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Trafficking in persons © UNODC global report on trafficking in persons 2022

Il fenomeno della tratta di esseri umani come questione di genere

Nel 2022 sono state 27,6 milioni le vittime di tratta, tra queste, 6 su 10 sono donne e bambine

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di Giorgia Litti 1

La tratta di esseri umani, come fenomeno globalmente inteso, ma soprattutto ai fini della prostituzione, non riguarda in modo paritario uomini e donne. 
Sebbene, infatti, le vittime di tratta siano milioni, tenendo conto anche dell’enorme dato sommerso, la più alta percentuale è di genere femminile. Solo la bassa percentuale del 10% sono ragazzi o uomini.
Le donne sopportano, quindi, il peso maggiore della tratta globale a scopo di sfruttamento, non solo sessuale ma anche lavorativo poiché spesso queste due forme si sommano.
Una più ampia e diffusa consapevolezza della prospettiva di genere in questo ambito consentirebbe di migliorare l’efficacia e l’impiego di politiche economiche e sociali, partendo da una più elevata considerazione delle esperienze e dei bisogni delle donne. 

1. Cos’è la tratta di esseri umani

La tratta di esseri umani rappresenta, oggi, l’espressione più significativa di attività illecita condotta “senza confini” da sodalizi criminali trasnazionali. Costituisce, infatti, oltre ad una aberrante violazione dei diritti umani, un esempio tipico di crimine trasnazionale.

Occorre precisare, tuttavia, che il reato di tratta può configurarsi anche in una dimensione propriamente nazionale, nonché a prescindere dal coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato.

La prima definizione di trafficking of human beings, universalmente condivisa, è stata introdotta, dopo un lungo e travagliato processo di elaborazione, in uno dei tre Protocolli addizionali alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine transnazionale organizzato, il cosiddetto Protocollo addizionale sulla Tratta 2.

Secondo quanto indicato dall’art. 3 del predetto Protocollo per tratta di esseri umani si intende: «Il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’ospitare o l’accogliere persone, tramite l’impiego o la minaccia di impiego della forza o di altre forme di coercizione, di rapimento, frode, inganno, abuso di potere o di una posizione di vulnerabilità, dando oppure ricevendo somme di denaro o benefici al fine di ottenere il consenso di un soggetto che ha il controllo su un’altra persona, per fini di sfruttamento. Per sfruttamento si intende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro o servizi forzati, la schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, l’asservimento o l’espianto di organi».

Questa definizione costituisce la base giuridica dell’obbligo di penalizzazione delle condotte ivi indicate cui sono tenuti gli Stati ratificanti, come indicato dall’art. 5, n.(1), che recita: “Ogni stato parte adotta le misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato alla condotta di cui all’articolo 3 del presente Protocollo”.

Da essa emergono gli elementi che devono sussistere ai fini della configurabilità del reato in esame: condotta, mezzi e scopo.

La tratta di esseri umani non va confusa con il diverso fenomeno dello smuggling of migrants (traffico di migranti), ovvero il crimine che consiste nello spostamento illegale di una o più persone da uno Stato ad un altro con il consenso della persona trafficata e senza finalità di sfruttamento.

2. La tratta e il gender gap

Nonostante il continuo impegno e l’ampio sforzo delle istituzioni a livello internazionale e nazionale, la tratta di esseri umani continua, in modo preponderante, a qualificarsi come appannaggio delle organizzazioni criminali.

Secondo il rapporto sulle moderne forme di schiavitù condotto da ILO e OIM nel 2016, nonostante sia difficile una quantificazione dato l’enorme sommerso, le persone vittime di tratta sarebbero state, a livello mondiale, 40 milioni di cui il 71% donne.

L’UNODC nell’ultimo Global Report on Trafficking in Persons 3 redatto nel 2022 ha registrato, per la prima volta, una riduzione dell’11% delle persone identificate quali vittime di tratta, in particolare a scopo di sfruttamento sessuale. Tale dato riferito all’annualità 2020 risulta particolarmente influenzato dalle conseguenze della pandemia da Covid-19.

Lo sfruttamento di cui sono oggetto le vittime si manifesta mediante il compimento di differenti ma in ogni caso avvilenti attività illecite come lo sfruttamento sessuale, lo sfruttamento lavorativo principalmente in ambito agricolo, edile, tessile nonché l’espianto e commercio di organi.

Secondo le stime dell’OIL, il 43% delle vittime sono sfruttate nel racket della prostituzione, mentre il 32% viene impiegato in altre forme di sfruttamento economico, e il 25% sono vittime sia di sfruttamento lavorativo che sessuale.

Come si ricava facilmente dalle alte percentuali registrate, la principale fonte economica nel colossale giro di affari alimentato dai traffickers è costituita dallo sfruttamento della prostituzione.

Lo sfruttamento sessuale rappresenta un tipico esempio di moderna schiavitù lavorativa fondata sull’abuso, sulla prevaricazione, sul ricatto, sulla violenza e sulla minaccia.

Le vittime sono, infatti, private della loro autodeterminazione, vengono gestite e controllate dalle organizzazioni criminali grazie a meccanismi di coercizione fisica e psicologica che rendono ancora più difficile intraprendere un percorso di recupero e fuoriuscita. Basti pensare alle disumane pratiche coercitive previste dal rito juju cui vengono sottoposte la maggior parte delle vittime nigeriane.

Secondo l’ultimo Rapporto del Dipartimento di Stato americano, nel 2022 sono state registrate 27,6 milioni di vittime di tratta e, tra queste, 6 su 10 sono donne e bambine.

La quota rosa rappresenta la quota maggiore nell’attività di sfruttamento sessuale, quasi i due terzi del totale delle vittime di tratta for sexual exploitation tracciate dalle autorità sono donne, e un altro 27% sono ragazze. Solo la bassa percentuale del 10% sono ragazzi o uomini.

In particolare, le vittime di genere femminile sono più esposte non solo al rischio di tratta a scopo sessuale, ma anche alla probabilità di subire violenza: donne e ragazze sono tre volte più a rischio di violenza fisica o sessuale rispetto a uomini o ragazzi, mentre per bambine e bambini questa probabilità è di circa due volte superiore rispetto agli adulti.

È opportuno, dunque, considerare il preoccupante fenomeno della tratta di ess«eri umani a scopo sessuale come possibile scenario di gender gap.

Come emerge chiaramente dai dati, la tratta di esseri umani, come fenomeno globalmente inteso, ma soprattutto ai fini di prostituzione non riguarda in modo paritario uomini e donne.

Le donne sopportano, quindi, il peso maggiore della tratta globale a scopo di sfruttamento non solo sessuale, ma anche lavorativo, poiché spesso queste due forme si sommano.

La tratta a scopo di sfruttamento sessuale, come prima detto, è preponderante rispetto a quello lavorativo e dai dati dei due fenomeni si ricava, dunque, una lettura di genere: gli uomini sono trafficati principalmente a scopo lavorativo, le donne, merce principale dei trafficanti, sono oggetto quasi esclusivo del traffico a scopo di sfruttamento sessuale e prostituzione.

Dai dati registrati da Eurostat emerge che il 90% della prostituzione non proviene da una presunta “scelta libera” ma alimenta il fenomeno della tratta di persone, mentre la prostituzione così detta “libera” per distinguerla da quella “trattata” risulta pari al 10%

L’attività di prostituzione non è un’attività lavorativa che può divenire dignitosa se sottratta alla gestione dei trafficanti poiché è una attività in sé degradante che si basa sulla prevaricazione, la violenza e l’abuso degli uomini sulle donne.

È una vera e propria forma di violenza, contraria ai diritti del libero sviluppo della personalità umana, della tutela della salute e della vita. Come, infatti, espressamente indicato nella Risoluzione del parlamento europeo dell’11 aprile 2011: «La violenza nei confronti delle donne comprende un’ampia gamma di violazioni dei diritti umani, che includono: abusi sessuali, stupro, violenza domestica, violenza e molestie sessuali, prostituzione, tratta di donne e ragazze, violazione dei diritti sessuali e riproduttivi della donna, violenza nei confronti delle donne sul luogo di lavoro e in situazioni di conflitto, violenza contro le donne in carcere o in istituti di cura, nonché diverse pratiche tradizionali dannose; che ognuno di questi abusi può comportare profonde ferite psicologiche, danni alla salute in generale delle donne e delle ragazze, compresa la loro salute riproduttiva e sessuale, e in alcuni casi, causarne la morte».

3. Conclusioni

La tratta di esseri umani riflette, dunque, disuguaglianze globali di ricchezza e potere: molteplici fattori contribuiscono a rendere vulnerabili gli individui e ad esporli al rischio di traffico e sfruttamento.

Tra i principali push factors occorre annoverare la fragilità delle istituzioni locali, sistemi giudiziari deboli, alti tassi di corruzione, proliferazione incontrollata di conflitti sociali e guerre civili.

Senza dimenticare l’impiego, sempre maggiore, dei social networks da parte dei trafficanti per adescare le potenziali vittime che contribuisce ad alimentare senza limiti questo business.

Tuttavia, oltre quelle sopra indicate, tra le cause principali del fenomeno, ce ne sono alcune specificamente legate al genere.

Rispetto alla fase di reclutamento, la posizione di vulnerabilità è fortemente condizionata dal genere. Le donne sono particolarmente vulnerabili a causa della posizione sociale ed economica che ricoprono nella società.

In questo senso, tra i principali fattori di rischio si consideri il dislivello sociale tra donne e uomini, la predominanza di valori e norme patriarcali, la mercificazione e l’oggettivazione del corpo delle donne e della loro sessualità, la femminilizzazione della povertà e l’accettazione, in alcuni paesi, oltre che la legittimazione, della violenza contro le donne.

Anche le finalità del traffico e dello sfruttamento differiscono sulla base del genere, gli uomini sono impiegati prevalentemente nel settore edile, agricolo o in generale nel settore industriale, mentre le donne sono destinate ,oltre che alla prostituzione, al lavoro domestico o nella ristorazione.

Dunque, dal momento che il genere risulta determinante nella individuazione delle specifiche forme di traffico e finalità di sfruttamento cui sottoporre le donne, deve essere preso in seria considerazione nel contesto di ricerca sul fenomeno e per definire le politiche e le azioni di prevenzione del traffico, dell’identificazione delle vittime, dei supporti, assistenza e reintegrazione.

Diviene allora necessario che nell’ambito delle politiche di prevenzione della tratta di esseri umani si definiscano non solo misure focalizzate sulla vulnerabilità, ma anche strategie di rafforzamento dei diritti delle donne, al fine di evitare misure anti-tratta che comprimano ulteriormente la libertà e l’autonomia delle stesse.

Occorre valutare le differenze di genere esistenti in questo ambito, verificare la loro incidenza sulle condizioni concrete degli uomini e delle donne in una data società, per poter definire delle adeguate misure politiche e sociali.

  1. Sono al quinto anno di Giurisprudenza presso l’Università di Trento; attualmente sto scrivendo una tesi sulla tratta degli esseri umani
  2. Leggi il Protocollo
  3. UNODC, Global Report on Trafficking in Persons, 2022,pp. 17 e ss