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Illustrazione tratta da Legal Centre Lesvos
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Il processo dei “Moria 6” rinviato di un anno: così la Grecia nega la giustizia

L'accanimento giudiziario contro sei ragazzini afghani che rimangono ostaggi in carcere

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Il campo profughi di Moria

PH: Legal centre Lesvos

L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Human Rights Watch, la BBC, Al Jazeera, e innumerevoli altre agenzie e organizzazioni non governative hanno denunciato per anni le disumane condizioni di vita all’interno del campo profughi di Moria, nell’isola greca di Lesvos. Privazione di libertà, discriminazione, negato accesso alle cure mediche, alimenti insufficienti e deteriorati, esposizione alle intemperie, alle temperature rigide, condizioni sanitarie degradanti. Standard di vita che hanno causato la morte di tre bambini, soltanto tra marzo e aprile 2020. Un’umiliazione continua che ha portato al suicidio nel gennaio 2020 di un ragazzo di ventiquattro anni e a continui tentativi da parte dei residenti del campo di mettere fine alla loro vita.

L’inevitabile disastro del settembre 2020

Diagramma della propagazione dell’incendio dal centro del campo alla zona 12, come riportato nel rapporto dei Vigili del Fuoco. (Forensic Architecture/Forensis, 2023)

La notte tra l’8 e il 9 settembre 2020, un incendio preannunciato da anni di rapporti e denunce dinanzi le autorità ha devastato il campo profughi di Moria. Prima di allora, vi erano stati ben 246 incendi (solo quelli segnalati). Le autorità greche erano state adeguatamente e ripetutamente allertate ma per anni la situazione non ha fatto che peggiorare. Forensic Architecture, commissionata dagli avvocati del Legal Centre Lesvos, ha lavorato alla ricostruzione video dell’incendio del campo profughi di Moria. La ricostruzione video, che è oggi fonte di prova dinanzi alla Corte d’appello dell’Egeo settentrionale e la Corte suprema in Grecia, stabilisce l’esatta successione degli eventi, incluso come la polizia invece di offrire aiuto abbia iniziato a lanciare gas lacrimogeni sulle persone intrappolate tra le fiamme (minuto 9:38).

Il raccapricciante espediente del governo greco

Il 15 settembre 2020, il Ministro greco dell’immigrazione, Notis Mitarachi, ha dichiarato pubblicamente che i responsabili dell’incendio erano stati arrestati. Ma al momento delle dichiarazioni non vi erano stati né un interrogatorio, né un arresto, né tanto meno delle indagini. I “sospettati”, sei ragazzini afgani (i “Moria 6”) tutti quanti non accompagnati e senza genitori, sono stati interrogati dalla polizia tra le 13:00 e le 13:30 del 15 settembre e arrestati lo stesso giorno tra le 22:50 e le 23:00. Alcuni mesi dopo, hanno ricevuto una sentenza di condanna che è il frutto di un processo farsesco, definito una “parodia”, fondato su fonti di prova inesistenti e gravissimi vizi di procedura.

PH: Elèna Santioli

Il testimone fantasma e l’assenza di prove

La condanna di primo grado per incendio doloso si fonda principalmente su due elementi. Un video di quella notte in cui si intravedono due individui di spalle, che il laboratorio forense di Atene ha considerato “di così scarsa qualità che è impossibile ricavarne delle conclusioni”, e la dichiarazione scritta di un testimone fantasma 1 mai apparso durante il processo 2 e la cui credibilità è stata pubblicamente contestata 3. A ciò si aggiungono dichiarazioni contrastanti degli agenti di polizia, come quella secondo cui l’accusato sarebbe stato “basso e minuto”, mentre è risultato che fosse addirittura più alto dello stesso poliziotto.

I gravissimi vizi di procedura

PH: Elèna Santioli

Sin dal suo principio, il processo dei Moria 6 si è caratterizzato dalla più sguaiata applicazione delle norme che regolano il procedimento penale. La condanna pubblica da parte di un’alta carica istituzionale ancora prima che i sei ragazzini fossero addirittura interrogati, costituisce una grave violazione del principio di presunzione d’innocenza. L’assenza dell’unico testimone chiave durante tutto il processo viola il diritto degli imputati ad avere una difesa. Ma queste sono solo alcune tra le molteplici violazioni avvenute durante il processo. 

Cinque imputati su sei erano minori non accompagnati al momento dell’arresto, come confermato anche dalla data di nascita riportata sulla loro carta d’identità. Ma solo due sono stati riconosciuti come tali, ragione per cui gli avvocati difensori del Legal Centre Lesvos hanno presentato un’obiezione relativa al difetto di giurisdizione, che il pubblico ministero ha respinto violando non soltanto le disposizioni nazionali in materia di riconoscimento della minore età 4 ma altresì il fondamentale principio di diritto internazionale relativo alla presunzione della minore età 5. In commentabile poi il fatto che la perizia effettuata dal tribunale sia stata realizzata da un antropologo.

Un altro grave vizio di procedura tiene al fatto che i sei ragazzini di origine afgana abbiano ricevuto un atto d’accusa unicamente in Greco mentre in virtù del diritto europeo 6 e del codice di procedura penale greco 7 è obbligatorio che l’atto d’accusa emesso nell’ambito di un procedimento penale sia in una lingua che gli imputati comprendono. Inoltre, in violazione del diritto alla protezione dei propri dati personali, nell’aula di tribunale vi era una presenza eccessiva e ingiustificata di gruppi di agenti di polizia mentre l’accesso è stato totalmente negato a chi quel processo intendeva monitorarlo, ossia il personale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, la stampa locale e internazionale e avvocati accreditati inviati in qualità di Osservatori esterni.

Il deliberato uso discriminatorio della legge

Ad oggi, nonostante l’assenza di elementi di prova, la presenza di importanti contraddizioni nelle dichiarazioni dell’unico testimone (fantasma), e gravissimi vizi della procedura, i sei ragazzini sono stati tutti condannati per incendio doloso del campo profughi di Moria. Per due di loro, per i quali la minore età era stata riconosciuta, la condanna è stata confermata in secondo grado. Per i restanti quattro, l’udienza d’appello era prevista per il 6 marzo 2023 ma è stata posticipata di un anno; nell’attesa, rimangono in carcere. Ci uniamo all’appello degli avvocati difensori del Legal Centre Lesvos nel denunciare che la giustizia ritardata è giustizia negata

PH: Elèna Santioli

La privazione dei diritti dei cittadini stranieri è ormai la prassi in Grecia. Non è frutto di coincidenza bensì di precise scelte politiche. Ma sfruttare con così tanta ferocia dei ragazzini giunti alle nostre coste completamente soli e già estremamente vulnerabili soltanto per non ammettere delle precise responsabilità politiche è davvero in linea con l’Europa dei diritti che affermiamo di essere? La criminalizzazione dei migranti è frutto di politiche criminali e affligge ogni giorno migliaia di individui innocenti; continueremo a trattare l’argomento insieme per dare voce a chi è stata tolta.  

Nel frattempo, per qualsiasi domanda e approfondimento: [email protected]

  1. Sembra che si trattasse di un residente del campo e che il comando di polizia lo abbia spontaneamente convocato, senza alcuna giustificazione apparente e senza nemmeno mai richiederne l’indirizzo di residenza; sembra anche che sia stata l’unica persona ad essere stata convocata secondo tale procedura, su un totale di circa 12,000 individui che all’epoca dei fatti risiedevano nel campo
  2. In violazione del diritto fondamentale di ogni imputato di contro-interrogare il testimone
  3. Nella dichiarazione del testimone che non è mai comparso durante il processo si legge la data e l’area in cui il testimone avrebbe visto gli imputati appiccare il fuoco nel campo; tuttavia, dai rapporti dei vigili del fuoco, confermati dalla ricostruzione forense di Forensic Architecture, risulta che quell’area ha preso fuoco in un altro giorno e che la causa non sarebbe umana ma la propagazione delle fiamme dal vento
  4. Joint Ministerial Decision 9889/2020, Government Gazette 3390/Β/13-8-2020
  5. Convention on the Rights of the Child, General Assembly resolution 44/25
  6. Directive 2010/64/EU of the European Parliament and of the Council; Directive 2012/13/EU of the European Parliament and of the Council
  7. Law 4620/2019, Code of Criminal Procedure, Government Gazette 96Α/11-06-2019

Elèna Santioli

Giurista internazionale specializzata nella lotta contro la tratta dei minori. Ho lavorato in Francia, Senegal, Iraq e da un paio d'anni mi trovo nel Mar Egeo. Qui coordino un progetto di assistenza legale gratuita a favore dei richiedenti asilo. Scrivo quando ho tempo per denunciare le gravissime violazioni di diritti umani di cui sono testimone.