Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
Proteste davanti all'ambasciata francese in Niger. (PH: Abakar Moussa, Twitter)

«Le richieste della popolazione nigerina vanno ascoltate»

Intervista a Moctar Dan Yayé, attivista di Alarme Phone Sahara

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In un momento in cui migliaia di persone migranti e rifugiate sono intrappolate in un Paese tormentato da sanzioni e minacce di guerra, Alarme Phone Sahara (APS) 1 continua la sua solidarietà concreta.

Secondo i dati pubblicati a fine agosto dall’équipe di Alarme Phone Sahara (APS) e raccolti ad Assamaka, al confine tra Niger e Algeria, almeno 19.686 persone di varie nazionalità, soprattutto africane, sono state deportate dall’Algeria al confine con il Niger in condizioni di violenza e abuso sistematici tra il 1° gennaio e il 16 luglio 2023, fino al colpo di Stato in Niger del 26 luglio. Queste cifre sulle deportazioni sono molto più alte rispetto agli anni precedenti.
Anche dopo la presa del potere della giunta militare, le deportazioni dall’Algeria al Niger sono continuate.

Abbiamo chiesto a Moctar Dan Yayé, tra i fondatori di Alarme Phone Sahara e responsabile della comunicazione, di parlarci della situazione nel Paese e alle sue frontiere. In un’intervista nell’ottobre del 2022 l’attivista aveva analizzato la complessa situazione nigerina e di come, il controllo della rotta che attraversa il Niger, sia divenuto un nodo centrale delle politiche di esternalizzazione delle frontiere dell’Unione Europea.

Dopo il colpo di stato del 26 luglio quale è la situazione generale in Niger in questo momento?

Ad oggi, dopo il colpo di stato del 26 luglio, si può dire che la situazione è calma tra la popolazione, le attività hanno ripreso, le persone sono tornate al loro lavoro anche con la determinazione di liberarsi dal giogo della vecchia potenza colonizzatrice, cioè la Francia. Per questo, vengono organizzate delle manifestazioni e delle mobilitazioni, praticamente sempre, fino a quando le persone non vedranno la partenza della diplomazia e delle forze militari francesi dal loro territorio.

Certo, è un po’ difficile con tutte queste minacce che incombono sulle persone, la minaccia della guerra, dell’intervento militare dell’ECOWAS (Economic Community of West African States) e di altri alleati; quindi c’è un sentimento di stress che è sempre presente nella mente delle persone. A parte questo la vita ha ripreso il suo corso normale. È vero, è un po’ difficile, c’è stato un aumento dei prezzi di alcuni beni a causa della chiusura delle frontiere e un’altra cosa a cui le persone non hanno accesso è l’elettricità, perché rientra nelle sanzioni imposte dall’ECOWAS. Perciò le persone vivono un po’ al limite, ma moralmente sono forti di spirito perché si sentono coinvolti in una lotta di sovranità e per questo sono pronte a fare un po’ di sacrifici.

Che ripercussioni ha avuto il colpo di stato e la chiusura dei confini terrestri e dello spazio aereo sulle persone in transito, qual è la situazione a Assamaka al confine con l’Algeria e sulle altre frontiere?

La conseguenza della chiusura delle frontiere terrestri e dello spazio aereo sulle persone in transito è lo stallo. È una situazione di stallo totale perché coloro che vorrebbero uscire dal Paese non riescono più a proseguire e lo stesso vale anche per coloro che vogliono entrare nel Paese, quindi le persone vivono in questa situazione di stallo.

Effettivamente nell’area di Assamaka dall’inizio di quest’anno, a febbraio-marzo, c’era questa crisi con migliaia di persone che si ritrovano bloccate lì e la prosecuzione delle espulsioni dall’Algeria verso il Niger ha fatto sì che ci fossero molte persone ad Assamakka che l’OIM non riusciva a evacuare completamente. Già non ci riesce in tempi normali e quindi con la chiusura delle frontiere è ancora più difficile.

Quindi le persone sono là e ciò causa anche un trauma per le persone migranti che sono lì, se posso dirlo, abbandonati al loro destino nel deserto anche se qualcuno è preso in carico, ma pur sempre con delle minacce d’attacco o di interventi militari; per questo hanno paura di ritrovarsi bloccati in questa aerea e sono ansiosi di tornare a casa.

Nei primi giorni di settembre c’è stata una dichiarazione delle nuove autorità secondo la quale lo spazio aereo e le frontiere terrestri sono di nuovo aperti per i voli e i transiti commerciali, quindi penso che questo cambierà un po’ la situazione, permettendo di svolgere le evacuazioni con più continuità e la vita riprenderà un po’ il suo corso normale per le persone del posto e anche per le persone migranti che sono bloccate in diverse aree del Paese, che sia ad Assamaka, Agadez, Niamey.

PH: Alarme Phone Sahara
Nei giorni scorsi l’OIM ha chiesto alle autorità del Niger di creare un corridoio umanitario per consentire l’arrivo di aiuti e il ritorno dei migranti nei loro Paesi. Secondo l’agenzia ONU, circa 5.000 sono bloccati nei suoi centri di transito nel Paese. Puoi confermare questi dati?

Allora, l’Agenzia dell’Onu ha stimato che all’incirca 5.000 persone migranti sono attualmente bloccate nei centri di transito del Niger. Se io posso confermare questa informazione? Direi di sì, ma in ogni caso non la smentirò perché sono loro che fanno i conteggi, che hanno le cifre delle persone che sono nei loro centri di transito. Se hanno richiesto un corridoio per lasciarli continuare il loro progetto di rimpatrio volontario? Io direi solamente tanto meglio, perché in questa situazione è meglio che coloro che vogliono ritornare possano ritornare, anche se noi non incoraggiamo questa politica di rimpatrio volontario che non è davvero volontaria, ma è la sola condizione per cui i migranti possono farsi assistere, ma se ci fosse questa possibilità sarebbe un bene.

Allo stesso tempo quello che vorrei aggiungere è che per noi le cifre non sono importanti, perché spesso le cifre danno un’impressione differente della realtà; penso che oltre alle 5.000 persone che sono nei diversi centri di transito, ce ne siano molte di più sul territorio nigerino perché ci sono parecchi migranti che non si fanno registrare dall’IOM, perché semplicemente non hanno voglia di essere schedati oppure il loro progetto migratorio non è ancora terminato e quindi non vogliono registrarsi nel sistema di rimpatrio volontario.

Altri non ne hanno la possibilità, perché ad esempio, una volta che la persona è respinta dall’Algeria se non si è fatta registrare nell’area di Assamaka o non si è arrangiata in autonomia arrivando in città come Agadez o Niamey, non riuscirà mai a registrarsi nei centri dell’OIM. Quindi, vorrei dire che, sì i 5.000 non posso smentirli, ma vorrei solo aggiungere che per me il numero di persone che sono bloccate in Niger supera ampiamente queste cifre. Ci sono persone che non hanno accesso ai servizi delle organizzazioni istituzionali.

Distribuzione di kit igienici di APS nella missione con @RESCUEorg a donne e bambini deportati dall’Algeria e bloccati a Assamaka (agosto 2023)
L’aumento dei prezzi e la grave carenza di cibo causata dalla chiusura delle frontiere, stanno creando una situazione di grave insicurezza alimentare?

Sì, la chiusura delle frontiere ha causato una crisi di sicurezza alimentare con l’aumento dei prezzi e la carenza di beni. Avevo già accennato a questo argomento nelle prime risposte. In effetti, quando si chiudono le frontiere aumenta il prezzo sulle derrate alimentari e i prodotti di prima necessità, e bisogna sapere che in Niger i due importatori principali per il cibo sono la Nigeria ed il Benin. Quindi con queste due frontiere chiuse, ci sono state delle ripercussioni sui prezzi. C’è anche la minaccia, come ho già detto, di interventi militari che fa sì che la domanda aumenti perché quelli che hanno mezzi limitati, cercano di approvvigionarsi, di comprare molto di più per avere scorte per sicurezza, perché non si sa mai quello che può succedere. Effettivamente, e spesso, siamo abituati anche a questo genere di situazioni in cui ci sono delle speculazioni perché una volta che le frontiere sono state chiuse, prima ancora che ci siano altri arrivi, ci sono commercianti che se ne approfittano e hanno aumentato i prezzi dei vecchi stock che hanno comprato ad un altro prezzo. Quindi c’è davvero questo problema.

Ma come dicevo, la popolazione che si sente di lanciare questa lotta per la sovranità è pronta a sacrificarsi. La gente accetta questo sacrificio e dice che bisogna farlo ed è quello che devono accettare. Ci sono anche le persone di buona volontà nella popolazione, dei commercianti che hanno proceduto a delle vendite con prezzi moderati o hanno ridotto i prezzi per sostenere il movimento popolare o per incoraggiare le persone nella loro lotta. Quindi ci sono queste persone di buona volontà.

Di recente anche le nuove autorità hanno previsto di fare delle operazioni di vendita a prezzi moderati per la popolazione. Credo che ora l’apertura delle frontiere da parte del Niger potrebbe permettere altre importazioni in attesa della rimozione delle sanzioni delle organizzazioni subregionali come la CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale) e l’UEMOA (Unione economica e monetaria ovest-africana) perché anche questo ha un peso e un impatto. Non è soltanto la chiusura delle frontiere, ma sono anche le molteplici sanzioni, il blocco delle importazioni e anche altre sanzioni economiche, che sono imposte al Paese e costituiscono dei fattori che aumentano la difficoltà e i prezzi elevati sui beni.

A Niamey, continua da giorni la protesta vicino alla base militare francese. Un unico obiettivo: la partenza delle truppe francesi dal territorio nigerino. In questo quadro quale è la posizione di Alarme Phone Sahara?

La posizione di Alarme Phone Sahara è chiara, le rivendicazioni popolari per noi sono le più legittime: quello che il popolo domanda è ciò che bisogna fare. Non incoraggiamo delle prese di potere con la forza per principio democratico, perché noi siamo rispettosi dei valori democratici e vogliamo consolidarli, ma c’è da sottolineare l’esistenza delle democrazie di facciata che abbiamo nel nostro Paese, che hanno già fatto soffrire molto le popolazioni locali e soprattutto le popolazioni più vulnerabili come le persone migranti.

Per questo, non siamo molto riconoscenti di questa “democrazia” che non prende davvero in considerazione i bisogni o le domande di queste popolazioni. Quindi su questo punto noi vorremmo semplicemente lanciare un appello a tutte le persone che hanno una buona coscienza nell’opinione nazionale e internazionale, affinché tornino sui loro passi e pensino prima di tutto alle popolazioni, qualunque siano le misure e le sanzioni prese, perché è la popolazione che soffre con le sanzioni, con le misure drastiche che stanno prendendo contro le popolazioni.

Noi non sosteniamo delle prese di potere con la forza, noi auspichiamo davvero l’ordine costituzionale, ma bisognerebbe anche riconoscere che le grida e le richieste dei popoli hanno legittimità, e questo rappresenta una legittimità popolare più delle elezioni che spesso sono viziate da irregolarità.

Quando il popolo domanda qualche cosa, bisogna ascoltarlo con un orecchio attento, saper analizzare qual è il grido della popolazione e trovare delle soluzioni migliori affinché ci siano la pace, la tranquillità, perché le conseguenze di quello che succede in Niger non colpisce soltanto le popolazioni nigerine, ma piuttosto tutta una subregione, tutto un continente e direi il mondo in generale. Quindi per questo i responsabili hanno interesse a mettere davanti la richiesta e l’interesse dei popoli per trovare delle soluzioni che siano di lungo periodo e che possano permettere di non rivivere più questo genere di situazioni.

  1. Negli ultimi anni, l’organizzazione Alarme Phone Sahara, che ha sede ad Agadez, in Niger, ha avuto un ruolo centrale nel fornire supporto concreto alle persone in movimento attraverso il deserto, cercando al contempo di dare risonanza ad un fenomeno troppo spesso ignorato nella narrazione delle migrazioni: la trasformazione della rotta trans-sahariana, un tempo sicura, in una delle più pericolose al mondo, a causa delle politiche migratorie repressive adottate su impulso dell’Unione Europea