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Padova – Sgomberato un centro di accoglienza abitato da 11 lavoratori migranti, e due bambini

Polizia, Vigili e Carabinieri hanno fatto irruzione all'alba nella palazzina, sotto la direzione dell'Assessorato agli interventi sociali

Saranno ospitati per qualche giorno in strutture di accoglienza temporanea e non avranno quindi una immediata soluzione al loro problema abitativo gli abitanti della palazzina di Pontevigodarzere, da sei anni centro di accolgienza per migranti.
Alcuni di lor erano già al lavoro e sono stati frettolosammente richiamati, altri, come Sako, Dara, Dragan, Kara, Princes, hanno dovuto subire l’irruzione nelle loro camere dei reparti anti sommossa della Polizia. Doris, una donna con due bimbi piccolissimi in visita a Mantova dalla sorella, è dovuta rientrare velocemente in mattinata per raccogliere le sue cose aspettando di recuperare effettipersonali e mobiglia, depositati nei magazzini comunali.

Una scena vista ormai troppe volte: Polizia Municipale a presidio delle strade, Polizia di Stato e Carabinieri guidati dalla dirigenza della Questura, Pompieri e imprese edili a disposizione e lo staff dei Servizi Sociali a dirigere le operazioni.

Questo tipo di “traslochi” non sono proprio una novità per la città di Padova, come in altre. Già nel 2004 una signora con i suoi tre figli si era vista piomabare in casa all’alba i reparti celere accompagnati dai servizi Sociali del Comune per sgomberare la sua abitazione, dicendo solo successivamente di averle già trovato una sistemazione.

Il centro di accoglienza di Pontevigodarzere, nella prima periferia della città del Santo, era stato occupato nel 2002 dall’Associazione Razzismo Stop ed una decina di famiglie che avevano passato la notte in tenda davanti al Palazzo del Municipio. Il centro era diventato così un punto di riferimento e di primo appoggio per molti che, avendo difficoltà a reperire sul mercato privato una abitazione, perchè migranti o per i prezzi difficilmente accessibili, potevano trovare nella struttura un luogo dal quale cominciare, con un tetto ed un letto in cui riposare, a stabilizzare la loro situazione lavorativa e da cui iniziare la ricerca di una sistemazione adeguata.

A rotazione quindi, si sono susseguite nella struttura moltissime persone, singoli coppie o famiglie con bambini.
Nel 2004, insieme al Consiglio di Quartiere della zona, era stato anche attivato un percorso di “regolarizzazione” della struttura, riconoscendone l’utilità non solo per i cittadini migranti ma anche per tutta la comunità. il percorso, che avrebbe dovuto portare alla formalizzazione di una convenzione ed all’apertura di un rapporto tra gli inquilini del centro e le strutture che avrebbero potuto aiutare loro nel reperimento di un alloggio, era poi stato interrotto dall’interdizione della Giunta Comunale.

Nelle scorse settimane, dopo molti anni di silenzio, c’era stato un “blitz” degli stessi Servizi Sociali, facenti capo all’Assessore Sinigaglia, che aveva portato nei giorni successivi, dopo ripetute richieste provenienti dall’Associazione Razzismo Stop, ad un incontro con gli Assessori alle Politiche Abitative ed Immigrazione (Ruffini-Rif.Comunista), alla Sicurezza (Carrai-Pd, ex-LegaNord) e lo stesso Assessore Sinigaglia (Pd).
L’incontro, che aveva evidenziato la volontà della Giunta Comunale di interrompere il progetto di accoglienza auto-gestito, si era concluso comunque con la rassicurazione di non voler in ogni caso procedere allo sgombero con le Forze dell’Ordine.
Nel tentativo di convincere gli occupanti a lasciare lo stabile era stata anche paventata la presenza di alcuni appartamenti già disponibili per trovare finalmente soluzione alle famiglie. Oggi quelle case, a distanza di quattro giorni, sono diventati comunità di accoglienza, sistemazioni temporanee.

L’irruzione di giovedì all’alba la dice lunga sull’affidabilità dei tre assessori: roba da far invidia a tutti gli esponenti della Lega Nord che avrebbero voluto avere l’esclusiva su “certe operazioni”.

Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa


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L’ordinanza di chiusura della palazzina è motivata con l’inagibilità e la pericolosità dello stabile.
A testimonianza di quanto fosse pericolante la struttura vi proponiamo uno scatto che riprende un braccio meccanico mentre appoggia un bancale di blocchi di cemento dal peso spropositato su un terrazzo ritenuto a rischio crollo.

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