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Un rapporto sul centro di prima accoglienza di Bari-Palese

Una fotografia delle condizioni del centro, tra gravi carenze e forti criticità

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Il centro di accoglienza di Bari Palese è stato inaugurato il 28 aprile 2008 sulla vecchia pista dell’aeroporto militare di Bari-Palese appunto. In precedenza, in quello stesso luogo vi erano 250 roulotte che dal 1991 ogni estate venivano utilizzate per dare prima accoglienza alle persone che sbarcavano in Puglia, Calabria e Sicilia 1.

Dal 1991 ad oggi, è passato molto tempo, ma, leggendo il Rapporto del 2022 sul Centro di prima accoglienza di Bari Palese 2, un rapporto frutto del lavoro collettivo svolto nel corso della prima edizione del “Jean Monnet Lab – Monitoraggio dei diritti umani nelle zone di frontiera3, appare evidente che tanta strada deve essere ancora fatta prima di poter parlare di un sistema di accoglienza compiuto e realmente dignitoso.

La ricerca si è svolta tra i mesi di marzo e luglio del 2022 sotto la guida scientifica del prof. Giuseppe Campesi 4 e con la supervisione metodologica della dott.ssa Elena Carletti, entrambi docenti presso l’Università degli Studi di Bari.

Una ricerca dedicata precipuamente all’analisi del sistema di accoglienza sul territorio pugliese con particolare riferimento alle strutture governative di prima accoglienza. Gli studenti che hanno partecipato al laboratorio, hanno preso parte ad una serie di seminari preparatori, per poi calarsi direttamente nella realtà del Centro di prima accoglienza pugliese attraverso “colloqui” con gli operatori e una visita della struttura. Dall’analisi dei dati e delle testimonianze raccolte nel corso del lavoro di ricerca ha preso vita il Rapporto oggetto di approfondimento in questo articolo.
Per comodità espositiva, si seguirà la struttura che i curatori hanno voluto dare al lavoro il quale, infatti, si divide in sette sezioni dedicate a:

  • spazi e condizioni materiali;
  • popolazione ospite;
  • personale e servizi offerti;
  • organizzazione della vita quotidiana;
  • gestione degli eventi critici;
  • gestione della pandemia;
  • principali criticità rilevate.

Solamente per quanto attiene alla parte relativa alla gestione della pandemia, si rinvia integralmente alla lettura del Rapporto.

Spazi e condizioni materiali

Il Centro governativo di prima accoglienza di Bari-Palese (CARA) è un grande complesso ubicato all’interno del Quartier Generale del Comando Scuole dell’Aeronautica Militare. Si tratta di un Centro con una capienza ufficiale di 744 posti, spesso elevata oltre i 1.000 posti nei momenti di maggiore crisi.
Intorno al Centro insiste una recinzione in ferro sovrastata da filo spinato e video sorvegliata ventiquattro ore su ventiquattro. Il sistema di videosorveglianza, inoltre, monitora anche tutti gli spazi aperti del Centro.

All’interno del Centro, gli ospiti non sono liberi di muoversi essendoci una naturale sorveglianza per via della presenza di infrastrutture militari. È possibile però usufruire di un servizio navetta attivo dalla 6.30 alle 21.30 garantito da tre van da 7 posti che trasportano gli ospiti dal Centro alla più vicina fermata dei trasporti pubblici locali.

In generale, la logistica del Centro non favorisce una integrazione e uno scambio con il territorio e la comunità locale. Infatti, gli orari di entrata e di uscita dal centro e il servizio navetta insufficiente per il numero di ospiti presenti al suo interno, rendono difficile lo svolgimento di attività sociali all’esterno.
Inoltre, la localizzazione del Centro rende difficoltoso anche l’accesso al mercato del lavoro per gli ospiti della struttura per le stesse ragioni dinanzi evidenziate.

Sempre nel Rapporto, il Centro di Bari-Palese viene descritto come “un grande campo profughi organizzato in moduli abitativi prefabbricati disposti sui lati di una grande area centrale dove insiste una tensostruttura della sala mensa e i moduli dedicati alle attività amministrative e all’erogazione dei servizi alla persona”.

Vi sono poi una serie di moduli dedicati alle attività amministrative e all’offerta di servizi.
I moduli abitativi rinnovati più di recente presentano anche un sistema di refrigerazione/riscaldamento ma, come sottolineato nel Rapporto, “gli ospiti della struttura lamentano guasti molto frequenti” a tali sistemi.

La popolazione ospite

Tra il 2008 e il 2021 il Centro di accoglienza di Bari-Palese ha accolto più di 43.000 richiedenti asilo (di cui più di 4.400 donne e 2.300 minori).
Gli anni di maggior afflusso sono stati quelli tra il 2014 e il 2017 quando “il numero di presenti ha ecceduto in media del 180% la capienza ufficiale del Centro”. A partire dal 2018, poi, si assiste ad una progressiva crescita nella presenza di donne e di minori.

Al momento della visita effettuata il 1 luglio del 2022, all’interno della struttura erano registrati 606 ospiti con una prevalenza di persone di nazionalità nigeriana (il 21% del totale dei presenti).

Personale e servizi offerti

Come si evince dal Rapporto, i servizi all’interno del Centro di Bari-Palese sono offerti da quattro soggetti giuridici differenti. La gestione complessiva del centro, con l’erogazione dei servizi alla persona e alla distribuzione di beni e servizi, è affidata alla società Cooperativa Auxilium. La fornitura dei pasti è invece affidata alla società Ladisa Ristorazione Srl. Il servizio pulizie alla società Lalucentezza Spa ed, infine, la fornitura di vestiario, prodotti per l’igiene, pocket-money e schede telefoniche è gestito dalla Associazione temporanea di Impresa Gabbiano Magro.

In particolare, con riferimento ai servizi resi dalla Cooperativa Auxilium srl, si evidenzia nel Rapporto come la qualità di detti servizi sia giudicata scarsa dai beneficiari. Infatti, l’elevato numero di ospiti presenti in rapporto al personale disponibile (in totale 72 unità di personale) si traduce in una risposta poco individualizzata rispetto alle esigenze dei singoli. Un esempio di tale carenza, attiene al presidio medico che si limita a prescrivere il medesimo farmaco, un comune antinfiammatorio, per qualsiasi malessere, senza un effettivo approfondimento dei singoli casi. Anche per quanto riguarda i colloqui con gli psicologi o i tempi per le visite mediche specialistiche si registrano criticità

L’organizzazione della vita quotidiana

Dal Rapporto emerge con chiarezza come all’interno del Centro la vita sia scandita da orari predeterminati e rigidi nella distribuzione di beni e servizi. Innanzitutto, si evidenzia che gli ospiti, al momento del loro ingresso nella struttura, vengono dotati di un tesserino magnetico di riconoscimento e di un kit di accoglienza composto da effetti letterecci, vestiti e prodotti per l’igiene personale. Possono entrare e uscire dal Centro solamente i soggetti in possesso del tesserino magnetico e tra le 6.30 e le 19.30. Anche l’accesso ai servizi è garantito dal tesserino magnetico.

Per allontanarsi dal Centro al di fuori degli orari indicati è necessaria una autorizzazione da parte della Prefettura per il tramite dell’Ente gestore. In generale, comunque, si registra una tolleranza riguardo agli allontanamenti non autorizzati.

Tale regolamentazione e la scarsa capienza delle navette messe a disposizione dall’Ente gestore per raggiungere la più vicina fermata del trasporto pubblico locale, si evidenzia nel Rapporto, costituiscono un limite oggettivo per la possibilità di interazione con l’esterno. Così l’accoglienza diviene “una forma più o meno mascherata di confinamento”.

Rispetto a questo aspetto di rilevante importanza, la presenza di alcuni progetti realizzati in collaborazione con associazioni esterne (Comunità di Sant’Egidio e Associazione Abusuan) appaiono insufficienti, momenti occasionali inseriti in un quadro generale pensato e strutturato in modo tale da non favorire l’integrazione socio-lavorativa dei beneficiari dell’accoglienza.

Il paradosso è che, nonostante i rigidi controlli, gli orari fissi per ingresso e uscita dal Centro, in realtà si registra una facile permeabilità dello stesso da parte di soggetti non registrati e non inseriti nel progetto di accoglienza.

La gestione degli eventi critici

All’interno del Centro vigono regole ferree che, qualora dovessero essere applicate rigidamente, porterebbero a continue tensioni e scontri. Per stessa ammissione del Direttore della struttura, si preferisce propendere per un approccio più morbido e con una continua mediazione.

«L’impressione che si ricava dalle testimonianze raccolte durante il focus group è quella di una struttura all’interno del quale è lasciato un ampio margine di auto-organizzazione agli ospiti, con la mediazione di rappresentanti più o meno autorevoli delle diverse comunità presenti. Nel quadro di questa organizzazione,» – si legge nel rapporto – «la violazione delle regole è ampiamente tollerata purché non ecceda una certa soglia».
Quando però la “soglia di tolleranza” viene superata, quando cioè si verificano episodi di violenza particolarmente eclatanti o viene messa a repentaglio la sicurezza all’interno della struttura, si rendono necessari interventi risoluti e l’uso della forza viene utilizzato per ripristinare l’ordine.

Sintesi delle criticità rilevate

In conclusione il Rapporto fa un elenco delle principali criticità rilevate nel corso del lavoro di analisi e osservazione svolto all’interno del Centro di accoglienza di Bari-Palese. In sintesi tali criticità sono così sintetizzabili:

  1. tempi di permanenza all’interno del Centro eccessivi;
  2. logistica del Centro come ostacolo alla integrazione socio – lavorativa;
  3. assenza di controlli sull’accesso alla struttura da parte di soggetti non registrati;
  4. condizioni materiali di accoglienza inadeguate, moduli abitativi affollati, scarsa abitabilità e pessime condizioni igieniche dei servizi sanitari;
  5. inadeguatezza dei servizi socio assistenziali offerti dalla Cooperativa cui è affidata la gestione rispetto al numero di persone presenti all’interno del Centro;
  6. carenza di programmazione di attività socio-integrative.

Dopo aver offerto una panoramica di quanto riportato nel Rapporto con specifico riferimento al Centro di prima accoglienza di Bari Palese, in conclusione si possono sviluppare alcune riflessioni di carattere più generale sul sistema di prima accoglienza.

Ciò che emerge in tutta evidenza è la presenza di carenze strutturali che incidono pesantemente sulla qualità dell’accoglienza offerta ai soggetti richiedenti protezione internazionale, nonché sulla possibilità di avviare un processo di integrazione tra costoro e le comunità in cui insistono i Centri. Soprattutto i Centri di grandi dimensioni, come appunto quello di Bari-Palese, rendono ogni attività più gravosa e impediscono una reale integrazione.
Ma non solo.

Emerge dall’analisi condotta, anche la presenza di un grave problema relativo ai servizi offerti all’interno di queste strutture. Servizi scadenti e limitati all’essenziale (ma anche meno) che purtroppo abbassano il livello qualitativo della accoglienza offerta dal nostro Paese.

È chiaro che quando si parla di servizi, non si vuol fare riferimento esclusivamente alla somministrazione di cibo, vestiario ed effetti personali ma, piuttosto, ci si riferisce all’assistenza medica e psicologica offerta ai richiedenti asilo, nonché alla presenza di mediatori culturali e interpreti che possano aiutare a superare le barriere linguistiche.

Il Centro di Accoglienza è per i suoi ospiti il primo incontro con la società italiana e rappresenta anche un biglietto da visita per il nostro Paese. Il Centro di Accoglienza dovrebbe essere il primo luogo in cui avviare un processo di inclusione dei richiedenti protezione internazionale. È, pertanto, evidente che la scarsa qualità dei Centri, nello specifico di quello di Bari-Palese, le carenze strutturali, rispetto ai servizi erogati e rispetto alla possibilità di socializzazione, rappresentano ostacoli all’avvio di un processo di inclusione e una prima barriera frapposta all’ingresso nella società dei soggetti beneficiari.

  1. Bari: reportage dal centro di accoglienza per richiedenti asilo, di Gabriele Del Grande – Melting Pot (agosto 2008)
  2. Scarica il rapporto
  3. Oltre che per l’obiettivo di stimolare il dialogo tra mondo accademico e società civile tramite lezioni pubbliche, seminari tematici e conferenze con esperti nazionali e internazionali, il progetto si qualifica per un innovativo programma di attività didattiche che prevede il coinvolgimento degli studenti dell’Università di Bari in attività fortemente orientate alla ricerca. Maggiori informazioni sul progetto qui
  4. Giuseppe Campesi, ha ottenuto una Laurea in Legge presso l’Università di Bologna, il M.A. in Sociology of Law presso l’International Institute for the Sociology of Law e il Ph.D. in Filosofia e Sociologia del Diritto presso l’Università Statale di Milano. Nel 2011 ha preso servizio presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, dove è attualmente professore associato e dirige il Master in Criminologia e politiche per la sicurezza

Avv. Arturo Raffaele Covella

Foro di Potenza.
Sono impegnato da anni nell’ambito della tematica del diritto dell’immigrazione, con particolare attenzione alla protezione internazionale e alla tutela dei lavoratori stranieri. Collaboro con diverse associazioni locali che si occupano di migrazioni. Scrivo per diverse riviste.