Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

tratto da Migra news

Una scuola per tutti

di Paula Baudet Vivanco

Settembre, mese di trepidazioni, sudori freddi e, per alcuni, grandi attese: in arrivo la riapertura delle scuole per tutti gli studenti. Anche per gli/le alunni/e di nazionalità straniera, vicini ormai al traguardo delle 300.000 iscrizioni secondo le anticipazioni del rapporto annuale del Ministero istruzione università e ricerca, diffuse nel mese di luglio al VII Meeting Internazionale sulle Migrazioni e che verrà pubblicato integralmente questo mese. Una presenza consistente che aumenta di anno in anno e che pone una serie di interrogativi alla società italiana. «Può la scuola, primo ambito di vita in cui si incrociano le relazioni umane, essere il luogo per eccellenza dell’integrazione?» si chiede Patrizia Caiffa, direttrice della rivista “Altri”, nell’articolo di apertura del numero di settembre. La rivista, che rappresenta una nuova esperienza editoriale nell’ambito dell’informazione sull’immigrazione, è in edicola in questi giorni in alcune città d’Italia, grazie alla distribuzione affidata al settimanale “Carta”.

Nel mese di settembre si ripropongono i temi caldi legati al mondo della scuola e alle politiche educative per l’integrazione, che nei mesi scorsi avevano avuto come cassa di risonanza l’iniziativa di Milano, bocciata dal ministro dell’istruzione Letizia Moratti, per la creazione di una classe composta da soli studenti musulmani. Il secondo numero di “Altri” (il primo era uscito nel mese di giugno) prova a tornare sui banchi di scuola, proponendo un’inchiesta sull’inserimento dei figli degli immigrati negli asili nido, nelle elementari, medie e superiori, e fornendo ai suoi lettori approfondimenti sulle esperienze di recupero della lingua e cultura di origine per bambini e ragazzi cinesi e sul progetto di scolarizzazione rivolto ai minori rom della capitale. La neonata rivista viaggia tra i banchi di scuola con un proprio stile e linea, con articoli che sono il frutto di un laboratorio redazionale tra giovani italiani e stranieri all’interno di un progetto editoriale promosso dall’associazione Erythros di Roma, un’organizzazione multietnica impegnata per la difesa dei diritti dei più deboli, e che si avvale del supporto de “La Nuova Ecologia”, il mensile di Legambiente. Si tratta di un laboratorio che riguarda non solo la veste cartacea ma anche la versione on-line, www.altri.it , per cui gli aspiranti operatori dell’informazione «sono invitati a inviare proposte di articoli che verranno valutate dalla redazione e gli scritti migliori verranno pubblicati sul sito, che è, al pari della rivista, registrato come testata giornalistica presso il Tribunale di Roma». Parola di Francesco Loiacono, coordinatore di redazione di “Altri”.

Tra le firme della rivista compaiono quindi alcuni nomi non “stretta-mente italiani” come quello della eritrea Selam Tekeste e dell’iraniano Nima Baheli. E’ stato proprio quest’ultimo, che in passato aveva collaborato con la rivista “Amicizia” dell’Ucsei, ad aver realizzato a quattro mani con Antonella Patete l’inchiesta del nuovo numero di “Altri”. Baheli, giunto in Italia all’età di quattro anni, ammette di aver messo anche molto della propria esperienza diretta nella preparazione degli articoli, come nel caso del suo “Adolescenti in gioco” sui modelli identitari proposti e assunti dai giovani migranti di seconda generazione. Per lui «l’essere stranieri aiuta molto nello scrivere sugli stranieri, tant’è che ancora prima di documentarmi rispetto ai temi stabiliti in riunione di redazione avevo già delle idee, le avevo già sulla pelle». L’operatore dell’informazione iraniano valuta positivamente l’esperienza della rivista «sia perché sono presenti anche firme non italiane e la linea di redazione viene stabilita in forma orizzontale, che perché “Altri” si propone come un progetto rivolto ai lettori stranieri anche della prima generazione, attraverso l’uso della lingua italiana e di abstract in lingua inglese, formula che dovrebbe permettere di superare le barriere linguistiche e di target dei giornali “etnici”».