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La guardia costiera libica spara contro la nave Mare Jonio

Prosegue in tutto il Mediterraneo la strategia per impedire i soccorsi con le milizie armate e finanziate dal governo italiano

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Nel tardo pomeriggio del 3 aprile, la Mare Jonio, nave di Mediterranea Saving Humans, è salpata dal porto di Siracusa dirigendosi verso il Mediterraneo centrale per la sua 16° missione di monitoraggio e soccorso in mare. La nave è ripartita dopo aver concluso un’operazione SAR con lo sbarco a Pozzallo dei 113 naufraghi soccorsi in due distinte operazioni nella notte tra il 23 e il 24 marzo, in aggiunta ad altre 59 persone messe in salvo in collaborazione con la guardia costiera italiana. 

La Mare Jonio ha raggiunto la mattina seguente quella che erroneamente viene chiamata “zona SAR libica1, ossia una zona di acque internazionali dove avvengono, per decisione politica dei governi italiani ed europei, le violazioni sistematiche dei diritti umani che da inizio anno hanno causato numerosi naufragi e quasi 400 vittime accertate, senza contare le persone disperse e i “naufragi-fantasma” di cui non si conoscono le sorti. «E’ questa la zona – ha sottolineato Mediterranea – dove operano le milizie libiche, pagate fior di milioni dall’Italia e rifornite di addestramento, mezzi navali e terrestri. Queste hanno il compito di catturare e deportare chi tenta di fuggire dai lager libici: dall’inizio dell’anno sono state 3.791 le donne, uomini e bambini respinti in questo modo verso la Libia». 

E proprio mentre la Mare Jonio si accingeva a soccorrere un gommone con a bordo 58 persone in pericolo, la guardia costiera libica ha intimato alla nave di Mediterranea di andarsene. Le fasi successive sono state concitate. Mediterranea dai suoi canali social ha raccontato che “la motovedetta della cosiddetta guardia costiera libica è intervenuta violentemente proprio mentre la Mare Jonio stava soccorrendo un’imbarcazione in pericolo in acque internazionali. I miliziani libici hanno sparato colpi d’arma da fuoco in acqua e in aria, creando il panico e provocando la caduta in acqua di diverse persone. Il team della Mare Jonio sta recuperando e proteggendo lə naufraghə”. 

Testimonianza di Denny Castiglione, capomissione di Mediterranea

Le 58 persone sono state portare al sicuro a bordo della nave. “Sono tutte sotto choc e portano i segni delle violenze subite in Libia”, ha spiegato il capomissione aggiungendo che le autorità italiane hanno assegnato Pozzallo come porto di sbarco e che l’arrivo della Mare Jonio è previsto per le ore 13:30 di oggi.

Quanto è accaduto all’equipaggio di Mediterranea si sta puntualmente ripetendo ad ogni missione di ricerca e soccorso in acque internazionali. Dove non arrivano le sanzioni delle autorità italiane con il decreto Piantedosi, ci pensano i libici a portare avanti il “lavoro sporco”. Da diverso tempo hanno dimostrato di avere un atteggiamento sempre più violento con minacce e colpi di arma da fuoco sparati per intimorire i soccorritori della flotta civile. Si sentono legittimati dall’Italia e dall’Unione europea che hanno, nei fatti, concesso loro di usare qualsiasi mezzo e godono di una generale impunità rispetto a queste azioni criminali. 

La stessa situazione, infatti, era stata denunciata il 16 marzo grazie ad un video realizzato da Sea Bird 2, l’aereo bimotore di Sea Watch: la motovedetta libica aveva interrotto per più di due ore le operazioni di salvataggio di 75 persone della nave Geo Barents di Medici Senza Frontiere.

A inizio marzo la Sos Humanity aveva subito un’altra aggressione durante un salvataggio: i libici avevano aperto il fuoco causando l’annegamento di una persona. Durante il 2023, ad esempio, la Sos Mediterranee, aveva denunciato di aver subito dalle motovedette libiche ben tre aggressioni con colpi di pistola sparati sugli equipaggi. E molte altre sono le testimonianze raccolte dalle Ong in una cornice di guerra a bassa intensità sottoscritta attraverso accordi e finanziamenti costanti.

Ma le motovedette consegnate ai libici dall’Italia non sono gli unici mezzi armati operanti nel Mediterraneo. Le politiche europee, infatti, stanno cercando di replicare il “modello libico” anche per la Tunisia. «Nel solo mese di marzo 2024 – ha rimarcato Mediterranea – i militari tunisini hanno condotto 160 operazioni di intercettazione, riportando a terra con la forza 5.133 persone. Una violenza continua che tuttavia non riesce a fermare le partenze verso Lampedusa, ma provoca solo sofferenze e nuove tragedie». 

Mediterranea, infine, ha ricordato l’altra faccia di queste politiche che attraverso intercettazioni illegali, teoremi giudiziari e falsità puntano a criminalizzare sui giornali e nella aule di tribunale il soccorso in mare. E’ il caso dei 7 attivisti della Ong che sono ancora accusati di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato” in riferimento ad una missione del settembre 2020, in cui sono state soccorse 27 persone. 

Aggiornamento di sabato 6 aprile:

Mare Jonio fermata dal decreto Piantedosi: “Le Autorità hanno notificato al Comandante e all’armatore di Mediterranea il provvedimento con multa fino a 10mila euro e fermo amministrativo della nave sulla base di accuse false della cd. guardia costiera libica“, scrive l’Ong che ha convocato una conferenza stampa online a bordo della propria nave.

  1. L’Organizzazione Marittima Internazionale (IMO) ha più volte specificato che questa zona SAR “non esiste”.

Redazione

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