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Riammissioni informali sul confine nord-orientale: torneremo a respingere?

L’auspicio della politica e la preoccupazione delle associazioni

Photo credit: Valentina Nessenzia (confine italo-sloveno, 17 aprile 2021)

I provvedimenti legislativi dovrebbero essere attuati in ottemperanza a norme e decreti, anche se tra i due mondi spesso si creano profonde crepe. I problemi importanti corrono corrono e quanto più diventano urgenti tanto più si allarga la forbice.

È la sensazione in queste ultime ore, in cui si sta auspicando che le riammissioni informali, frutto di un vecchio accordo bilaterale tra Italia e Slovenia mai ratificato dal Parlamento italiano, dichiarate illegittime lo scorso gennaio con una storica sentenza del Tribunale di Roma 1 , riprendano a pieno regime e sotto gli occhi di tutti.

Le riammissioni informali erano diventate sistematiche soprattutto durante il 2020, alimentate dal clima emergenziale della pandemia: in quell’anno la polizia di frontiera di Trieste e Gorizia aveva riammesso 1.240 migranti e richiedenti asilo tra gennaio e metà novembre, circa il 420% in più rispetto al 2019 2.

La politica deve decidere se tutelare le istanze dei territori oppure no e io sono qui a dire che le riammissioni informali devono riprendere perché utili e necessarie per fermare il fenomeno migratorio”, ha dichiarato il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni, che il 22 settembre, in visita elettorale a Trieste, si è recato presso la Polizia di frontiera Fernetti 3.

Stupefacente. Prima dello scorso 21 gennaio, queste pratiche venivano compiute in quel crinale tra lecito e illecito – area grigia in cui maturò la spiritosa dicitura: riammissioni informali. Nelle ultime ore, invece, le stesse pratiche vengono invocate con la sicurezza compiacente di chi crede che siano pienamente riconosciute dal mondo giuridico.

La questione è che, se scelte opportunamente, le parole che indicano le nostre azioni ci permettono di aggirare il giudizio su quelle azioni. Riammissioni informali: detta così non sembra proprio niente di male. L’atto di riammettere non è sporco né colpevole, non insiste sulla cacciata da un certo territorio ma sull’ammissione in un altro, e poi è informale: è un’espressione ammiccante, evoca quasi l’idea di un patto amichevole, che non ha avuto bisogno di essere sancito da un organo superiore.

Peccato che sotto la lente giuridica l’espressione sia completamente priva di senso. Le norme – dalla Direttiva Procedure al Regolamento Dublino III – sono state scritte in modo da non lasciare spazio giuridico ad ulteriori accordi tra gli stati dell’Unione: tutto ciò che concerne il rimpallo dei migranti irregolari tra uno stato ed un altro è interamente assorbito da questi regolamenti; e se non è conforme a questi, si tratta di respingimenti illegali. Per altro, queste normative si pronunciano senza margini di ambiguità.

Prima di tutto, ogni misura messa in atto dalla pubblica amministrazione che incida sui diritti di una persona non può non essere di tipo provvedimentale, ovvero: va registrata negli atti della pubblica amministrazione e notificata alla persona destinataria della misura. Risulta invece che i migranti informalmente riammessi siano stati caricati su camionette militari e si siano ritrovati in un altro stato senza alcuna notifica dell’avvenuto trasferimento.

Seconda questione, e quel che è peggio: sono documentati casi di riammissioni di persone che al confine italo-sloveno avevano espressamente richiesto di accedere alla protezione internazionale; e anche i nostri parlamentari lo hanno dichiarato senza peli sulla lingua 4 5.

La richiesta di protezione internazionale è invocata come diritto fondamentale nella Costituzione italiana 6 e, da che mondo è mondo, il richiedente asilo va incanalato nelle relative procedure, e non è legale riammetterlo informalmente anzi respingerlo, e non ci sono eccezioni, come ha affermato l’avvocato Gianfranco Schiavone, membro del direttivo di ASGI e presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà lo scorso 23 giugno in occasione di un’audizione 7 .

Su questo ventoso confine l’aria era pesante già in piena estate: il 30 luglio, dopo un periodo di sospensione dovuta alla pandemia, erano ripartiti i pattugliamenti italo-sloveni lungo la fascia confinaria 8, nei territori di Trieste-Capodistria e Gorizia-Nova Gorica; quella volta almeno avevano portato un pretesto, seppur molto goffo, ovvero “il contrasto della criminalità transfrontaliera e di altri traffici lungo la rotta balcanica”: come se i vertici di tali organizzazioni tramassero i loro disegni negli ameni boschi del Carso.

Con la recente visita del sottosegretario degli Interni, le conseguenze di questi eventi preoccupano definitivamente gli organi competenti di tutto il confine, a partire da ICS e dalle strutture di accoglienza, su cui è spesso trasferito l’onere di esporre ai migranti arrivati tutte le opportunità, compresa la possibilità di richiedere protezione internazionale. Gianfranco Schiavone ne ha scritto il 24 settembre sul Riformista 9.

  1. Le riammissioni dei migranti dall’Italia alla Slovenia sono illegittime”. Il Tribunale di Roma condanna il ministero dell’Interno, Il fatto quotidiano, 21 gennaio 2021
  2. Rotta balcanica: nel 2020 record di respingimenti dall’Italia verso la Slovenia”, di Duccio Facchini, Altreconomia 28 dicembre 2020
  3. Migranti, sì alle riammissioni informali”, Il Piccolo, 23 settembre 2021
  4. Risposta ad interpellanza del 24 luglio 2020, Ministero dell’Interno
  5. “Riammissioni informali e rotta balcanica: lettera aperta al Governo e UNHCR”, ASGI (4 agosto 2020)
  6. Art. 10 comma 3 della Costituzione Italiana: “Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge.”
  7. Audizione Gianfranco Schiavone, video completo
  8. Confine italo-sloveno: pattuglie miste riprese a fine luglio. A disposizione 55 droni”, Progetto Melting Pot Europa (6 settembre 2021)
  9. La Lega ordina alla polizia: Fate sparire i profughi”, Il Riformista (24 settembre 2021)

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.