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Nigeria, status di rifugiata: la donna è vittima di tratta e di MGF, in caso di rimpatrio a rischio di persecuzione

Tribunale di Bologna, decreto del 9 giugno 2023

Il Tribunale di Bologna con decreto del 9 giugno 2023 ha riconosciuto lo status di rifugiata a una donna nigeriana, vittima di tratta e di mutilazioni genitali femminili (MGF) nel Paese d’origine.

Con riferimento all’esperienza di tratta il Tribunale felsineo ha stabilito che la richiedente correrebbe un grave rischio di persecuzione in caso di rientro in Nigeria in quanto appartenente al genere femminile, e in particolare al particolare gruppo sociale delle vittime di tratta: “La vicenda narrata dalla ricorrente rientra infatti nella fattispecie di cui all’art. 7 del D.lgs. n. 251/2007, […] essendo stata la ricorrente vittima di una “persecuzione personale e diretta per l’appartenenza a un gruppo sociale (ovvero in quanto donna), nella forma di ‘atti specificamente diretti contro un genere sessuale” (cfr. Cass. 28152/2017)”. […] «Alle vittime di tratta può essere riconosciuto lo status di rifugiato quando siano soddisfatti gli elementi contenuti nella definizione datane dagli artt. 2 e segg. del d.lgs. 251/2007 e in particolare, qualora la tratta abbia come vittime le donne, specie ove siano giovani, prive di validi legami familiari e provenienti da zone povere, essa può considerarsi atto persecutorio in quanto riconducibile alla appartenenza ad un “particolare gruppo sociale” costituito da membri che condividono una caratteristica innata o una storia comune che non può essere mutata e cioè l’appartenenza al genere femminile. (Corte di Cass., ordd. n. 676/22 e n. 8741/22)”.

In secondo luogo, il Collegio bolognese ha stabilito che “Il rischio di persecuzione in caso di rientro in Nigeria, va ritenuto sussistente anche sotto il profilo delle mutilazioni genitali subite dalla ricorrente”. La motivazione è duplice: il rischio di persecuzione si basa infatti, secondo il Tribunale, sia sul fatto che la ricorrente sia già stata vittima di MGF, sia sul fatto che, rientrando in Nigeria con sua figlia minore, la stessa correrebbe un grandissimo rischio di subire lo stesso trattamento, e allo stesso tempo la madre potrebbe essere vittima di gravi ripercussioni se si opponesse alla pratica mutilante: ”nonostante la domanda non sia stata presentata per la figlia ma dalla madre, si ritiene che la ricorrente sia comunque meritevole dello status di rifugiato. In primo luogo per esserne rimasta vittima personalmente e per le conseguenze pregiudizievoli che essa stessa potrebbe subire per opporsi alla MGF della figlia, oltre che per il rischio proprio della bambina che si ripercuote direttamente sulla madre che potrebbe non riuscire ad opporsi diventando vittima indiretta”.

Nel caso di specie, il Tribunale felsineo ha infine previsto esplicitamente che i figli minori della richiedente, nati in Italia dopo la formalizzazione della sua domanda d’asilo, seguono la sua condizione giuridica essendo con lei conviventi e quindi pertanto, anche loro hanno diritto allo status di rifugiati.

Si ringrazia l’avv. Ivana Stojanova per la segnalazione e il commento.


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