1. Sulla base dei diversi decreti, e delle ordinanze di protezione civile (OPCM), adottate dal Presidente del consiglio dei ministri e dal ministro dell’interno a partire dal 12 febbraio 2011, sono state stabilite le nuove Procedure per il collocamento dei minori stranieri non accompagnati, la circolare con le procedure operative è stata definita dal Comitato di coordinamento nella riunione del 17 maggio. E’ quindi seguito il Decreto del Commissario Delegato Emergenza Nord Africa del 18 maggio 2011 – Nomina Soggetto attuatore che ha nominato Soggetto attuatore per l’assistenza dei minori non accompagnati il Direttore generale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dott. Forlani.
Nella Nota del Commissario Gabrielli del 7 maggio scorso, sempre con riferimento ai minori stranieri non accompagnati, si precisa che “ l’art. 5 dell’OPCM 3933 del 13 aprile 2011 ha stabilito che lo stesso Ministero è autorizzato a corrispondere un contributo ai Comuni che hanno sostenuto o autorizzato spese per 1’accoglienza di minori non accompagnati e che tali contributi saranno corrisposti per complessivi 500 posti, ad un costo giornaliero procapite che non superiore a 80 euro. Nella stessa nota del 7 maggio, a firma del Commissario Gabrielli “si evidenzia che i minori stranieri non accompagnati – minori che si trovano in Italia privi dei genitori o di altri adulti legalmente responsabili della loro assistenza o rappresentanza – anche se entrati clandestinamente in Italia, sono titolari di tutti i diritti garantiti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ove è peraltro previsto che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto prioritariamente conto del “superiore interesse del minore”.
Secondo Gabrielli ancora, “ai sensi della normativa vigente le forze di Polizia che registrano la presenza sul territorio nazionale di un minore straniero non accompagnato, sono tenute, previa identificazione e foto segnalamento, se il minore dichiara una età superiore ai 14 anni, a:
– darne comunicazione alla competente autorità giudiziaria;
– al collocamento in luogo sicuro del minore che si trovi in stato di
abbandono;
– ad informare il Comitato per i minori stranieri di cui all’art. 33 del
d.lgs. 286 del 1998
Con Circolare del 13 luglio 2011 si sono assegnate alle Regioni le competenze e gli oneri in materia di minori stranieri non accompagnati richiedenti asilo, in base al sistema previsto dall’Ordinanza di Protezione Civile n. 3933 del 2011, mentre è rimasta al soggetto attuatore dott. Forlani la competenza sugli altri minori stranieri non accompagnati che non propongono una istanza di protezione internazionale. Per effetto di questa circolare i MNA che fanno richiesta di asilo dovrebbero essere tempestivamente trasferiti dalle cd. strutture ponte a centri specializzati per richiedenti asilo minori o nei CARA, ed essere segnalati con la massima tempestività al Tribunale dei minori ed al giudice tutelare per la nomina di un tutore.
2. La situazione dei minori non accompagnati trattenuti nei centri dell’isola di Lampedusa e in altre strutture provvisorie definite adesso “strutture ponte” rischia intanto di sfuggire a qualsiasi controllo, e si ha notizia di gravi ritardi nell’adempimento dei doverosi atti di comunicazione al Tribunale dei Minori ed al Giudice Tutelare. La situazione sanitaria, soprattutto nelle struttura di Lampedusa, il CPSA di Contrada Imbriacola ed il centro ubicato nella ex base Loran, di recente ancora una volta agli onori della cronaca con una denuncia di Fabrizio Gatti sull’Espresso, diventa sempre più critica. I minori stranieri non accompagnati trattenuti a Lampedusa hanno tra i 14 e 17 anni ed i ritardi che si stanno accumulando stanno generando una situazione di grave tensione, anche perchè con il compimento della maggiore età rischiano di essere sottoposti alle procedure di detenzione amministrativa e di rimpatrio forzato . La situazione di tensione è ulteriormente aggravata dalla notizia che diversi migranti tunisini imbarcati sugli aerei o sulle navi a Lampedusa con la prospettiva di un trasferimento a Roma, sono stati invece espulsi in Tunisia, anche in assenza della documentazione prescritta dal Regolamento comunitario 562 del 2006 sulle frontiere esterne ( cd. Codice frontiere Schengen).
Tutti i MNA, compresi i tunisini e gli altri provenienti dai paesi del Nord Africa, avrebbero dovuto lasciare da tempo i centri di Lampedusa per essere trasferiti altrove, verso centri di accoglienza specializzati per minori, in possesso dei requisiti previsti dalla legge per queste strutture. E invece, soprattutto nei confronti dei minori non accompagnati maghrebini, in particolare di origine tunisina, si sta praticando una vera e propria discriminazione perché non vengono ammessi a godere di quelle garanzie e di quelle procedure che invece si riconoscono ai minori non accompagnati di origine subsahariana. Né si può escludere a priori e su base collettiva che minori o adulti provenienti dalla Tunisia, dall’Egitto, dall’Algeria o dal Marocco abbiano titolo ad ottenere la protezione internazionale, e dunque di accedere alla relativa procedura a condizioni di parità con gli altri immigrati che ne fanno richiesta, anche verbale.
Una circolare ministeriale del 18 maggio scorso prevede il trasferimento dei minori non accompagnati in “strutture ponte” individuate di concerto tra il Commissario delegato Forlani e l’ANCI e questi enti dovrebbero raccogliere e censire direttamente le disponibilità verificate a livello locale. Al momento, per quanto risulta da un recente incontro, queste disponibilità non sono neanche tutte note alla Protezione Civile, che sembra costretta, per assumere informazioni sulla “movimentazione” dei minori non accompagnati, ad attingere ai documenti comunicati dall’organizzazione Save The Children, da tempo convenzionata con il Ministero dell’interno nell’ambito del progetto Praesidium. L’ANCI non presta poi, a livello regionale, quella collaborazione che è richiesta e di fatto si sta utilizzando un “sistema parallelo” di accoglienza, un sistema informale che trasforma in “strutture ponte” persino pensioni e bed e brakfast, quando non sono piu disponibili enti religiosi, un sistema gestito unicamente dal Ministero dell’interno, dalle Prefetture e dal soggetto attuatore dottor Forlani, per i minori giunti in Italia per l’emergenza “Nord Africa”. Rimane ancora avvolto nelle nebbie, come già in effetti si verifica da anni, il ruolo del Comitato per i minori stranieri.
Rimangono vuoti, ad esempio in provincia di Trieste, ed in diverse altre regioni, diversi centri di accoglienza che in base alla circolare dovrebbero potuto, anzi dovuto, ricevere minori sulla base di una decisione assunta a livello nazionale e dopo il transito nelle “strutture ponte”. E le strutture ponte che fanno accoglienza in Sicilia, sono sovraffollate, ospitando fino a 60 minori in condizioni di tale promiscuità e senza la necessaria presenza delle figure professionali che potrebbero garantire una mediazione efficace. Situazioni che non garantiscono né la salute né il rispetto dei diritti e della dignità di queste persone.
3. Da parte di chi si dovrebbe occupare di trasferire questi minori nelle “strutture ponte”, ad oltre tre mesi dalla sua designazione, avvenuta il 17 maggio scorso, soltanto pregiudizi.
“L’emergenza non è finita – ha avvertito già mesi fa in una dichiarazione riportata dall’ANSA- Natale Forlani, direttore generale per l’immigrazione del Ministero del lavoro e soggetto attuatore per l’assistenza ai minori stranieri non accompagnati provenienti dal Nord Africa – e il problema non sarà di breve durata ma si protrarrà nei prossimi anni. Il problema è complesso, alcuni di questi minori arrivano con una precisa strategia e spesso identificarli è difficile. E questo é vero soprattutto a Lampedusa, dove tutti i giovani che arrivano dichiarano di essere minorenni per poter usufruire della protezione garantita ai minori nel nostro Paese. Va perfezionato il sistema di identificazione”. E di fatto si prevede che le procedure di identificazione proseguano anche nelle “strutture ponte”, con frequenti controlli di polizia, e con le ovvie conseguenze sul clima che si vive all’interno di queste strutture.
Il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, ha definito quella dei minori stranieri “un’emergenza nell’emergenza” e con ordinanza del Presidente del consiglio dei ministri (OPCM) del 26 luglio scorso si è deciso di istituire un team di monitoraggio sulla qualità dell’accoglienza nelle strutture adibite in Italia a ricevere minori non accompagnati, chiedendo alle Organizzazioni coinvolte nel progetto Praesidium, tra cui Save The Children, di farne parte.
Nelle dichiarazioni di Forlani si riscontra un evidente “capovolgimento” della Direttiva Amato del 2007, si introduce di fatto una vera e propria “presunzione di maggiore età” fino a prova contraria, assoggettando i minori alle stesse misure restrittive in attesa di identificazione adottate per gli adulti. Il tempo che le Questure lasciano passare senza avvertire il Giudice tutelare per l’apertura delle tutela, anche a causa dei ritardi nel sistema dei trasferimenti dai luoghi di sbarco e di prima accoglienza, aumenta il numero dei minori che alla maggiore età saranno “trattati” come clandestini e accresce notevolmente il numero di coloro che, appena possono, fuggono dalle strutture di accoglienza. Molti dei minori che sono ripresi dalle forze di polizia, secondo diverse testimonianze raccolte dagli operatori e documentate anche con video, sarebbero stati sottoposti a duri pestaggi da parte di agenti in tenuta antisommossa..
Nei confronti dei minori non accompagnati è diffuso un pregiudizio che potrebbe configurare una vera e propria discriminazione istituzionale. Secondo Forlani, “ a Lampedusa, tutti i giovani che arrivano dichiarano di essere minorenni per poter usufruire della protezione garantita ai minori nel nostro Paese”. L’esigenza di “perfezionare il sistema di identificazione” appare certamente plausibile, a fronte della imprecisione dei sistemi adottati attualmente, ma non può costituire un alibi per il trattenimento a tempo indeterminato di ragazzi che dovrebbero essere identificati con la maggiore tempestività, al fine di attivare il giudice tutelare, la procura del competente Tribunale dei minori ed i servizi sociali. Non si deve dimenticare che si tratta di ragazzi che, per la legge vigente ( art. 19 del T.U. sull’immigrazione n. 286 del 1998), da interpretare anche alla luce della direttiva Amato, se si vuole rispettare il “superiore interesse del minore”, non possono essere respinti o espulsi , magari limitandosi ad attendere il compimento del diciottesimo anno d’età.
4. Nel corso di una recente riunione che si è svolta ai primi di settembre a Palermo, presso la sede della Protezione civile, sono emersi ancora tutti gli aspetti critici che denunciamo da mesi, in particolare per quanto riguarda la struttura di Mineo, dove sono stati trasferiti anche minori non accompagnati, la situazione sanitaria della struttura ubicata nella base Loran di Lampedusa, la intollerabile promiscuità con gli adulti nel Centro di prima accoglienza e soccorso di contrada Imbriacola, sempre a Lampedusa, una struttura trasformata di fatto in un centro di detenzione chiuso, e i trasferimenti “ritardati” dalle isole di Lampedusa e Pantelleria verso centri di vera accoglienza, idonei a ricevere minori non accompagnati. Nel corso della riunione è anche emerso come le decisioni sulla movimentazione dei minori provengano esclusivamente da alcune Questure come quella di Agrigento e dal soggetto attuatore per i minori Forlani, e lascino fuori la Protezione civile regionale, l’Assessorato alla famiglia della regione Sicilia, l’Assesorato alla sanità, gli enti che, al di fuori del progetto Praesidium, a vario titolo si sono offerti di prestare assistenza, senza ricevere risposte dagli organi che a Roma ( e poi nelle questure in Sicilia che ne attuano le scelte) decidono sulla destinazione dei minori. I movimenti dei minori sembrano coperti dal segreto militare e soltanto poche associazioni “amiche” ne sono a conoscenza.
Non appare chiaro neppure il rapporto tra il ministero dell’interno e i vertici della protezione civile a Roma, né sono conosciuti i risultati del tavolo di coordinamento nazionale che dovrebbe essere stato costituito in materia di accoglienza dei MNA. Tutto questo si traduce nella mancanza totale di trasparenza e quindi nell’inefficacia o in ritardi gravissimi negli interventi. Inoltre, per quanto concerne i minori richiedenti asilo, la rete siciliana degli SPRAR si è rarefatta al punto da risultare praticamente scomparsa e i CARA presenti in Sicilia sono strapieni, a Salina Grande (Trapani) e a Caltanissetta, mentre appare sempre più anomala la situazione del mega CARA ( che funziona anche come CPA) di Mineo, rispetto al quale tutti gli enti locali e le associazioni chiedono la chiusura, mentre il ministero dell’interno interviene con misure da ordine pubblico non appena scoppia la protesta. Nella struttura di Mineo, quello che è stato definito un centro di accoglienza a cinque stelle, secondo un recente rapporto di MSF si sarebbero verificati diversi tentativi di suicidio. A Lampedusa non si contano più le rivolte che nel CPSA di Contrada Imbriacola hanno coinvolto anche minori frequentemente raggiunti dal lancio di sassi. E sembrerebbe che una piccola parte di minori non accompagnati sia stata trasferita anche a Mineo. Non si conosce con quali forme di assistenza specifica e con quali comunicazioni alle competenti autorità tutelari e minorili. I trasferimenti dei minori no accompagnati tunisini, dal CPSA di Imbriacola alla ex base Loran, avvenuti da Lampedusa il 5 settembre, appaiono una scelta tardiva ed improvvisata, che rischia di fare esplodere il già precario “equilibrio” di questa struttura dove la elevata promiscuità espone a rischio i soggetti più vulnerabili e dove le carenze strutturali, a partire dalla cronica mancanza di acqua, mettono a rischio la salute dei giovani ospiti, comunque tenuti dietro un recinto ed impossibilitati persino ad uscire per fare un bagno a mare.
5. I CPSA ( Centri di prima accoglienza e soccorso) vengono gestiti dal Ministero dell’interno ( con le sue diramazioni periferiche, Prefetture e Questure) e possono sorgere ( o essere chiusi) ovunque se ne ravvisi l’esigenza, dopo gli sbarchi, come a Lampedusa, a Contrada Imbriacola ed a Pozzallo, nella zona portuale. In realtà anche in queste strutture transitano minori non accompagnati, con gravi problemi di identificazione certa e di tutela giuridica, anche perchè coloro che vengono riconosciuti maggiorenni, se di nazionalità tunisina od egiziana, sono rimpatriati collettivamente senza potere esercitare effettivamente alcun diritto di difesa, neppure relativamente all’accertamento dell’età.
Nel corso dell’ultima riunione, che si è svolta presso gli uffici della protezione civile di Palermo, ho sottolineato come l’assenza di tutela giuridica, persino la difficoltà nella nomina di un avvocato, il ritardo nelle comunicazioni della presenza dei minori non accompagnati nel territorio nazionale ai giudici del Tribunale per l’apertura delle tutele e alla Procura del tribunale dei minori, con la sola eccezione del distretto di Palermo, esponga i minori a conseguenze assai gravi anche dal punto di vista psicologico e sanitario. Nella struttura della ex base Loran di Lampedusa ci sono diversi minori che hanno contratto varie forme di infezioni che imporrebbero la chiusura immediata di un luogo che non è idoneo ad una permanenza prolungata in assenza delle necessarie autorizzazioni di carattere ambientale e dei minimi requisiti igienico-sanitari. Lo proclamazione dello “stato d’emergenza Nord Africa” può consentire la deroga motivata di alcune ben individuate norme giuridiche, non certo la totale disattivazione del sistema dei controlli e delle garanzie dei diritti fondamentali della persona, ed in particolare dei minori non accompagnati.
In tutti i centri di detenzione o di transito siciliani non si contano più gli atti di autolesionismo. Ma la Questura di Agrigento continua a trattenere a Lampedusa minori non accompagnati.
Se a questo si aggiunge un sistematico ritardo nella formalizzazione delle volontà manifestate verbalmente di chiedere asilo, e questo vale sia per i minori che per gli adulti, ovviamente con conseguenze assai diverse, si configura un quadro di soggetti che rimangono per settimane, e talvolta anche mesi, in un limbo giuridico che ha gravi risvolti sulla loro salute, sulla loro sicurezza, e sul loro futuro. Se poi si vogliono affermare le esigenze dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza, non si vede come questa situazione possa avere risvolti favorevoli in queste direzioni, anche ponendosi in un ottica meramente securitaria.
6. Appare evidente la volontà, da parte del ministero dell’interno, dei commissari delegati, e dei soggetti attuatori, di procrastinare al massimo la presa in carico dei minori non accompagnati e dei richiedenti asilo per evitare di affrontare le complesse fasi burocratiche ed i rilevanti oneri economici per il loro inserimento nelle comunità. Si avverte certo l’esigenza di trasferirli dalle strutture ponte a centri di seconda accoglienza o case famiglia . Ma i tempi di questi trasferimenti si allungano a dismisura, come si sta verificando, e non si possono lasciare privi di uno stato giuridico certo, e delle figure di tutela richieste dalla legge, minori non accompagnati che anche a causa della loro età possono facilmente fuggire nella clandestinità o subire lo stesso trattamento ( espulsione e detenzione nei CIE) che subiscono i migranti irregolari che sono arrivati dopo avere compiuto i diciotto anni.
Rimane peraltro assai alto il rischio di accertamenti dell’età basati esclusivamente sulla radiografia del polso che sono largamente opinabili, come si è verificato poche settimane fa a Lampedusa quando, dopo l’attribuzione della maggiore età da parte della polizia, è giunto dalla Tunisia un certificato anagrafico che accertava come si trattasse di un minore non accompagnato. E questi casi non sono rari, anche se è difficile che emergano perchè la polizia impedisce agli avvocati di avere contatti necessari per il rilascio della procura, magari adducendo ragioni di ordine pubblico, e si giunge talvolta, persino a contestarne l’autenticità pure quando è rilasciata in presenza di un pubblico ufficiale dello stato.
Si assiste in definitiva ad un “avvitamento” generale del sistema dell’accoglienza, mentre è saltato il sistema delle assegnazioni ai centri di seconda accoglienza e nessuno sa con certezza quali sono le strutture operative e quali siano i livelli di occupazione effettivi, con conseguenze particolarmente gravi nel caso dei minori non accompagnati e dei richiedenti asilo. Qualcuno riteneva che la guerra in Libia sarebbe finita in un mese, che gli accordi con le nuove autorità di Bengasi avrebbero bloccato le partenze (Frattini), anche se era noto da anni che attraverso la Libia giungono potenziali richiedenti asilo e soggetti vulnerabili vittime di abusi. Altri erano certi che gli arrivi dalla Tunisia sarebbero cessati, dopo i “generosi” riconoscimenti economici e la cessione di alcune motovedette alla polizia tunisina (Maroni). In realtà queste previsioni,malgrado i respingimenti collettivi in mare ed i rimpatri sommari dall’aeroporto di Catania, risultano contraddette dai fatti. .Di fronte ad una situazione che potrà solo peggiorare con le buone condizioni del mare e con l’aumento dei migranti, tra questi diversi minori, provenienti dalla Tunisia,, non si può tollerare che l’unica risposta sia l’abbandono dei minori non accompagnati in strutture inidonee e la deprivazione della dignità di tutti i migranti ( adulti e minori) che arrivano in Italia, forse nel tentativo di rendere tanto insopportabile la permanenza nel nostro “bel paese” da indurre a tentare la fuga verso altri paesi o accettare la sconfitta, subire il rimpatrio o scegliere comunque di abbandonare, ritornando in patria, un paese inospitale e violento nel quale i diritti umani sembrano sanciti solo sulla carta.
7. Eppure, anche in questa situazione così disperante, è possibile formulare alcune proposte. Occorrerebbe innanzitutto superare il modello di accoglienza “militare” prefigurato dall’OPCM ( Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri) n. 3933 del 13 aprile 2011, e dalle successive circolari attuative dei commissari Gabrielli e Forlani. Gli interventi potrebbero restare, almeno nell’immediato, nell’alveo della Protezione civile, ma secondo canoni che non possono essere quelli dell’emergenza e della militarizzazione. Perchè con questa “emergenza” dovremo confrontarci ancora per anni, e le cadenze attuali degli “sbarchi” non sono molto dissimili dagli arrivi che si verificavano negli anni precedenti di maggiore afflusso, come il 2008, quando comunque il sistema di accoglienza funzionò meglio di quanto verificabile oggi. Va riprogrammato un coordinamento nazionale tra ministero dell’interno, protezione civile ed Anci, restituendo responsabilità e poteri decisionali agli snodi regionali. Va riconosciuto un ruolo alla programmazione ( contrattata con enti del terzo settore) delle regioni e degli enti locali, ribadendo per tutti obblighi precisi di accoglienza.
Si dovrebbero quindi riunificare i tanti sistemi paralleli di accoglienza che sono sorti in Italia, costringendo tutte le regioni ad adottare standard comuni ed un equo riparto degli oneri di accoglienza, senza limitarsi alla proliferazione delle “strutture ponte”, mentre sembrano destinati a rstare sulla carta i centri di seconda accoglienza. Occorre ridisegnare un sistema nazionale di accoglienza per i minori non accompagnati, e più in generale per tutti coloro che richiedono asilo, che superi anche la dimensione asfittica degli SPRAR, e risulti conforme con le direttive comunitarie, a partire dalla Direttiva 2003/9/CE sull’accoglienza, anche sotto il piano delle garanzie legali, fino al decreto legislativo 25 del 2008 che attuava la direttiva sulle procedure in materia di protezione umanitaria, con norme specifiche per i minori non accompagnati fino all’ultima direttiva sui rimpatri 2008/115/CE che contiene previsioni vincolanti anche a tale riguardo. Il trattamento giuridico dei minori stranieri non accompagnati non può variare a seconda della nazionalità con forme diverse di discriminazione istituzionale a danno dei giovani maghrebini rispetto ai minori non accompagnati provenienti dall’ Africa subsahariana.
8. Andrà effettuato un monitoraggio continuo delle strutture di accoglienza, con sanzioni immediate nei confronti di tutti gli inadempimenti che si dovessero verificare, sia dal punto di vista degli standard di accoglienza, che in caso di ritardo nell’avvio delle procedure amministrative a tutela dei minori non accompagnati. Questo “monitoraggio” non dovrà essere affidato soltanto ad una struttura del ministero dell’interno o agli enti convenzionati, confondendo i ruoli di controllore e di controllato, ma dovrà anche risultare dall’apertura delle strutture di accoglienza alle organizzazioni del volontariato presenti nel territorio ed agli operatori legali che assistono i minori non accompagnati. Il ruolo delle strutture pubbliche regionali e di soggetti come l’Istituto di medicina delle migrazioni e delle povertà ( INMP), che ha attivato uno specifico gruppo di lavoro sui minori non accompagnati, potrebbe rivelarsi assai utile, a condizione di garantire elevati livelli di professionalità degli operatori ed indipendenza rispetto alle altre agenzie istituzionali in campo..
Nella regione Sicilia è assolutamente necessario che i diversi soggetti che hanno competenze sull’accoglienza dei minori non accompagnati ( Assessorato alla famiglia, Assessorato alla sanità, Protezione Civile, ANCI) attivino un tavolo permanente di confronto, aperto alle organizzazioni umanitarie ed alle associazioni di volontariato. In questo modo il confronto con le autorità nazionali potrà essere riattivato da posizioni di maggiore forza. Sarà anche assai importante promuovere momenti di formazione permanente degli operatori delle strutture ponte e dei centri di seconda accoglienza in modo da favorire la collaborazione attraverso la conoscenza reciproca e la soluzione comune ed omogenea dei problemi. Si sono già raccolte disponibilità a titolo gratuito da parte di docenti universitari e di organizzazioni indipendenti, non finanziate da enti pubblici.
In Sicilia, da questo punto di vista, si avverte ancora l’assenza di una legge regionale sull’immigrazione, verso la quale occorre andare con scelte rapide del governo locale e con il necessario confronto in aula, senza indugiare in lavori da comitato che rischiano di rinviare all’infinito l’adozione di una normativa che appare ormai improcrastinabile.