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da Repubblica.it del 28 aprile 2011

Ue, bocciata la norma italiana sulla “doppia espuslione”

La Corte di Giustizia della Ue ha bocciato la norma italiana che prevede il reato di clandestinità, introdotto nell’ordinamento italiano nel 2009 nell’ambito del “pacchetto sicurezza” e che punisce con la reclusione gli immigrati irregolari. La norma – spiegano i giudici europei – è in contrasto con la direttiva europea sui rimpatri dei clandestini. Nell’esprimere il suo verdetto, la Corte, composta da un giudice per ognuno degli Stati membri dell’Unione, assolve alla più importante delle sue prerogative: garantire che la legislazione Ue sia interpretata e applicata in modo uniforme in tutti i paesi dell’Unione per rendere effettivo il principio che la legge è uguale per tutti.

A porre in evidente contrasto la legge italiana con la direttiva comunitaria, si legge in una nota diffusa dalla Corte, è la reclusione con cui l’Italia punisce “il cittadino di un paese terzo in soggiorno irregolare che non si sia conformato a un ordine di lasciare il territorio nazionale”. Reclusione che compromette la realizzazione dell’obiettivo della direttiva Ue “di instaurare una politica efficace di allontanamento e di rimpatrio nel rispetto dei diritti fondamentali”.

Compromette l’obiettivo della direttiva comunitaria, ad esempio, il caso di Hassen El Dridi, algerino condannato a fine 2010 a un anno di reclusione dal tribunale di Trento per non aver rispettato l’ordine di espulsione. Sentenza che El Dridi impugnò presso la Corte d’appello di Trento, da cui partì la
richiesta alla Corte di Giustizia di chiarire se la legge italiana fosse in contrasto con la direttiva Ue sul rimpatrio dei cittadini irregolari di paesi terzi.

Secondo i giudici europei, “gli Stati membri non possono introdurre, al fine di ovviare all’insuccesso delle misure coercitive adottate per procedere all’allontanamento coattivo, una pena detentiva, come quella prevista dalla normativa nazionale in discussione, solo perché un cittadino di un paese terzo, dopo che gli è stato notificato un ordine di lasciare il territorio nazionale e il termine impartito con tale ordine è scaduto, permane in maniera irregolare su detto territorio”.

In conseguenza della sentenza Ue, conclude la Corte del Lussemburgo, il giudice nazionale “dovrà quindi disapplicare ogni disposizione nazionale contraria alla direttiva – segnatamente, la disposizione che prevede la pena della reclusione da uno a quattro anni – e tenere conto del principio dell’applicazione retroattiva della pena più mite, che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”.

La Corte afferma come gli Stati membri non possano applicare regole più severe di quelle previste dalle procedure della direttiva Ue sui rimpatri. Una procedura graduale, divisa in più fasi. La prima consiste nell’adozione di una “decisione di rimpatrio”, nell’ambito di tale fase va accordata priorità, spiega ancora la Corte, “a una possibile partenza volontaria, per la quale all’interessato è di regola impartito un termine compreso tra sette e trenta giorni”. Nel caso in cui la partenza volontaria non sia avvenuta entro il termine stabilito, “la direttiva impone allo Stato membro di procedere all’allontanamento coattivo, prendendo le misure meno coercitive possibili”. Lo Stato può procedere al fermo soltanto “qualora l’allontanamento rischi di essere compromesso dal comportamento dell’interessato”. Il trattenimento deve avere “durata quanto più breve possibile”, essere “riesaminato a intervalli ragionevoli”, deve cessare “appena risulti che non esiste più una prospettiva ragionevole di allontanamento” e la sua durata “non può oltrepassare i 18 mesi”. Inoltre, ricorda la Corte di Giustizia, “gli interessati devono essere collocati in un centro apposito e, in ogni caso, separati dai detenuti di diritto comune”.

Il primo a commentare la bocciatura comunitaria della legge italiana è Antonio Di Pietro. “E’ ormai provato – afferma il leader di Idv – che siamo di fronte a una dittatura strisciante in cui vengono presi provvedimenti contro la Carta dei diritti dell’uomo, si dichiara guerra senza passare per il Parlamento e si occupano le istituzioni per fini personali. E’ gravissimo che questa maggioranza, asservita al padrone, continui a fare leggi incostituzionali e contro i diritti fondamentali delle persone. Siamo alla vigilia di un nuovo Stato fascista che va fermato e l’occasione saranno le amministrative e i referendum del 12 e 13 giugno”.

Per il Pd, si tratta di “un altro schiaffo al ministro Maroni”. “Sin da quando Maroni presentò il reato nel pacchetto sicurezza – ricorda Sandro Gozi, responsabile per le politiche europee del partito – avevamo denunciato l’evidente violazione delle norme europee e sono due anni che chiediamo al governo di recepire la direttiva Ue sui rimpatri, che giace dimenticata da qualche parte alla Camera, surclassata da processo breve e testamento biologico. Avevamo presentato come Pd una serie di emendamenti volti proprio a evitare questa ennesima sconfitta dell’Italia in Europa. Chiediamo quindi che la direttiva comunitaria venga messa immediatamente all’ordine del giorno dei lavori della Camera e che vengano recepite le nostre proposte: di bocciature e schiaffi, mi pare, ne abbiamo avuti già a sufficienza”.

Laconico il commento di Rosy Bindi. “Sull’immigrazione le figuracce del governo italiano non finiscono mai – dice la presidente dei democratici -. La Corte di Giustizia europea mette a nudo le violazioni dei diritti umani, l’approssimazione e i ritardi di norme approvate solo per fare propaganda, dimostrando un’efficacia che alla prova dei fatti pari a zero. Del resto, cosa aspettarsi da un governo prigioniero delle parole d’ordine della Lega e incapace di affrontare con serietà e giustizia il fenomeno globale e inedito dell’immigrazione”.

Per Benedetto Della Vedova, capogruppo di Fli alla Camera, la bocciatura “non è, come molti vorranno fare apparire, una sentenza buonista. A essere stata bocciata è una norma demagogica e inefficiente, che aggrava l’arretrato giudiziario e il sovraffollamento carcerario, senza migliorare e al contrario intralciando le procedure di espulsione e rimpatrio degli immigrati irregolari”.