Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Peace Reporter del 12 settembre 2007

Ambasciatrice dei latinos

Negli Usa tornano le manifestazioni a favore dell'immigrazione. Elvira Arellano promette di esserci

Espulsa dagli Stati Uniti dopo aver vissuto per un anno da rifugiata in una chiesa di Chicago, Elvira Arellano non ha intenzione di abbandonare la sua lotta. La 32enne messicana, diventata un’icona per i latinos che si battono per il diritto all’immigrazione negli Usa, ha chiesto al presidente Felipe Calderon di nominarla “ambasciatrice di pace” negli Stati Uniti, consentendole così di riabbracciare il figlio Saul. La settimana scorsa, inoltre, una commissione del Senato messicano ha esortato Calderon a inoltrare una formale protesta diplomatica a Washington per la deportazione della donna. Che intanto sostiene di non essere intimidita e promette di continuare a combattere per le milioni di persone nella sua stessa condizione. A cominciare da una grande manifestazione programmata per il 12 settembre in almeno grandi città Usa: la Arellano ha promesso di essere presente a Washington.

Elvira Arellano con il figlio SaulL’espulsione. Il figlio Saul, 8 anni e cittadino americano in quanto nato negli Usa, è rimasto a Chicago con la madrina. La “Rosa Parks dei latinos”, come si era ribattezzata la stessa Arellano citando l’icona del movimento per i diritti civili degli afro-americani, è stata invece espulsa domenica 19 agosto mentre era a Los Angeles. Dopo un anno trascorso nella chiesa metodista di Humboldt Park a Chicago, dove le autorità statunitensi non avevano osato entrare, la Arellano aveva appena iniziato un tour nazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti degli immigrati. “Mi vedevano come una minaccia agli Stati Uniti, per le azioni che avevo intrapreso in favore della legalizzazione dei clandestini. Sapevo che sarebbero arrivati a questo. Avevano bisogno di mandare un messaggio a tutti gli immigrati senza documenti in regola”, ha dichiarato la Arellano.

Attivista. “Chiedo un visto diplomatico in modo da poter essere ambasciatrice di pace e di giustizia, perché non sono una terrorista e gli Stati Uniti non possono continuare a trattare gli immigrati senza documenti come terroristi”, ha detto la Arellano rivolgendosi a Calderon. Il presidente messicano, da parte sua, ha chiesto al ministro degli esteri di “valutare la situazione” e intavolare un negoziato in tal senso con la controparte statunitense. Intanto la donna, arrestata dalle autorità Usa nel 2002 e condannata per aver lavorato con un falso numero della previdenza sociale, si è già messa al lavoro per organizzare una manifestazione pro-immigrazione a Tijuana il 12 settembre, quando anche nelle grandi città statunitensi sono in programma marce per la legalizzazione dei clandestini. “Continuerò a lottare da qui”, ha detto la Arellano da Tijuana. “Voglio che i cittadini e il governo degli Usa vedano cosa stanno facendo alle famiglie divise, milioni, che non rivendicano i loro diritti e vengono sfruttate”.

La protesta del Messico. Negli ultimi nove mesi, le autorità per l’immigrazione statunitensi hanno espulso dal Paese quasi 150mila clandestini, una cifra in linea con i circa 200mila espulsi nell’intero 2006. Ma è stata la deportazione della Arellano che ha fatto scattare la reazione del Messico. “Non possiamo rimanere in silenzio di fronte a questa ingiustizia, dobbiamo richiedere alle nostra autorità una presa di posizione”, ha detto uno dei senatori messicani della commissione che ha chiesto al presidente Calderon di protestare con Washington. La commissione ha anche offerto una borsa di studio al piccolo Saulito, se si riunirà con la madre in Messico. La Arellano dice che il figlio è parte integrante della sua lotta, ma che gli lascerà la libertà di decidere se raggiungerla o rimanere nel Paese dove è cittadino per diritto di nascita.

Riaperto il dibattito sull’immigrazione. A prescindere da come finirà la sua avventura, l’espulsione di Elvira Arellano ha riaperto il dibattito sull’immigrazione negli Stati Uniti. Negli ultimi mesi la questione era stata momentaneamente accantonata, dopo che il Congresso di Washington ha fatto naufragare la riforma del sistema proposta dall’amministrazione Bush, che da un lato apriva un percorso verso la cittadinanza a circa 12 milioni di clandestini, dall’altro aumentava la sicurezza della frontiera con il Messico e fissava nuove regole più rigide. E se da un lato la Arellano è la paladina degli ispanici, dall’altro la sua insistenza irrita molti statunitensi, infastiditi dalla sua violazione delle leggi Usa e dall’uso politico del bambino. Il 12 settembre si vedrà chi avrà più voce.

Alessandro Ursic