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Sentenza del T.A.R. della Lombardia n° 2084 del 17 giugno 2008

L'amministrazione procedente deve, ai sensi dell'articolo 5 comma 5 del T.U. del 98/286, valutare anche i nuovi elementi sopraggiunti che consentono il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno.

Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III)
ha pronunciato la seguente

Sentenza

sul ricorso n. 2257/07 proposto da El Newary Abd El Hamid rappresentato e difeso dall’avv. Patrizia Testa, ed elettivamente domiciliato nello studio di quest’ultima in Milano, Via Marconan.78;

contro
Ministero degli Interni, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli uffici di quest’ultima in Milano, via Freguglian.1;

per l’annullamento
– del decreto, senza numero di repertorio, del 5 febbraio 2007, emesso dal Questore della Provincia di Milano nei confronti del ricorrente e notificato il 29 giugno 2007 avente ad
oggetto l’annullamentodelpermesso di soggiorno n.E599406.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Interni;
Visti gli atti tutti della causa;
Nominato relatore alla pubblica udienza del 8 maggio 2008 il ref. Stefano Cozzi;
Uditi l’avv. Testa per il ricorrente, e l’avv. Damiani dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato, per il Ministero resistente;
Considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

Fatto

Il sig. El Newary è cittadino Egiziano. Giunto in Italia, ha ottenuto il primo permesso di soggiorno ai sensi del D.M. 16 ottobre 1998.

Dopo aver rinnovato più volte il suddetto titolo, in data 4/11/2005, la Questura della Provincia di Trento gli ha rilasciato la Carta di Soggiorno.
Successivamente, con provvedimento del 5 febbraio 2007, impugnato in questa sede, la Questura della Provincia di Milano, provvedeva ad annullare il permesso di soggiorno dell’interessato, poiché lo stesso, al fine di ottenerne il rinnovo disposto in data
06/09/2003, avrebbe prodotto documentazione falsa.
Tale annullamento induceva la Questura della Provincia di Trento a ritirare la Carta di Soggiorno a suo tempo rilasciata.
Si è costituita in Giudizio l’Avvocatura Distrettuale dello Stato con memoria meramente formale,chiedendo la reiezione del ricorso..
Il Collegio, pronunciatosi sull’istanza di sospensione cautelare con ordinanza n. 1744 del 15 novembre 2007,ne ha disposto l’accoglimento.
Alla pubblica udienza del 5 maggio 2008 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Diritto

1. Il Collegio è chiamato a pronunciarsi sulla legittimità di un provvedimento di annullamento di un permesso di soggiorno motivato dal fatto che il titolare ne avrebbe ottenuto il rinnovo mediante la produzione di documentazione falsa, simulando in tal modo
la sussistenza di un rapporto di lavoro in realtà inesistente.
La Questura della Provincia di Milano arriva a tale conclusione rilevando che l’impresa per la quale il ricorrente ha affermato di prestare attività lavorativa (Lauredil Costruzioni s.r.l.) è
coinvolta in traffici di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, giacché di essa si sarebbero avvalsi taluni soggetti sottoposti a procedimento penale per redigere documentazione falsa.
2. Con il primo motivo di ricorso adduce l’interessato che la motivazione sulla quale si basa l’atto impugnato sarebbe del tutto priva di fondamento, giacché egli avrebbe veramente prestato attività lavorativa in favore dell’impresa Luredil Costruzioni s.r.l. Aggiunge che in sede procedimentale avrebbe prodotto della documentazione, poi versata in atti nel presente giudizio, che dimostrerebbe quanto sopra affermato, senza che di essa
l’autorità abbia tenuto minimamente conto.
2.1 Il motivo è fondato. Il ritiro del permesso di soggiorno è disciplinato dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. 25 luglio
1998 n. 286, il quale dispone che il permesso di soggiorno “è revocato quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato….”.
Da tale norma discende che l’autorità amministrativa deve disporre l’annullamento del titolo qualora accerti che gli elementi presi a suo tempo in esame e posti a base del rilascio o del rinnovo del permesso in realtà non erano sussistenti.
Occorre tuttavia stabilire quando può dirsi accertata la mancanza dei requisiti, ed in particolare, per ciò che interessa in questa sede, quando si può ritenere che un contratto di lavoro sia stato simulato producendo falsa documentazione.
Ritiene il Collegio che per pervenire a tale conclusione non sia necessaria una pronuncia di condanna nei confronti dell’interessato, che accerti la falsità della documentazione da lui prodotta (cfr. TAR Campania Napoli, sez. VI, 06/11/2007 n. 10699; id., 06/06/2007 n. 5968; id., 10/05/2007 n. 4874); ma nemmeno che essa possa essere desunta semplicemente dalla sussistenza di un procedimento penale a carico di terzi rispetto al
quale lo straniero resta del tutto estraneo (deducendosi anzi così la sua probabile buona fede).
In tale ipotesi occorre verificare se, nel caso concreto, il datore di lavoro a cui si riferisce la documentazione di dubbia genuinità è realmente operante, ovvero se trattasi di impresa
fittizia (come talvolta accade) istituita al solo fine di favorire l’immigrazione clandestina.
E’ ovvio che in quest’ultimo caso poche incertezze potranno residuare, e l’amministrazione ben potrà pervenire ad un giudizio di falsità nonostante manchino gli elementi per sottoporre l’interessato a procedimento penale.
Qualora invece ci si trovi di fronte ad una impresa attiva, l’indagine istruttoria dovrà essere più approfondita, giacché potrebbe accadere che la falsità degli atti riguardi solo una parte
del personale straniero e che colui il quale richiede il permesso di soggiorno, od il suo rinnovo,presti effettivamente attività lavorativa in favore di essa.
E’ appena il caso di aggiungere che, secondo i principi generali, di tali valutazioni l’amministrazione deve dare conto nel provvedimento che dispone l’annullamento; e ciò anche per consentire al giudice di verificare che gli incombenti istruttori siano stati effettivamente espletati.
2.1 Dall’esame del provvedimento impugnato emerge che l’autorità amministrativa ha disposto l’annullamento del permesso di soggiorno del ricorrente traendo spunto esclusivamente dalla circostanza che taluni soggetti si sarebbero avvalsi della società
Lauredil Costruzioni s.r.l. al fine di favorire l’immigrazione clandestina.
Nulla viene indicato in merito agli elementi sopra evidenziati: non si specifica cioè se trattasi di impresa completamente inattiva ovvero di società che comunque svolge una propria attività.
Rimane pertanto il dubbio che la stessa sia effettivamente operativa; se così è l’autorità avrebbe allora dovuto spiegare, seppur per sommi capi, perché si sia formulato un giudizio
di falsità sulla specifica documentazione prodotta dall’interessato.
Anche il comportamento processuale dell’amministrazione è significativo: come si è detto la memoria di costituzione è solo formale, e nulla viene eccepito in ordine alle dettagliate
affermazioni formulate dal ricorrente ed alla documentazione dallo stesso prodotta volte a dimostrare la reale sussistenza di un rapporto di lavoro.
Si può in conclusione affermare che sotto i profili esposti il provvedimento impugnato non risulta adeguatamente motivato e che pertanto la doglianza sollevata risulta fondata.
3. Parimenti fondato è il secondo motivo di ricorso che fa leva sulla disposizione di cui al citato art. 5, comma 5 del d.lgs. 286/98, la quale, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto
imporre all’amministrazione di tenere conto che, al momento in cui è stato disposto l’annullamento, egli svolgeva attività lavorativa alle dipendenze di un nuovo datore di lavoro.
La succitata norma stabilisce che la revoca del permesso di soggiorno non può essere pronunciata qualora sopraggiungano “….nuovi elementi che ne consentano il rilascio….”.
In base a tale norma l’amministrazione deve necessariamente valutare tutte le sopravvenienze emerse sino al momento della emanazione del provvedimento (CdS, sez. VI, 05/06/2007 n. 2988); e se fra tali sopravvenienze ve ne sono talune che permettono il
rilascio del permesso di soggiorno, l’autotutela non è ammessa (cfr. CdS, sez. VI, 27/06/2007 n. 3687; id, 19/01/2007 n. 106; TAR Sicilia Palermo, sez. III, 27/03/2008 n. 425).
Il provvedimento impugnato non dà minimamente conto della circostanza che nel frattempo l’interessato aveva instaurato un nuovo rapporto di lavoro con l’impresa Club Cafè Jurnal s.n.c., ed anche tale elemento non può che condurre ad un giudizio di
insufficienza motivazionale.
Poiché anche tale doglianza coglie nel segno, e considerata la fondatezza del ricorso, si può prescindere dall’esame dell’ultimo motivo sollevato.
4. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere pertanto accolto.
Sussistono nondimeno giustificati motivi per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. III, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 8 maggio 2008, con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano – Presidente
Stefano Cozzi – Referendario est.
Dario Simeoli – Referendario