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Richiedenti asilo assolti per falsa dichiarazione di ospitalità

Gip di Treviso, sentenza n. 317 del 28 giugno 2023

Non commette il reato previsto e punito dall’art. 5 comma 8 bis del d.lgs. n. 286/98 il richiedente asilo che presenta una falsa dichiarazione di ospitalità in sede di richiesta di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo, trattandosi di una richiesta illegittima della pubblica amministrazione.

E’ prassi pressoché costante delle Questure Italiane pretendere dai richiedenti asilo, in sede di presentazione della domanda di protezione internazionale e di rinnovo del relativo permesso di soggiorno temporaneo, una dichiarazione di ospitalità.

Nessuna norma però impone al richiedente protezione di disporre di una dichiarazione di ospitalità, e si tratta quindi di una prassi illegittima, ripetutamente censurata in sede civile anche con provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c. che hanno ordinato l’accettazione della domanda, o il rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo.

Una prassi che oltretutto da origine ad un vero e proprio “mercato nero” di dichiarazioni di ospitalità false, comportante guadagni illeciti e l’ennesimo sfruttamento di soggetti fragili che si vedono costretti a pagare svariate centinaia di euro per avere in mano solo un pezzo di carta privo di qualsiasi valore, da esibire in Questura, e che ha portato molti di loro a trovarsi imputati del reato di cui all’art. 5 comma 8 bis del D.Lgs. n. 286/98.

Allineandosi con la giurisprudenza civile, anche i Giudici penali finiscono però per accertare che nell’intricato quadro normativo venutosi a creare in materia di immigrazione, il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno temporaneo per protezione internazionale non è subordinato ad alcun obbligo di presentazione di una valida dichiarazione di ospitalità.

Conseguentemente le dichiarazioni che soggetti senza scrupoli, italiani e non, rilasciano previo compenso “in nero” ai richiedenti asilo, senza che a ciò corrisponda l’effettiva messa a disposizione di un alloggio, rappresentano un cd. “falso innocuo” come tale inoffensivo e penalmente irrilevante, e comunque estraneo al reato previsto e punito dall’art. 5 comma 8 bis del D.Lgs. n. 286/98, che riguarda l’indebito conseguimento di altre tipologie di titoli di soggiorno.

Dopo le pronunce assolutorie dei Gip di Lecco, Bologna e Trieste, sul punto si è pronunciato anche il Gip di Treviso, che con sentenza n. 317/2023 pubblicata il 28.06.2023 ha assolto cinque richiedenti asilo bengalesi e pakistani dall’accusa di aver violato l’art. 5 comma 8 bis del D. Lgs. 286/98 – Testo Unico Immigrazione, rilevando correttamente che:

… la norma prevede la punibilità delle ipotesi di falsificazione di documenti esclusivamente con riferimento alle procedure volte al rilascio di un visto di ingresso o reingresso, di un permesso di soggiorno (per motivi di lavoro ndr) di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno, mentre per quanto concerne la richiesta di protezione internazionale è il D.Lgs. n. 25/2008 a disciplinare le procedure e prevede esclusivamente l’indicazione di una dimora al solo fine di individuare l’ufficio di Questura competente a ricevere la domanda medesima. E’ pertanto evidente che l’utilizzo della falsa dichiarazione di ospitalità da parte degli odierni imputati (peraltro compilata da altri – i soggetti italiani suddetti – dietro pagamento di una somma di denaro e pertanto utilizzata in buona fede, non essendo stata provata la consapevolezza di questi della falsità stessa) è stata posta in essere nell’ambito di una procedura diversa (rinnovo del permesso di soggiorno provvisorio per attesa asilo) da quella prevista nella norma contestata nel capo di imputazione“.

Si ringrazia l’Avv. Francesco Tartini per la segnalazione e il commento.