso in modo intellettualmente elegante, anche se sofferto, questo senso di estraneità denuncia la difficoltà per gli italiani di inquadrare lo straniero diverso dall’ammiratore incondizionato, dal superturista; la difficoltà di offrire un’apertura, che- se appare semichiusa ai discendenti di italiani- si presenta come fondamentalmente ostile e derogabile solo sul piano della necessità per flussi del tutto diversi culturalmente.
Il senso di estraneità di Patricia si rileva da tanti aspetti:

1) il paesaggio rurale:

pur ritenendolo affascinante, perché pieno di ritmo e colori, Patricia non riesce a sentirlo proprio; continua a sentire più naturali le infinite pianure argentine, i lunghi chilometri desolati delle pampas, “quella sensazione della vista che si perdeva lontano, senza sbattere contro nessuna collina”.

2) il paesaggio urbano:
le città italiane, caratterizzate da strade strette e fiancheggiate di case a due o tre piani, dove a volte sembra che neanche il vento osi entrare, sono molto diverse da quelle argentine, dove è impressionante la quantità di cielo che si vede. Le case sono di norma a solo piano, dando così una sensazione di maggiore spazio e aria. Gli spazi in Argentina sono aperti, la vegetazione abbondante,i parchi pieni di verde, mentre le città italiane sembrano piuttosto il rifugio che gli uomini si costruiscono “per proteggersi dalla natura e da altri uomini, per avvicinarsi gli uni agli altri e mantenersi uniti e quindi più forti”, tanto che quando hanno “bisogno della natura, non la vanno a cercare dentro il villaggio, ma escono da esso e vanno verso la campagna, a lavorarla, a domarla, a goderla”

3) la comunicazione con i medici:
a differenza degli argentini, i medici italiani sono “eccessivamente formali con i propri pazienti; li trattano con poca confidenza, senza fornire adeguate spiegazioni sulle malattie e le cure, salvo cambiare atteggiamento quando realizzano che stanno parlando con una del ramo”

4) il rapporto con la società italiana:

Si tratta di una società non abituata ad accogliere altre culture, società che era stata storicamente emigrante nel mondo e perciò non era equipaggiata neanche a livello legislativo per incorporare persone che venivano da altre realtà. “Non sapendo come comportarsi con noi, ci ignorava”.

5) il sottosviluppo economico e culturale:
Ci sono diversi tipi di sottosviluppo:
Scoprimmo che il sottosviluppo dell’Argentina è di tipo economico, mentre quello italiano è di tipo culturale: “abbiamo trovato che in molti aspetti la nostra mentalità è più aperta, più capace di evoluzione rispetto a quella che riscontro nella società italiana; come se il peso della storia che porta sulle sue spalle la costringa a camminare piano, perché strada facendo, non cada qualche tradizione di troppo.

Devo chiarire che abbiamo anche capito che questo fenomeno di rallentamento nell’evoluzione socio-culturale è specialmente marcato nella zona d’Italia in cui ci siamo stabiliti e cioè quella centrale che, come tale, gode di tutti i progressi tecnologici, dei comfort del nord del Paese, mentre conserva la mentalità tradizionalista e quasi medioevale del centro- sud. Fu precisamente questa caratteristica che sin dall’inizio creò in noi la sensazione di trovarci in una strana dimensione nella quale il passato e il futuro coesistevano confondendosi… e confondendoci. Sì, perché conferivamo a persone che avevano accesso a certi livelli tecnologici e persino scientifici, livelli corrispondenti di preparazione, informazione e cultura che non sempre possedevano”
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6) la cultura (punto nevralgico dell’immigrazione argentina):
Nel faccia a faccia con questa struttura sociale ed economica di primo mondo (con tutti i suoi progressi tecnologici, scientifici ed economici), Patricia ha scoperto che gli argentini sono dotati di caratteristiche che in Italia si sono perse: “Noi conserviamo intatto il nostro senso di auto-conservazione, perché la nostra realtà politica, sociale ed economico lo esige. Non si tratta soltanto di scappare ai pericoli fisici, ma anche di una capacità molto sviluppata di rovesciare circostanze avverse e trarne qualche profitto. Questo significa non perdersi in un bicchiere d’acqua; questo significa anche non aver bisogno di un’enorme quantità di attrezzi indispensabili per la vita moderna, senza i quali le società ultra sviluppate sarebbero perse”.

7) le contraddizioni:
Contraddizione è la parola più adatta per definire i suoi sentimenti: “Credo che tutti noi, argentini-italiani, italiani-argentini, o comunque ci chiamiamo, quel che vorremmo è poterci portare l’Argentina in Italia, cioè la nostra gente, le nostre abitudini, i nostri sabato sera e i nostri asado della domenica, in questa terra che ci piace, in questo sistema socio-politico-economico che ci permette di vivere e crescere come persone senza i sobbalzi e le angosce che erano parte della nostra vita in Argentina”.

8) la scoperta dell’identità argentina:
Una delle cose più importanti nate dall’immigrazione è stata per Patricia la possibilità di “prendere coscienza in un modo direi quasi doloroso, per quanto intenso, di un fatto che mentre ero in Argentina non ho mai analizzato … era così naturale essere argentina, che neanche me ne rendevo conto”.

Sì, perché soltanto di fronte a questa realtà diversa che si manifesta in ogni atto della vita (dalle abitudini alimentari al modo di stabilire rapporti con altri esseri umani), Patricia è riuscita a prendere coscienza del fatto che anche “noi abbiamo una identità ben precisa, con caratteristiche proprie e con cultura propria“.