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La Commissione rigetta la richiesta per irreperibilità senza poi riesaminare la situazione: il Tribunale riconosce la protezione speciale

Tribunale di Catanzaro, decreto del 23 giugno 2023

Photo credit: Angelo Aprile

Il Tribunale di Catanzaro ha riconosciuto la protezione speciale a un cittadino nigeriano (nella formula introdotta dal DL 130/2020 convertito in L. 173/2020), che impugnava un provvedimento di rigetto per irreperibilità. Veniva dunque ascoltato la prima volta innanzi il Tribunale suddetto, che riteneva a proposito della protezione speciale come:

La giurisprudenza più recente tende anzi ad orientarsi nel senso che “l’integrazione sociale e familiare in Italia del richiedente asilo, da valutare tenendo conto della natura e dell’effettività dei suoi vincoli familiari, del suo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno e dell’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine”, rende persino non necessario “procedere ad un giudizio di comparazione con le condizioni esistenti in tale paese, neppure nelle forme della comparazione attenuata con proporzionalità inversa”, secondo i criteri di bilanciamento (maggiore vulnerabilità/minore integrazione e viceversa) ritenuti “guida” nel precedente contesto normativo (da ult. Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 18455 del 08/06/2022; sugli indici rilevanti di integrazione in termini lavorativi, sociali, familiari v. anche Cass. Sez. 6 N. 7861 del 25/02/2022)“.

Ed ancora secondo il Tribunale di specie:

Resta fermo che, qualora il richiedente provenga da un contesto particolarmente precario in termini di sicurezza e/o misere condizioni di vita (ad es. contesti rurali segnati da carestie o inondazioni), con conseguente sproporzione nel godimento dei diritti fondamentali, sarà ravvisabile una esigenza di rango costituzionale in termini di solidarietà, anche in presenza di una durata limitata della presenza in Italia, apprezzando però l’effettivo avvio di un radicamento nel tessuto sociale e lavorativo italiano. (…)
Risulta provato un percorso, pur embrionale, di seria integrazione sociale e lavorativa in Italia
“.

Il Tribunale ha inoltre considerato, la documentazione lavorativa prodotta dalla difesa, congiuntamente al certificato di nascita del figlio minorenne nato a Taranto, dall’unione con la sua compagna (tutti conviventi), una donna connazionale conosciuta in Germania, alla quale il Tribunale di Bari riconosceva lo status di rifugiato.

Si ringrazia l’Avv. Mariagrazia Stigliano per la segnalazione e il commento.


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