Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
PH: Dr. Apostolos Veizis (febbraio 2023)
//

A tre anni dall’incendio di Moria, “Mai più Moria” rimane una vuota promessa

La dichiarazione congiunta di alcune organizzazioni

Nella notte tra l’8 e il 9 settembre 2020 un vasto incendio ha quasi devastato il campo di Moria sull’isola hotspot greca di Lesvos. Nei due giorni successivi altri due incendi lo hanno completamente distrutto.

In questa dichiarazione congiunta le organizzazioni denunciano che, a tre anni dall’incendio il Centro di accesso controllato chiuso (CACC) di Lesvos 1, finanziato dall’UE, in sostituzione di Moria, nonostante gli impegni presi nel 2020 dalle autorità greche e europee, nulla sia cambiato.

PH: Dr. Apostolos Veizis (febbraio 2023)

Dopo l’incendio del più grande e famigerato campo profughi d’Europa nel settembre 2020, è stata fatta la promessa di non permettere che Moria si ripetesse. Le autorità hanno garantito che sarebbero state create strutture all’avanguardia, in linea con i diritti fondamentali e gli standard europei, migliorando la sicurezza, la protezione delle persone vulnerabili, l’accesso all’assistenza sanitaria e procedure di asilo rapide ed efficaci 2.

A tre anni esatti dall’incendio di Moria, le organizzazioni avvertono che con il Centro ad accesso controllato chiuso (C.A.C.C.) di Lesbo, finanziato dall’UE, che ha sostituito Moria, non sono state mantenute le promesse. Con un forte aumento degli arrivi negli ultimi mesi, la situazione del C.A.C.C. è diventata ancora una volta insostenibile e mette a rischio la salute e il benessere delle persone in movimento.

Accesso all’assistenza sanitaria

Dopo aver dichiarato che la mancanza di accesso all’assistenza sanitaria a Moria era inaccettabile nel 2020 – persiste una grave carenza di personale medico, psicologi, psichiatri e interpreti presso il C.C.A.C. di Lesbo 3.

Le organizzazioni segnalano un aumento delle emergenze mediche, della suicidalità, della dipendenza da sostanze e della violenza di genere all’interno del C.C.A.C.

Il fornitore pubblico di assistenza sanitaria all’interno del C.C.A.C. di Lesbo, l’Organizzazione nazionale greca per la salute pubblica (EODY), è a corto di personale, con un solo medico permanente per una popolazione di oltre 3.000 persone. La mancanza di capacità è aggravata da un numero considerevole di organizzazioni (mediche) che hanno cessato le attività o sono state costrette a lasciare il C.C.A.C..

Condizioni di accoglienza

Nonostante i miglioramenti apportati, al C.C.A.C. di Lesbo manca la capacità di fornire condizioni di accoglienza dignitose e conformi agli standard. Le persone vengono sistemate in sale Rubb senza privacy o divisori e costrette a condividere stanze e container con perfetti sconosciuti, spesso senza materasso.

Le ONG sottolineano che l’arretratezza e la mancanza di capacità di registrazione delle persone hanno ritardato l’accesso all’assistenza sanitaria, le valutazioni di vulnerabilità e l’accesso al cibo o all’acqua, mettendo sotto ulteriore pressione persone già in una situazione precaria. L’insicurezza, i ritardi nelle procedure e la mancanza di servizi efficienti presso i C.C.A.C. spesso provocano tensioni e disturbi da stress.

Persone vulnerabili

L’obiettivo 2020 di creare zone sicure per i gruppi vulnerabili non si è concretizzato. La “zona sicura” e i rifugi presso il C.C.A.C. di Lesbo non possono essere considerati sicuri a causa della mancanza di misure di protezione adeguate che garantiscano la sicurezza.

Le persone vulnerabili, compresi i minori non accompagnati, le madri sole e i sopravvissuti alla violenza di genere, sono accolti nell’ex “area di quarantena” per lunghi periodi di tempo e non sono separati in base al genere o alla vulnerabilità. Gli adulti hanno accesso illimitato e nell’area non è presente alcuna sicurezza permanente, il che aumenta il rischio di abusi.

Procedura di asilo

Nonostante le promesse di procedure d’asilo rapide ed efficaci, le persone in movimento a Lesbo hanno riscontrato numerosi ostacoli all’accesso effettivo al diritto di chiedere asilo, tra cui i rimpatri collettivi illegali, gli ostacoli burocratici, la mancanza di interpreti, l’uso sistematico di procedure accelerate e di frontiera, l’uso fallace del concetto di Paese sicuro e la mancanza di riconoscimento delle garanzie procedurali. Inoltre, le organizzazioni riferiscono di ritardi regolari e prolungati nella registrazione degli arrivi e delle domande di asilo 4.


A tre anni di distanza, i centri di accoglienza sulle isole greche dovevano essere un modello esemplare di condizioni di vita in linea con i diritti fondamentali e gli standard europei e di procedure rapide a tutte le frontiere europee. Invece, se non si interviene, il C.C.A.C. di Lesbo rappresenta un chiaro avvertimento di ciò che accadrà.

  1. Qui una scheda curata da RSA (Refugees Support Aegean)
  2. Commissione UE, “Memorandum d’intesa su un progetto pilota congiunto per la creazione e il funzionamento di un nuovo centro di accoglienza e identificazione multifunzionale“.
    Centro polifunzionale di accoglienza e identificazione a Lesbo” (2020) 8657 definitivo; Commissione europea
    Migrazione: Una task force europea per risolvere la situazione di emergenza a Lesbo” (23 settembre 2020)
  3. RSA e PRO ASYL “Cosa succede oggi nelle strutture per i rifugiati nelle isole del Mar Egeo” (maggio 2023);
    Intersos “Intrappolati tra Scilla e Cariddi” (agosto 2023)
  4. Articolo 40(a) e 69(2) della legge 4939/2022, Gazzetta Ufficiale A’ 111/10.06.2022 (Codice dell’asilo)