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Vittime di tratta e vulnerabilità: un caso concreto

Prostituzione e vittime di tratta: un caso a RIMINI

di Avv. Paola Urbinati*

Dalla teoria alla pratica.
Il Corriere Romagna, in un articolo del 20.05.2014, dava la notizia di una grossa operazione della Procura di Rimini che ha portato all’arresto di 12 cinesi e 2 italiani con l’accusa di sfruttamento della prostituzione.
Le indagini erano cominciate nel 2011, quando un via vai di persone in un appartamento di Rimini aveva rivelato un giro di clienti, in una sorta di casa chiusa gestita da cittadini cinesi e ove venivano fatte prostituire ragazze cinesi.
Dal primo caso l’indagine si allargava e sollevava il coperchio su una vastissima rete di appartamenti, call center per smistare i clienti, maitresse cinesi e ragazze, il tutto gestito in modo produttivo ed efficiente, come una vera fabbrica del sesso.
Ottimo il lavoro della magistratura e delle forze dell’ordine, tanto che l’indagine si é estesa ad altre città (Milano, Brescia, Cremona, Reggio Emilia, Modena e Forlì) con numerosi arresti.

Tra le righe dell’articolo però, alcune parole suonano strane, scricchiolano: “le ragazze, [ originarie di una zona poverissima in Cina, n.d.r.], erano contattate e mandate in italia ed erano consapevoli del mestiere che avrebbero dovuto fare e anzi, la maggior parte di loro aspirava a diventare maitresse dopo la gavetta“.
L’articolo ribadisce che le ragazze, segregate in appartamenti, prive della libertà di uscire, costrette a turni di 24 ore ed a consegnare i soldi incassati, non erano state vittime di pressioni o violenza.

Queste poche righe danno una idea precisa delle insidie di un fenomeno come la tratta, e rendono più concreto e tangibile il concetto di vulnerabilità introdotto col decreto legislativo n.24/2014 e che è già stato analizzato.
Cento ragazze, originarie di una regione poverissima, e in cui l’unico modo per sfuggire alla propria condizione é accettare di diventare operaie sfruttate in una fabbrica del sesso, possono aver dato un reale consenso? Oppure il meccanismo di asservimento e sfruttamento dovuto al bisogno é così profondo che loro stesse non si rendono conto di ciò che stanno accettando?
Dobbiamo considerarle complici consapevoli dei loro sfruttatori, espellerle o perseguirle, o dobbiamo considerarle soggetti vulnerabili divenuti vittime di tratta?

L’articolo giornalistico, a torto o a ragione, liquida la cosa: le ragazze erano consenzienti. Tutte. Il problema non solo viene risolto in modo definitivo e generalizzato, ma non viene neanche posto.
Forse se lo saranno posto le Questure o le Procure delle città in cui gli appartamenti sono stati perquisiti. La questione merita sicuramente attenzione e per il momento le informazioni pubbliche sono scarse.
Ma la tratta é questo: l’arresto dei responsabili e il rischio di dimenticare le eventuali vittime.
Erano consenzienti.
Su questo consenso sarebbe doveroso porsi qualche interrogativo.

Avv. Paola Urbinati (*) – Foro di Rimini