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Reggio Emila – Schiavi per legge

La dichiarazione della Direzione Provinciale del Lavoro

E’ successo ieri a Reggio Emilia durante un tentativo di conciliazione da parte di quattro lavoratori di origine egiziana impiegati per alcuni mesi come muratori e piastrellisti nella costruzione di un albergo al Ventasso (appennino reggiano). I quattro hanno reclamato più volte i soldi che gli spettavano, in tutto circa 30mila euro, ma in cambio hanno ricevuto minacce dal proprietario della ditta.
Questi lavoratori, presentando la richiesta di convocazione fra le parti, hanno seguito l’iter che gli impone la legge per poter poi intraprendere una causa nel caso in cui la conciliazione non vada a buon fine.

Il direttore della Direzione Provinciale del lavoro, Giulio Bertoni, dichiara, davanti ad un giornalista di Telereggio: “soltanto un lavoratore aveva i requisiti per poter risiedere in Italia, gli altri tre hanno posto un’istanza ma non avevano i requisiti per porre un’istanza. I “clandestini” non possono attivare il tentativo di conciliazione previsto dall’art n. 410 del Codice di Procedura Civile presso la nostra direzione né tanto meno, in egual misura, il tentativo di conciliazione con l’art n. 411 presso un’organizzazione sindacale”.
In realtà non si trova scritto da nessuna parte quanto dichiarato dal Direttore della Dpl di Reggio Emilia. Si può inoltre aggiungere che nell’ordinamento italiano esistono delle norme che possono essere applicate anche ai clandestini. Queste risalgono al Codice Civile del 1942, in particolare, gli artt n. 2126 e n. 2116, costituiscono la base giuridica per garantire al lavoratore, anche se clandestino, come a tutti i lavoratori impiegati irregolarmente sul territorio italiano, il diritto di recuperare le differenze fra quanto avuto dal datore di lavoro e quanto sarebbe dovuto in applicazione dei Contratti Collettivi Nazionali. E’ quindi prevista nel nostro ordinamento la possibilità, anche per i clandestini, di avviare vertenze per il recupero del salario dovuto.
Davanti alla domanda del giornalista di Telereggio: “cosa può fare allora un clandestino per poter ottenere ciò che gli è dovuto per un lavoro svolto?” il Direttore della Dpl risponde: “alcune organizzazioni sindacali o alcune organizzazioni riconosciute di sostegno agli immigrati possono ricorrere alla questura per poter ottenere il riconoscimento e la tutela di questi lavoratori che avranno un permesso straordinario temporaneo e in questi sei mesi di durata del permesso troveranno un altro lavoro“.
Sicuramente il Direttore Bertoni si riferisce art. 18 del T.U. sull’immigrazione. Ma come sappiamo, e purtroppo molti casi lo hanno dimostrato, questo non è così scontato nè tantomeno di facile applicazione.
L’art. 18 prevede, quale presupposto per autorizzare la concessione di permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che vi sia, non solo situazione di grave sfruttamento, ma che siano accertate situazioni di violenza e che questa violenza sia prospettata e minacciata da parte di organizzazioni criminali o dedite a commettere vari delitti connessi allo sfruttamento degli immigrati. Questo rende molto difficile, anche in caso di sfruttamento, il rilascio di tale permesso di soggiorno.
Nel caso specifico, comunque, si è intrapresa anche la richiesta dell’appilicazione dell’art. 18, ma sussiste anche un problema di tipo economico, visto il compenso che i lavoratori impiegati irregolarmente devono ancora ricevere. Per questo motivo si è avviata l’istanza di conciliazione prevista dalla legge presso l’Ufficio del lavoro.

La decisione di archiviare il verbale per mancanza dei presupposti (codice fiscale e permesso di soggiorno) avviene in una città dove il 75% dei 60 cantieri ispezionati non è in regola – dati diffusi dal dipartimento di Sanità pubblica della Ausl – e dove il numero di lavoratori in nero è triplicato rispetto allo scorso anno (456 nei primi tre mesi dell’anno contro i 145 di 12 mesi fa) – dati forniti dalla stessa Dpl.

Lo scorso mese di marzo, la Provincia, l’Associazione dei Comuni e la Direzione Provinciale del lavoro di Reggio avevano annunciato un giro di vite contro tutte le forme di lavoro nero e irregolare. L’alleanza si è posta l’obbiettivo di sancire una svolta nella lotta a chi sfrutta e mette in pericolo la salute, la sicurezza e i diritti dei lavoratori. Con il patto stretto si sarebbe dovuta inaugurare a Reggio Emilia una pagina nuova nella lotta al lavoro nero.

La dichiarazione del Direttore della Dpl dimostra però purtroppo ancora una volta che si lanciano campagne e si firmano accordi contro il lavoro nero senza però tenere in considerazione la tutela del lavoratore, unico modo possibile perchè questa piaga non continui a produrre sempre le stesse conseguenze.

Ascolta l’intervista a Samir del Comitato Lavoratori Irregolari

Vedi il comunicato del Comitato Lavoratori Irregolari