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Processo Iuventa. L’accusa si basa su testimoni screditati

L'Avv. Nicola Canestrini: «L'immediata chiusura del procedimento è l'unica opzione accettabile in uno Stato di diritto»

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Lo scorso 11 febbraio si è tenuta a Trapani una nuova l’udienza del processo all’equipaggio di Iuventa accusato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina“. L’udienza è stata dedicata all’esame dei testimoni dell’accusa, segnando un momento significativo dopo quasi due anni di udienze preliminari. «L’audizione – si legge in un comunicato diffuso da Iuventa crew – ha contribuito a far emergere i secondi fini e la assoluta mancanza di credibilità dei testimoni su cui l’accusa ha costruito l’intero caso». Gli imputati sperano quindi che l’udienza di sabato segni l’inizio della fine del processo, «poiché è chiaramente emerso che le accuse dei testimoni sono state costruite a tavolino e politicamente motivate».

«L’esistenza di “testimoni oculari affidabili e attendibili” – prosegue il testo – è sinora sempre stato considerato l’elemento distintivo e peculiare del caso Iuventa e la principale differenza rispetto alle decine di altri casi contro le ONG che si occupano di soccorso in mare, che non sono mai arrivati al processo o sono stati immediatamente archiviati. Il fatto che questi testimoni oculari fossero ex agenti di polizia, e che avrebbero dunque agito per un presunto senso di responsabilità, avrebbe dovuto aggiungere credibilità al caso». Ma la storia è tutt’altra.

Iuventa spiega che i due testimoni chiave, Floriana Ballestra e Pietro Gallo, sono infatti stati sostanzialmente licenziati dalle forze di polizia a causa di una storia professionale segnata da bugie, frodi, diffamazione e negligenza. La loro credibilità era talmente compromessa da diventare insostenibile persino all’interno dei ranghi della polizia stessa. Diversi articoli dei giornalisti Andrea Palladino, Antonio Massari, Zach Campbell e Lorenzo D’Agostino, in questi anni, hanno già messo in luce il pessimo curriculum e il reale obiettivo dei testimoni.

Entrambi operatori della sicurezza di IMI Security Service, l’azienda ingaggiata dal proprietario della nave Vos Hestia di Save the Children, il 26 settembre 2016, a soli 20 giorni dall’inizio della loro prima missione, contattarono Matteo Salvini, accusando l’equipaggio della Iuventa di aiutare gli scafisti libici. Salvini li arruolò e diventarono, di fatto, le “spie di Salvini“. In cambio di questa collaborazione, si aspettavano di ottenere posti di lavoro. Gallo cercò anche di entrare in contatto con Giorgia Meloni, offrendole potenziale materiale di propaganda per Fratelli d’Italia. Anche il loro passato ha dei punti comuni non di poco conto. Floriana Ballestra è un’ex agente del traffico di Imperia che è stata licenziata per motivi disciplinari nel 2011 a causa di una lunga lista di reati (“30 sanzioni disciplinari per le più disparate ragioni“), tra cui reati minori, menzogne, calunnie, abuso di autorità e false dichiarazioni. Pietro Gallo è entrato nella Polizia di Stato a Roma nel 1993 ed è stato licenziato nel 1995 per aver piazzato prove false nell’auto di un rivale in amore.

«Nonostante le numerose prove della loro mancanza di attendibilità e del loro discutibile comportamento passato, l’accusa li ha usati come pretesto per costruire l’indagine più grande e importante contro l’attività di soccorso in mare delle ONG. Attraverso l’omissione selettiva di fatti, sono stati trasformati da ex dipendenti in disgrazia in “ex colleghi” apparentemente credibili».

Iuventa sostiene che la procura di Trapani era pienamente consapevole del loro torbido passato fin dall’inizio, ordinando persino di intercettarne i telefoni per verificarne le dichiarazioni: «Nelle prime fasi dell’indagine, queste registrazioni hanno mostrato chiaramente la loro disonestà e i loro secondi fini: uno aspirava a rientrare nel corpo di polizia, mentre l’altro mirava a una posizione di prestigio all’interno del partito razzista e di estrema destra Lega Nord. Il fatto che abbiano contattato Matteo Salvini e che abbiano scambiato con lui informazioni e materiale rivela le inclinazioni e le motivazioni politiche alla base delle loro accuse e testimonianze. Non solo la credibilità dei testimoni è nulla, ma anche i loro cosiddetti “resoconti oculari” sono vaghi, contraddittori e frutto di una fondamentale mancanza di conoscenza degli standard di comportamento marittimo e di ricerca e salvataggio (SAR) ma anche della loro malafede».

L’avvocato Nicola Canestrini ha dichiarato che «l’esame incrociato dei testimoni dell’accusa, finalmente ordinato dall’autorità giudiziaria per verificare la loro credibilità, ha confermato l’assoluta mancanza di prove per i capi d’accusa. L’immediata chiusura del procedimento iniziato 8 anni fa è l’unica opzione accettabile in uno Stato di diritto».

«È ridicolo vedere come il sistema giuridico italiano si sia trasformato in uno spettacolo di marionette per gli interessi politici di loschi personaggi di destra. L’unico possibile giusto esito è che il giudice faccia cadere tutte le accuse nella sua decisione al termine di questa fase preliminare, che è prevista per l’inizio di marzo», ha invece sottolineato Kathrin Schmidt, attivista imputata di Iuventa.

Iuventa infine ricorda che oltre 10.000 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo centrale dal sequestro della loro nave di soccorso nell’estate del 2017. Inoltre, più di 200.000 persone sono state rimpatriate forzatamente in Libia.

Il 28 febbraio e il 2 marzo sono attese le dichiarazioni conclusive di tutte le parti.

Redazione

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