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Ph: Mediterranea Saving Humans

Processo contro Mediterranea. Emergono gravissime violazioni dei diritti di difesa

La Ong accompagnata in tribunale a Ragusa da una “scorta di solidarietà”

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Il 14 febbraio si è svolta presso il Tribunale di Ragusa la prima udienza preliminare che vede come indagati 7 membri dell’equipaggio della nave del soccorso civile Mare Jonio e di Mediterranea Saving Humans. L’accusa secondo la Procura, che chiede per loro il rinvio a giudizio, è “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato” per un soccorso realizzato il 12 settembre 2020. Quel giorno 27 persone migranti, bloccate da 38 giorni sulla Maersk Etienne davanti alle coste maltesi, furono portate a bordo della nave Mare Jonio e poi sbarcate a Pozzallo. Una situazione di evidente stallo che al tempo fece molto discutere poiché i naufraghi erano abbandonati sul ponte della petroliera, senza cure mediche adeguate e timorosi di essere riportati in Libia.

La Procura però sostiene che l’intervento è stato realizzato dietro un pagamento di 125mila euro, la difesa che quei soldi sono slegati dal soccorso e che l’azienda marittima danese li ha donati solo tempo dopo. 

Quel che è certo è che la missione di soccorso ha dato il via alle indagini contro Mediterranea che portarono alle perquisizioni ordinate dalla Procura di Ragusa e anni di intercettazioni, pedinamenti e fotografie scattate di nascosto. Le indagini si sono trasformate in un vero e proprio dossieraggio, finito poi sulle pagine dei giornali di destra – Panorama e la Verità (sic!) su tutti -, dando inizio ad una gogna mediatica intrisa di diverse diffamazioni e menzogne. Il tutto allo scopo di criminalizzare il soccorso in mare e di colpire l’immagine di Mediterranea.

E’ di questo avviso l’Ong: «Questo processo in realtà si è già celebrato sulle pagine di alcuni giornali, e la sentenza è stata emessa dalla prima riga: colpevoli». Mediterranea ha definito poi il reato di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” come un’aberrazione giuridica: «Quando si aiuta qualcuno che è in difficoltà, in mare o in terra, si compie solo il proprio dovere e si risponde alla propria coscienza di esseri umani che si rivolgono ad altri esseri umani con rispetto, con cura, con solidarietà. Nessuno è “clandestino” in questo mondo, ma invece è vivo, ha un nome, una storia, una dignità che non può essere calpestata o ignorata».

Durante la prima udienza, riporta il giornalista Giansandro Merli su il manifesto, sono stati toccati altri aspetti della vicenda: i metodi usati dagli inquirenti e i diritti di difesa degli indagati.

L’avvocato Fabio Lanfranca e l’avvocata Serena Romano hanno spiegato che non sono state rispettate le norme che impongono il deposito di tutti gli elementi di indagine e che quindi non hanno potuto concorrere alla selezione dei materiali, come è loro diritto. Tra gli elementi più gravi è emerso che nei brogliacci ci sono intercettazioni tra indagati e difensori.

I legali – scrive inoltre Merli – hanno sollevato eccezioni di nullità rispetto a queste prove acquisite a partire da violazioni che descrivono come «gravissime, palesi e documentate». Tra queste sono emerse perfino intercettazioni ai danni di parlamentari, realizzate senza alcuna autorizzazione dell’Aula. Secondo Mediterranea sono ben 22 i parlamentari intercettati. Davanti al GUP è infine comparso anche il ministero dell’Interno per la costituzione di parte civile.

Al termine della giornata, Luca Casarini intervistato da Radio Onda d’Urto, dapprima ha voluto ringraziare la “scorta di solidarietà”, realizzata dalla Cgil di Ragusa, all’Anpi, alla Chiesa Valdese, Arcigay, Libera e Sinistra Italiana, che ha accompagnato gli imputati in tribunale, e poi ha spiegato che «questo è un processo di tipo inquisitorio e politico per colpire il soccorso in mare e costruire operazioni di dossieraggio per bloccarci».

Casarini ha voluto anche contrattaccare: «Chiameremo anche i responsabili istituzionali a testimoniare: non sul nostro soccorso, ma del mancato soccorso di 27 esseri umani abbandonati su una nave che si era appellata alle autorità maltesi e italiane».

Mediterranea in una nota ha aggiunto che «il nostro Paese ha una lunga storia di trame nere, che hanno insanguinato la fragile democrazia del dopoguerra. Stragi, complotti, dossier fanno parte di quella cultura del dominio e della sopraffazione, che anche in mare abbiamo riconosciuto: finanziare milizie armate per imprigionare le persone migranti è quello che accade nel nostro Mediterraneo, trasformato in fossa comune a causa dei naufragi provocati dalle omissioni di soccorso o dagli speronamenti, ed è quello che accade in Libia, trasformata nell’inferno che purtroppo ben conosciamo. 

Uno degli obiettivi di questa operazione politico giudiziaria che si è giocata finora fuori dai tribunali e dal diritto, era quello di isolare: isolare gli indagati da Mediterranea, isolare Mediterranea dalle altre associazioni e realtà solidali, isolare chi nella Chiesa osa appoggiare le pratiche concrete di umanità, isolare chi nel mondo laico non si rassegna a un mondo disumano. Non ci sono riusciti». 

La prossima udienza è prevista per giovedì 13 marzo, il dibattimento si svolgerà a porte chiuse per due volte al mese.

Redazione

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