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Anwar Nillufary: “Ostaggio dell’Europa”

La sua storia un esempio di false promesse e delle catastrofiche condizioni di vita dei rifugiati in Grecia

State per leggere la testimonianza di una persona che ci ha chiesto di raccontare la sua storia per ricevere solidarietà e supporto concreto e per far vedere al mondo quali forme possono assumere le innumerevoli atrocità che consumano le vite delle persone in movimento. 

Anwar Nillufary si presenta così: “Ostaggio dell’Europa”. Quando, quasi 10 anni fa, è arrivato in territorio europeo in cerca di asilo, è come se le porte d’ingresso dell’Europa si fossero sbarrate alle sue spalle impedendogli così di andare via da un luogo dove, piuttosto che protezione, ha trovato isolamento e deprivazione. 

A settembre del 2014, Anwar Nillufary, originario curdo iraniano, è sbarcato sulle coste greche del mar Egeo. Con l’intenzione di spostarsi verso altri Paesi europei in modo sicuro e attraverso canali ufficiali, Anwar si è procurato i documenti necessari e nel giugno del 2015 ha lasciato la Grecia

«In risposta al mio dubbio in merito al rischio di essere deportato in Grecia ai sensi del Regolamento di Dublino, diverse agenzie, in particolare l’UNHCR, mi hanno assicurato che, al tempo, l’applicazione di tale regolamento verso la Grecia era momentaneamente sospesa, garantendomi che nessuna nazione europea mi ci avrebbe forzatamente ricollocato, riconoscendo la gravità della situazione migratoria in Grecia e il loro impegno nel non rimandare indietro le persone», ci spiega Anwar Nillufary.

Nel 2011 1, infatti, la Grecia era stata sospesa dall’applicazione del regolamento di Dublino a causa di gravi carenze nel sistema di accoglienza delle persone migranti. Proprio perché rilevate situazioni di violazione dei diritti fondamentali dei richiedenti protezione internazionale, tra il 2011 e il 2016 i trasferimenti dei richiedenti asilo verso la Grecia da altri Stati membri sono stati interrotti su decisione della Corte di Giustizia europea. 

Ecco perché, seppur ai sensi del regolamento di Dublino il paese competente all’esame della sua richiesta di asilo sarebbe stata la Grecia, data la sua sospensione, ad Anwar Nillufary era stato assicurato di potersi trasferire in un Paese membro diverso senza rischiare di venir poi riportato indietro. Ma così non è stato: poco dopo il suo arrivo in Svezia, a settembre del 2015, Anwar è stato trasferito nuovamente in Grecia.

Nessuna delle diverse richieste di ricollocamento e reinsediamento da lui presentate è mai stata accettata. I documenti che riconoscevano il suo status di rifugiato sono scaduti il 19 marzo del 2018 e ancora oggi Anwar si trova privo di qualunque documento identificativo. Questo lo ha portato a subire duplici detenzioni. Prima, in un centro di espulsione per 36 giorni. Poi, nel 2021, nel seminterrato di una stazione di polizia per 46 giorni. 

Dal giorno del suo ricollocamento in Grecia, Anwar ha vissuto in condizioni di deprivazione forzata che definisce «simili alla vita di un uomo delle caverne: senza elettricità, acqua, servizi igienici: assolutamente niente». Fin dall’inizio ha cercato assistenza da parte di numerose associazioni e in particolare dall’UNHCR. 

A marzo del 2017, Anwar ha iniziato una protesta, tuttora in corso, di fronte all’ufficio dell’UNHCR ad Atene per denunciare il silenzio dell’agenzia di fronte alle numerose richieste di aiuto e per denunciare l’intollerabile situazione di miseria che ormai da 18 mesi stava sopportando.

Queste proteste, accompagnate da diversi scioperi della fame, sono state seguite, dichiara Anwar, da «detenzioni ingiustificate, centinaia a dire il vero, oltre a 27 processi giudiziari e 5 incarcerazioni». Nell’affrontare queste sfide legali, Anwar non ha trovato supporto da parte di alcuna istituzione o organizzazione. In aggiunta, racconta di aver subito ripetute aggressioni fisiche e maltrattamenti, abusi fisici e verbali da parte della polizia e danneggiamenti delle sue proprietà. 

«La negazione sistematica di assistenza legale ai rifugiati porta a ricorrenti forme di sfruttamento da parte delle autorità e ingiustizie giudiziarie. Le persone vengono incarcerate senza motivo e, quando legittime azioni legali da parte nostra diventano necessarie, ci viene negata giustizia». 

Sono numerosi i casi di ingiustizia personalmente subita che Anwar Nillufary ha denunciato nei suoi articoli. Nell’insieme dimostrano una mancanza di volontà e di interesse da parte delle singole persone che agiscono all’interno delle istituzioni e organizzazioni che dovrebbero garantire sicurezza e protezione ai richiedenti asilo. 

«Sono le uniche persone che godono dell’autorità e che potrebbero direttamente impegnarsi e trovare una soluzione».

Il caso di Anwar Nilllufary è uno dei tanti casi di persone in movimento che si trovano imprigionate nel carcere-Europa senza alcuna giustificazione e senza prospettiva di liberazione dalla fame e dalla paura. 

Le condizioni di vita dei rifugiati in Grecia sono catastrofiche. Per dare un’idea, diverse organizzazioni 2 che operano in aiuto ai rifugiati sostengono che il governo greco stia rendendo sempre più difficile per le persone migranti l’accesso al cibo, con l’intenzione di creare una crisi alimentare tale da scoraggiare gli arrivi. La strategia della deterrenza, anche in questo caso, non sta funzionando: il numero di arrivi in Grecia nel mese di gennaio del 2024 è aumentato del 97% rispetto al gennaio del 2023 3.

Venir meno all’obbligo di garantire i diritti fondamentali riconosciuti alle persone migranti e ai richiedenti asilo non deve diventare la normalità: è il reiterarsi delle politiche europee di mala gestione del fenomeno migratorio ad aver determinato le disumane condizioni degli ultimi dieci anni di vita di Anwar Nillufary. 

  1. Raccomandazione (UE) 2016/193 della Commissione (2016).
  2. Why getting asylum in Greece can mean going hungry, The Christian Science Monitor (gennaio 2024)
  3. Il rapporto del governo greco.

Anna Bonzanino

Studentessa dell’Università di Padova. Sono al secondo anno del corso di laurea in scienze politiche, Relazioni internazionali e Diritti umani.