Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza
/

Rigetto del rinnovo del PdS per pericolosità sociale: per il Consiglio di Stato non si è tenuto conto della presenza di legami familiari in Italia

Consiglio di Stato, sentenza n. 6132 del 22 giugno 2023

La controversia ha ad oggetto il provvedimento emesso dal Questore di Bari in data 2 maggio 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentata dal cittadino albanese.

A fondamento della determinazione reiettiva, l’Amministrazione ha posto la sentenza del Tribunale di Bari depositata il 10 gennaio 2018, non ancora definitiva, con la quale il richiedente è stato condannato alla pena di anni 2 e mesi 2 di reclusione ed euro 600,00 di multa per i reati di lesioni personali aggravate, rapina aggravata e tentata estorsione in concorso (artt. 110, 582, 585, 628 comma 3 n. 1, 629 e 56 c.p.), commessi in -omissis- il 3 giugno 2017.

Il T.A.R. adito, con l’appellata sentenza n. 1458 del 25 ottobre 2022, ha respinto il ricorso, ponendo l’accento sul carattere automaticamente ostativo della condanna riportata dallo straniero e sui precedenti annoverabili a carico dello stesso, risultando “essere stato inoltre: – segnalato ben quattro volte (il 26/01/2014, il 14/07/2014, in data 08/09/2014 e il 09/01/2015) al Prefetto di Bari ai sensi dell’art. 75 D.P.R. n. 309/90, quale assuntore di sostanze stupefacenti; – il 18/03/2015 denunciato dai Carabinieri di -omissis- alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per favoreggiamento personale; – il 06/01/2015 denunciato dai Carabinieri di -omissis- alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per favoreggiamento personale; – il 25/06/2017 denunciato dai Carabinieri di -omissis- alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per detenzione illegale di arma da taglio di genere proibito; – il 06/07/2017 denunciato dai Carabinieri di -omissis- alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per minacce aggravate e oltraggio a Pubblico Ufficiale; – con proprio provvedimento n. 2017/Ant/M.P. adottato il 06/11/2017 ai sensi dell’art. 3 del D.Lgsl. n. 159/2011, annoverato, sulla base della condotta pregressa e degli elementi di fatto raccolti, tra le persone pericolose per l’ordine e la sicurezza pubblica indicate nelle categorie b) e c) dell’art. 1 del medesimo D.lgs. che vivono, anche in parte, con i proventi di attività illecite e che con il loro comportamento offendono o mettono in pericolo la tranquillità pubblica, ed “avvisato oralmente” a cambiare condotta non dando più luogo a sospetti ulteriori; – in data 18/12/2017 denunciato dai Carabinieri di -omissis- alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bari per rissa”.

Da tale complesso di elementi, ha osservato il T.A.R., si evince la “conclusione che lo straniero in questione, odierno ricorrente, costituisce una minaccia per la sicurezza e l’ordine dello Stato e che non risulta affatto integrato”, risultando per l’effetto “essersi verificata in concreto la causa ostativa, sopra riportata, contenuta nell’art. 4, comma 3, del d.lgs n. 286/1998: l’essere lo straniero una minaccia per l’ordine pubblico”.

Ha quindi evidenziato il T.A.R. che “correttamente l’Amministrazione afferma, nella parte motiva del provvedimento, “che il comportamento certamente non consono alle regole del vivere comune tenuto complessivamente dallo straniero durante il suo breve periodo di regolare permanenza nel territorio nazionale (il suo arrivo in Italia è del 01/02/2011), nonostante la giovane età, sia del tutto sufficiente a giustificare una misura di pubblica sicurezza e difesa dell’ordine pubblico, qual è il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno””.

La sentenza di primo grado veniva impugnata ed all’esito della camera di consiglio la III° sezione del Consiglio di Stato osserva:

L’appello, ad avviso della Sezione, è meritevole di accoglimento. Deve premettersi che l’appellante ha dimostrato di intrattenere in Italia rapporti familiari con il padre, la madre ed il fratello: la comune residenza degli stessi nel Comune di -omissis- costituisce invero sintomo indicativo della effettività del dedotto legame familiare. Non rileva che, come dedotto in sede difensiva dall’Amministrazione, la sussistenza del suddetto legame familiare non sarebbe stata indicata in sede procedimentale dal richiedente, atteso che, da un lato, la legittimità del provvedimento negativo deve essere valutata in relazione al quadro oggettivo degli interessi sul quale esso è destinato ad incidere, indipendentemente dall’apporto collaborativo offerto dall’interessato ai fini della sua compiuta ricostruzione, dall’altro lato, essendo i familiari dell’appellante residenti in Italia e muniti del rispettivo titolo di soggiorno, la presenza degli stessi sul territorio nazionale avrebbe potuto essere rilevata, sulla base dei dati a sua disposizione, dalla stessa Amministrazione operante. Deve altresì richiamarsi l’indirizzo giurisprudenziale in base al quale “ove sussistano vincoli familiari, l’Amministrazione deve operare il bilanciamento tra gli opposti interessi alla tutela della pubblica sicurezza ed alla vita familiare del cittadino straniero, ai sensi dell’art. 5, comma 5, ultimo periodo, d.lgs. n. 286 del 1998. Invero, nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, del familiare ricongiunto, ovvero dello straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato (sul punto, cfr. Corte cost. n. 202 del 2013), “si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell’interessato e dell’esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d’origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, 13 aprile 2023, n. 3732).

Chiarito, quindi, che la sussistenza dei predetti legami familiari imponeva all’Amministrazione, nell’esaminare l’istanza dello straniero, di non limitarsi a rilevare i trascorsi penali del medesimo, per quanto indicativi di una certa propensione a delinquere, ma avrebbe dovuto porli a confronto con l’interesse dello stesso alla conservazione del rapporto con i parenti residenti in Italia, anche al fine di illustrare le ragioni per le quali i primi avrebbero eventualmente assunto rilievo preponderante rispetto al secondo, non può non rilevarsi che il provvedimento impugnato manca di una effettiva valutazione comparativa delle predette contrapposte esigenze, alimentata anche dalla considerazione delle effettive modalità di commissione della condotta per la quale l’appellante è stato condannato e degli ulteriori elementi (come l’inserimento sociale e lavorativo raggiunto) all’uopo rilevanti, fondandosi invece proprio sulla (erroneamente) ritenuta assenza di legami familiari del richiedente in Italia.

L’appello in conclusione, tenuto conto della rilevata carenza istruttoria e motivazionale del provvedimento impugnato in primo grado, deve essere accolto e conseguentemente annullato, in riforma della sentenza appellata”.

Si ringrazia l’Avv. Uljana Gazidede per la segnalazione e il commento.