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Bolzano, un’altra tragedia frutto del razzismo e dell’indifferenza

Due ragazzi travolti da un treno mentre si recavano al loro “rifugio” notturno. Mohammed muore a soli 26 anni

Mohammed Amine e Mohammed Rakdani (Awad, il suo soprannome) sono stati travolti da un treno Freccia rossa la sera di martedì 7 novembre proprio davanti la struttura di accoglienza “ex Alimarket”, a circa un chilometro dalla stazione ferroviaria di Bolzano.

Mohammed Amine è morto ieri nel primo pomeriggio, Awad è ricoverato in gravi condizioni presso l’ospedale di Bolzano.

Mohammed aveva contattato l’associazione Bozen Solidale intorno alla metà di ottobre, una decina di giorni dopo essere arrivato nel capoluogo altoatesino, perchè non voleva più dormire all’addiaccio, aveva paura e tanto freddo; l’associazione, che si occupa in maniera informale di diverse decine di persone migranti e senza fissa dimora che sopravvivono in ripari informali, è riuscita a fornirgli una tenda e dei generi alimentari e lo ha accompagnato all’ufficio “Info Point” per l’iscrizione nella lunghissima lista d’attesa – 130 persone all’8 novembre – per entrare in una struttura d’accoglienza.

Il sistema d’accoglienza per richiedenti asilo in Alto Adige è tra i più restrittivi e respingenti tra le province d’Italia: regolato ancora oggi dalla cosiddetta “circolare Critelli”, che di fatto lascia per strada tutte le persone arrivate autonomamente e considerate non “in quota”, prevede solo per i più “fortunati” strutture all’interno di capannoni adibiti a dormitori nella totale promiscuità e in precarie condizioni igienico sanitarie 1.

Altre sono state le morti negli ultimi anni riconducibili a tale sistema discriminatorio 2 e solo qualche giorno fa la provincia di Bolzano, in estremo ritardo, ha deciso di allestire una nuova struttura di accoglienza in uno stabile abbandonato (struttura che non aprirà prima della fine di novembre). In Alto Adige, dove l’inverno freddo non è una novità, l’accoglienza viene gestita da sempre in maniera emergenziale e a costi stratosferici. 

Nonostante le numerose denunce di questi ultimi anni, si è assistito ad una campagna elettorale (si è votato il 22 ottobre per eleggere il nuovo consiglio provinciale) totalmente incentrata sulla realizzazione di un Centro di Permanenza per Rimpatrio, quando nella realtà l’emergenza di chi è costretto a vivere ai margini è di tutt’altro tenore: è una lotta quotidiana per la sopravvivenza mentre è assente nelle istituzioni una seria discussione sul modello di accoglienza altoatesino che proponga un piano attuativo che risponda ai bisogni primari delle persone.

Invece a gettare benzina sul fuoco, come prevedibile, ci ha pensato la destra italiana e tedesca che hanno seminato odio e razzismo contro migranti e senza fissa dimora, di fatto portando il discorso pubblico e politico ad un livello infimo. Cosa che il partito più votato, la SVP, ininterrottamente al potere dal 1948, si è ben guardata dal contrastare, lasciando così spazio ad una generale ascesa delle destre. 

Mohammed è perciò l’ennesima vittima della non accoglienza altoatesina, della volontà di espellere dal centro cittadino qualsiasi forma di marginalità e povertà. Mohammed e Awad avevano dovuto trovare rifugio in una boscaglia antistante le rotaie dei treni, si erano resi invisibili sapendo che avvicinandosi alla città sarebbero stati sgomberati nel giro di qualche giorno; la strategia delle istituzioni, molto chiara, è quella di rendere il territorio poco “attraente” alla parte più debole della società svendendo di fatto una parte della città di Bolzano a palazzinari senza scrupoli che hanno cambiato il tessuto urbano a misura di ricchi e turisti.

Le loro storie e questa tragedia dovrebbero riguardare tutta la cittadinanza altoatesina, sia per un senso di solidarietà e umanità, sia perché indicano quale modello di città e di tessuto sociale pensiamo sia necessario costruire. 

  1. Si veda l’inchiesta di Elisa Brunelli per il Salto.bz
  2. Lo scorso anno, in dicembre, morì per assideramento un ragazzo egiziano di 19 anni, Mostafa Abdelaziz Abouelela

Matteo De Checchi

Insegnante, attivo nella città di Bolzano con Bozen solidale e lo Spazio Autogestito 77. Autore di reportage sui ghetti del sud Italia.
Membro della redazione di Melting Pot Europa.