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Iuventa: il giudice ordina allo Stato di riparare la nave ancora bloccata nel porto di Trapani

Chi deve ora assumersi la responsabilità di avere abbandonato la nave per anni?

Cinque lunghi anni abbandonata nel porto di Trapani. Tanto è il tempo passato dalla nave Iuventa attraccata alla banchina del porto dopo il sequestro del 2017 e da allora abbandonata senza alcuna manutenzione e controllo dalla capitaneria di porto. In questi anni la nave della Ong tedesca, come confermano le fotografie, è rimasta esposta alle intemperie, depredata e ora rischia di affondare.

Ma il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Trapani, Samuele Corso, con ordinanza emessa mercoledì 7 dicembre, ha ordinato alla capitaneria di porto ampi lavori di manutenzione per riportare la nave alle condizioni in cui si trovava prima del fermo dell’agosto 2017. Tuttavia, fanno sapere da Iuventa, la possibilità di attuare la decisione del tribunale rimane dubbia, date le cattive condizioni della nave.

Kathrin Schmidt, imputata di Iuventa, ha perciò affermato: «Trovo un po’ cinico che questa decisione sia stata presa dopo che quella che era una nave di salvataggio è ora solo un cumulo di macerie. Tuttavia, è un messaggio importante alla luce del trattamento arbitrario e delle misure contro le operazioni civili di ricerca e salvataggio». Gli ha fatto eco Sascha Girke, l’ex capo missione della nave anche lui sotto processo, che ha spiegato il contesto politico del 2017: «Il sequestro della nave è stato il culmine di una campagna diffamatoria contro le ONG del soccorso civile e la solidarietà con i migranti. Iniziata da think tank e opinionisti della destra radicale, le cui idee grossolane di effettiva cooperazione tra le ONG SAR e le milizie libiche sono state prima rafforzate dal capo di Frontex Leggeri e dal procuratore Carmelo Zuccaro e poi, infine, hanno ricevuto una legittimazione statale attraverso il codice di condotta di Minniti».

Nicola Canestrini, avvocato della difesa ha aggiunto: «Mi chiedo chi debba assumersi la responsabilità di avere abbandonato la Iuventa per anni: se necessario, faremo la nostra parte per accertare le responsabilità, e non ci fermeremo finché non sarà fatta giustizia».

La stessa Procura, che in questo caso è stata costretta ad agire dai tribunali, è stata anche oggetto di forti critiche pubbliche per la sua conduzione del processo nei confronti dei quattro membri dell’equipaggio della Iuventa sotto accusa. Ora deve anche assumersi la responsabilità di anni di abbandono della nave di salvataggio.

«Le autorità competenti hanno ignorato i segnali evidenti e le chiare indicazioni provenienti da più parti sul deterioramento delle condizioni della nave, sprecando così tempo e denaro dei contribuenti», spiega Iuventa crew.

Anche i legali difensori vogliono chiarire la questione e ci tengono nel contempo a non spostare l’attenzione dal vero processo. «Anche se per noi è una decisione importante e la percepiamo come un passo nella giusta direzione, tuttavia sottolineiamo che il sequestro non era necessario per continuare le indagini 5 anni fa e non lo è a maggior ragione oggi», ha spiegato l’avv. Francesca Cancellaro.

In un anno e mezzo di operazioni di ricerca e soccorso, la Iuventa ha salvato più di 14.000 persone in difficoltà in mare. Dal suo sequestro, più di 10.000 persone sono morte nel Mediterraneo centrale. Quando alle squadre di soccorso viene impedito di arrivare dove è necessario, si perdono vite che avrebbero potuto essere salvate.

«Non è una vittoria per noi, come potrebbe esserlo vista la tragedia quotidiana ai confini dell’Europa. Anche se la accogliamo come un giusto passo avanti rispetto a decisioni politiche e giudiziarie che alimentano un trattamento sempre più aggressivo non solo dei migranti, ma anche di coloro che sono solidali con loro. Una vittoria non può che essere il riconoscimento che sostenere i migranti non può mai essere un crimine, così come la volontà di sopravvivere e ottenere giustizia», ha concluso Dariush Beigui, l’ex capitano e un altro degli imputati.

Alla luce della nuova e crescente repressione del soccorso marittimo civile, Iuventa crew fa appello a tutta la società europea di vigilare e mobilitarsi affinché alle autorità non sia permesso di fare di nuovo quello che hanno fatto a loro: «Difendete il diritto alla vita, il diritto all’asilo, il diritto all’autodeterminazione e la libertà di associazione! Fermate la criminalizzazione della fuga e della migrazione! Fermate la criminalizzazione della solidarietà!».