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Afghanistan – Visto per motivi umanitari: il Tribunale considera valida la procura rilasciata online

Tribunale di Roma, ordinanza dell'8 giugno 2023

Il Tribunale di Roma afferma principi estremamente interessanti che possono tornare utili anche in situazioni differenti da questa. 

Il caso riguardava un cittadino afghano, ex membro dell’esercito, che si era lungamente formato in Italia, avendo conseguito la laurea in scienze giuridiche presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia nonché la laurea specialistica in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Rientrato in Afghanistan, l’interessato aveva continuato ad avere stretti rapporti con i Paesi Nato e, ancora più in dettaglio con l’Italia, dove era venuto più volte per motivi di formazione.

Con la presa al potere da parte dei talebani l’interessato era stato chiamato per l’evacuazione da parte delle autorità italiane insieme alla sua famiglia; tuttavia in quel momento si trovava nella Valle del Panjshir e non era riuscito a tornare in tempo a Kabul per partire alla volta dell’Italia, dove invece veniva evacuato il padre che attualmente si trova a Roma. Il ricorrente, quindi, era stato costretto a scappare in Tagikistan, per sfuggire ai talebani, mentre la sua famiglia, moglie e figli, era rimasta in Afghanistan. 

Entrata in contatto con l’interessato, avevamo, quindi, presentato domanda di visto per motivi umanitari – non riscontrata – e poi ricorso al Tribunale civile di Roma ai sensi dell’art. 700 c.p.c.. 

Con l’ordinanza dd 08.06.2023 il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso presentato per il nucleo ed ha affermato alcuni principi a mio parere estremamente interessati. 

Procura alle liti. Nel caso di specie la situazione tra il marito e la moglie del nucleo era differenziata: trovandosi in Tagikistan, infatti, il marito era riuscito a rilasciare procura alle liti apostillata presso un notaio tagico; la moglie, invece, si trovava ancora in Afghanistan e, pertanto, non riusciva a rilasciare procura se non online.

Il Tribunale ha preso atto del fatto che la signora si trovi in questo momento “in condizioni così particolari da escludere ogni possibilità di rilasciare la procura nelle forme ordinarie” e ha ritenuto che tale particolarissima situazione fosse idonea a giustificare una deroga alle stesse regole ordinarie. Interessante è il richiamo, sul punto, alla sentenza della Corte di Giustizia del 18.04.2023, resa nella causa C-1/23, e ai principi in essa affermati: “I medesimi principi sono stati espressi nella recentissima sentenza della Corte di Giustizia del 18.04.2023 resa nella causa C-1/23 PPU, relativa al caso della richiesta di visto per ricongiungimento familiare che, sebbene diverso, è tuttavia assimilabile a quello di specie per quanto qui rileva, contrariamente a quanto sostenuto da parte resistente, venendo in quel caso in rilievo le medesime necessità di accertamento dell’identità che si pongono nella fattispecie in esame relativamente al rilascio di una procura alle liti, nonché le medesime finalità di tutela di diritti fondamentali, quali il diritto all’unità familiare in un caso e quello alla difesa e ad agire in giudizio nell’altro, entrambi tutelati a livello internazionale e costituzionale. Ebbene, la Corte di Giustizia ha in proposito chiarito che è indispensabile che gli Stati membri diano prova, in simili situazioni, della flessibilità necessaria per consentire agli interessati di presentare effettivamente la loro domanda di ricongiungimento familiare in tempo utile, facilitando la presentazione di tale domanda e ammettendo, in particolare, il ricorso a mezzi di comunicazione a distanza. Infatti, in assenza di una tale flessibilità, richiedere, senza eccezioni, la comparizione personale al momento della presentazione della domanda … non consente di tener conto degli eventuali ostacoli che potrebbero impedire la presentazione effettiva della domanda e, quindi, rendere impossibile l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare … in un paese segnato da un conflitto armato, le possibilità di spostarsi verso sedi diplomatiche o consolari competenti possono essere notevolmente limitate, di modo che, per soddisfare il requisito della comparizione personale, tali persone, che possono, in aggiunta, essere minorenni, si vedrebbero costrette ad attendere che la situazione della sicurezza consenta loro di spostarsi, salvo esporsi a trattamenti inumani o degradanti, o anche mettere in pericolo la propria vita’, altresì evocando le conseguenze lesive per il diritto all’unità familiare che si realizzano nel caso dell’impedito ricongiungimento, esattamente come si realizzerebbero nel caso di specie, in assenza di modalità eccezionali di rilascio della procura per sopperire all’impossibilità di accedere a quelle ordinarie, salva eventuale successiva regolarizzazione”.

Per questa via, quindi, il Tribunale considera valida la procura rilasciata online, salva la successiva ratifica della stessa una volta che l’interessata sarà entrata in Italia. 

Come immaginerete, si tratta di un precedente estremamente importante perché fonda la possibilità di rilascio di procura online su diritti fondamentali dell’ordinamento, nazionale ed internazionale. Mi risulta che sia la prima pronuncia di questo tipo in merito. 

Sulla relazione qualificata tra lo Stato e il ricorrente. Il Tribunale riafferma il proprio orientamento in merito alla preesistente relazione qualificata tra l’individuo agente e lo Stato e nel caso di specie lo individua in primo luogo nel fatto che il ricorrente abbia vissuto per lungo tempo in Italia, sottoposto alla giurisdizione italiana e, inoltre, nella circostanza che lo stesso fosse stato preso in carico dalle autorità italiane ai fini dell’evacuazione, poi non avvenuta per cause di forza maggiore: “Nel caso di specie, dunque, non può negarsi che lo Stato italiano abbia effettivamente usato la propria autorità per esercitare una forma di potere e controllo sulle persone dei ricorrenti, così intensa da poterli sottrarre al rischio della loro incolumità e trasferirli dal loro Stato di cittadinanza entro il territorio fisico dello Stato italiano”. 

Interessante notare come il Tribunale citi, a questo proposito, anche la recentissima modifica intervenuta con l’art. 5, co. 4, d.l. 20/2023 per argomentare come sia persino l’ordinamento nazionale a dare rilevanza a situazioni come quella del ricorrente e ad assumersi la responsabilità delle stesse. 

Sulla mancata richiesta di evacuazione con l’operazione Aquila Omnia Bis. Infine, sono molto interessanti i principi espressi in merito ad una delle eccezioni che molto spesso l’Avvocatura presenta in cause di questo tipo ovvero la mancata richiesta di inserimento nelle liste di evacuazione/corridoi umanitari e il fatto che l’agire in giudizio rappresenterebbe un modo per “scavalcare la fila”. Sul punto il Tribunale afferma in primo luogo che la richiesta di inserimento nelle liste non può dirsi pregiudiziale alla richiesta di ingresso per motivi umanitari, in quanto la domanda di evacuazione non può incidere negativamente “sulla valutazione circa la sussistenza del diritto fatto valere nel giudizio”. 

Con riferimento, poi, al secondo aspetto il Tribunale afferma principi che ribaltano completamente la prospettiva delle amministrazioni statali: “nemmeno vale a tal fine l’ulteriore obiezione di parte resistente di consentire in questo modo agli odierni ricorrenti di superare le persone che attendono l’ingresso secondo il canale (in principio) predisposto, atteso che siffatta considerazione non può impedire la valutazione giudiziale nel singolo caso sottoposto all’esame del Giudice. Tale timore può piuttosto essere scongiurato dall’Amministrazione stessa, mediante l’effettiva implementazione dei canali previsti nei confronti di persone nella stessa situazione degli odierni ricorrenti.” 

 Si ringrazia l’Avv. Loredana Leo per la segnalazione e il commento.