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Non convalida dei trattenimenti nel CPRI di Pozzallo: rilasciati sei richiedenti asilo tunisini

Le loro domande di asilo non possono essere trattate come procedura di frontiera

Ph: Sllvia Di Meo

Altri provvedimenti del tribunale di Catania, sezione immigrazione, non hanno convalidato i decreti del questore di Ragusa che disponevano la detenzione nel CPRI (ex hotspot) di Pozzallo di sei richiedenti asilo tunisini.

Lo rendono noto diverse agenzie di stampa che riportano i passaggi principali delle decisioni adottate dal giudice Rosario Cupri: spiegano che sono analoghe a quelle firmate una settimana fa dalla giudice Iolanda Apostolico che hanno avuto il merito di essere le prime, in ordine di tempo, a definire le disposizioni del DL 10 marzo 2023, n. 20 (cd. Decreto Cutro) e del Decreto 14 settembre 2023 del Ministero dell’interno Piantedosi illegittime perché contrarie alle norme UE e alla Costituzione italiana.

Queste decisioni risultano alquanto importanti poiché riportano la discussione nel merito dei profili di illegittimità dei decreti, dopo il tentativo del governo di scatenare una pretestuosa macchina del fango e caccia “alle toghe rosse” contro la giudice Apostolico.

Infatti, anche questo giudice ha disposto la non convalida del trattenimento non applicando la procedura accelerata ai 6 cittadini tunisini – difesi dall’avv.ta Rosa Emanuela Lo Faro e dall’avv. Fabio Presenti – in quanto il loro paese non può essere considerato “Paese terzo sicuro“, e non applicabile la norma della “prestazione di idonea garanzia finanziaria” prevista dal Decreto 14 settembre 2023.

Il giudice sottolinea, ricordando una decisione della Corte di giustizia dell’Ue, come “il trattenimento di un richiedente protezione internazionale costituisca una misura coercitiva che priva tale richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in modo permanente in un perimetro circoscritto e ristretto”. “Ne discende – osserva – che il trattenimento costituendo una misura di privazione della libertà personale è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”. E ricorda che anche la Corte di Cassazione ha stabilito che la normativa interna incompatibile con quella dell’Unione va disapplicata dal giudice nazionale.

Il Tribunale sottolinea che “la richiesta di protezione internazionale non è soggetta ad alcuna formula sacramentale”, la domanda del richiedente asilo “doveva essere esaminata al suo ingresso alla frontiera di Lampedusa” e la sua richiesta “sottoscritta a Ragusa non può essere trattata come procedura di frontiera”. “Come già affermato da precedenti decisioni di questo Tribunale in procedimenti di convalida di trattenimenti riguardanti cittadini tunisini e le cui motivazioni sono condivise da questo giudicante – sottolinea – la norma prevede una garanzia finanziaria che non si configura, in realtà, come misura alternativa al trattenimento bensì come requisito amministrativo imposto al richiedente prima di riconoscere i diritti conferiti dalla direttiva 2013/33/UE, per il solo fatto che chiede protezione internazionale“.

Le decisioni seguono anche altre sentenze che indicano la Tunisia come un “paese non sicuro”.