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Certificato di idoneità alloggio e durata del contratto di soggiorno

Rispondiamo a questo quesito non perché vogliamo aiutare questo tipo di attività, che non rappresenta certo una forma di accesso al lavoro stabile e di tutela dei lavoratori, ma perché la domanda è rivolta comunque alla possibilità di regolare la posizione di un lavoratore extra comunitario che si vede porre qualche serio problema con riferimento alle novità introdotte dal nuovo regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini (Decreto del Presidente della Repubblica 18 ottobre 2004, n.334 – “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 33 (supplemento ordinario n. 17/L). D’altra parte, si tratta di un problema che ha appena iniziato a verificarsi ma che in realtà riguarderà tutti i lavoratori immigrati, non certo solamente i lavoratori occupati presso agenzie di somministrazione o di lavoro interinale, che comunque incontreranno questi problemi con maggiore frequenza e quindi ne soffriranno di più.
In altre parole, ci viene chiesto quanto segue: il certificato di idoneità alloggiativa è necessario per tutti i lavoratori extracomunitari che si accingono a stipulare un nuovo contratto di lavoro e sono già in Italia con regolare permesso di soggiorno, oppure serve solo per la prima assunzione dall’estero in base al noto regime delle quote (art. 3 del Testo Unico sull’Immigrazione)?
Innanzitutto precisiamo che questa domanda vale tanto per i rapporti di lavoro tramite agenzia interinale o agenzia di somministrazione, quanto per gli altri tipi di rapporto di lavoro con contratto a tempo determinato o indeterminato, direttamente stipulati con l’imprenditore.

Recentemente il Ministero del Lavoro con la circolare n. 9 dell’8 aprile 2004 (dando dapprima indicazioni circa l’applicazione del nuovo regolamento di attuazione della legge Bossi-Fini) ha precisato che per tutti i nuovi contratti di lavoro stipulati da lavoratori extracomunitari – anche già regolarmente soggiornanti – è necessario stipulare il modulo di contratto di soggiorno (si veda l’art. 5-bis del Testo Unico sull’Immigrazione) .
Anche chi ha il permesso di soggiorno in corso di validità e non ancora prossimo alla scadenza, se stipula un nuovo contratto di lavoro deve compilare il modulo del contratto di soggiorno e spedirlo all’U.T.G (sportello unico della Prefettura).
Nella circolare si parla solo del contratto di soggiorno e non anche del certificato di idoneità d’alloggio; ciò comporta una serie di problemi perché solo una modesta minoranza può permettersi con il proprio stipendio di pagare un appartamento abbastanza confortevole da poter passare al vaglio della certificazione di idoneità d’alloggio.
In altre parole, se una persona per poter lavorare in regola deve disporre di un alloggio che rispetti i parametri stabiliti dalla legge (quali la superficie minima rispetto al numero di occupanti), non saprebbe come pagarlo perché un simile alloggio nel libero mercato costa una cifra non adeguata alle più modeste possibilità economiche di un normale lavoratore.
A parte queste considerazioni fatte più volte che continuano a non trovare rimedio, sembra che vi sia una differenza tra chi ha il permesso di soggiorno in corso di validità e che, durante la validità dello stesso, stipula un nuovo contratto di lavoro/contratto di soggiorno e chi, invece, deve stipulare un nuovo contratto di lavoro (quindi, contestualmente, anche un contratto di soggiorno) al momento del rinnovo del permesso di soggiorno.

Se da un lato la circolare n. 9 del Ministero del Lavoro sopra indicata precisa che tutti – anche quelli che sono qui da prima del nuovo regolamento di attuazione – ogni volta che dovranno stipulare un nuovo contratto di lavoro dovranno anche compilare, con il datore di lavoro, il modulo di contratto di soggiorno per poi spedirlo alla Prefettura, va attentamente valutato se altrettanto si può ritenere per quanto riguarda la produzione dello specifico certificato di idoneità dell’alloggio.
Infatti, l’art. 13, comma 2-bis del nuovo regolamento di attuazione, prevede che il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è subordinato alla sussistenza di un contratto di soggiorno per lavoro, nonché alla consegna di autocertificazione del datore di lavoro attestante la sussistenza di un alloggio del lavoratore, fornito dei parametri richiamati dall’articolo 5 bis, comma 1, lettera a), del Testo Unico.

Alcune considerazioni
La disposizione sopra riportata ci fa pensare che l’adempimento della verifica sulla disponibilità di un alloggio idoneo debba avere luogo non in occasione di qualsiasi nuovo contratto di lavoro durante la validità del permesso di soggiorno, ma solo in occasione del rinnovo di ogni permesso di soggiorno.

Esempi pratici
– Se un cittadino immigrato trova lavoro durante la validità del permesso di soggiorno, quando magari manca ancora un anno o sei mesi alla scadenza, dovrà semplicemente compilare il contratto di soggiorno col datore di lavoro e, quindi, spedirlo.
– Diversamente, se la compilazione del contratto di soggiorno relativa al contratto di lavoro è contemporanea alla procedura di rinnovo del permesso di soggiorno, in base al nuovo regolamento di attuazione si dovrà anche far risultare la disponibilità di un alloggio idoneo in base ad una effettiva verifica -in relazione ai parametri sull’edilizia residenziale pubblica- ed alla relativa certificazione da parte dell’Ufficio Tecnico del Comune o da parte dell’Azienda sanitaria locale.

Anzitutto, un problema di interpretazione di questa norma (ci riferiamo solo alla fase di rinnovo del pds e non ai contratti stipulati durante la validità dello stesso), consiste nell’ambiguità del termine autocertificazione. Infatti, sembra che la questione dell’alloggio idoneo e, quindi, della disponibilità di un certificato di idoneità dell’alloggio, sia stata volutamente “semplificata” facendosi riferimento ad una semplice autocertificazione rilasciata dal datore di lavoro, che si assumerebbe in tal modo la responsabilità di avere verificato la disponibilità di un alloggio idoneo.

L’autocertificazione
Ma il termine autocertificazione trova nella legislazione una precisa e compiuta disciplina. In particolare nel DPR 28 dicembre 2000, n.445 (“Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa” – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 20 febbraio 2001- Supplemento ordinario n. 30), si dice all’art.46 che si possono sostituire una serie di certificati tipici (specificamente elencati) con “dichiarazioni sostitutive di certificazione” fatte dal diretto interessato, le c.d. “autocertificazioni”. La regola generale è che, comunque, possa formare oggetto di autocertificazione solo una circostanza che risulti già ufficialmente conosciuta o comunque accertata dall’amministrazione competente (si veda anche la definizione di certificato di cui all’art.1 dello stesso D.P.R.), ossia già nota all’Ufficio competente al rilascio della corrispondente certificazione cui si riferisce l’autocertificazione. Diversamente, quando non si tratti di sostituire un certificato tipico vero e proprio bensì di far constare in base ad una dichiarazione del diretto interessato stati, qualità personali e fatti che siano a sua diretta conoscenza, ci si riferisce alla c.d. “dichiarazione sostitutiva di notorietà”, vale a dire quel “documento sottoscritto dall’interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi, resa nelle forme previste dal presente testo unico” (v. artt.1 e 47 dello stesso D.P.R.).
Ma, proprio in base alla accennata distinzione tra “autocertificazione” e “dichiarazione sostitutiva di notorietà”, va da sé che non potrebbero trovare idonea e specifica attestazione mediante dichiarazione sostitutiva di notorietà quelle circostanze che, invece, dovrebbero trovare idonea attestazione solo per mezzo del corrispondente certificato tipico, salvo poi vedere se quel certificato rientri nell’elencazione di cui all’art.46 dei certificati che potrebbero essere sostituiti dall’”autocertificazione”. In altre parole, ciò che deve normalmente essere certificato può –e non in qualsiasi caso ma solo in quelli elencati dall’art.46– essere “autocertificato”, ma non può mai essere attestato in modo idoneo dalla dichiarazione sostitutiva di notorietà, che invece può riguardare solo circostanze diverse da quelle che tipicamente sono certificabili in base alla legge.
Ora, la legge Bossi Fini ha ampliato rispetto alla Turco Napoletano l’utilizzo del certificato di idoneità dell’alloggio, prevedendone espressamente la necessità (non più solo al fine dell’autorizzazione alla ricongiunzione familiare e del rilascio della carta di soggiorno, ma anche) per l’autorizzazione all’ingresso per lavoro. Tuttavia, bisogna rilevare che la legge citata non ha introdotto alcuna modifica o integrazione della citata normativa in materia di documentazione amministrativa. Quindi, anche se possiamo dire che il certificato di idoneità dell’alloggio è un certificato “tipico” appositamente creato da una legge dello stato, possiamo altresì dire che esso non può formare oggetto di autocertificazione, non essendo intervenuta alcuna modifica all’elencazione di cui all’art.46 del D.P.R. 445/2000. Meno che meno, dunque, ciò che dovrebbe risultare da un certificato potrebbe validamente risultare da una dichiarazione sostitutiva di notorietà. Ciò anche perché la verifica sull’idoneità dell’alloggio, non a caso demandata ai competenti organi tecnici, implica una verifica di natura professionale che non ci si potrebbe attendere legittimamente da un qualsiasi cittadino; per l’appunto, non si tratta di un mero fatto ma di un accertamento tecnico a tutti gli effetti. Ma anche se si ammettesse che l’idoneità dell’alloggio possa essere validamente autocertificata, in ogni caso il datore di lavoro potrà, al momento del rinnovo del permesso di soggiorno e del contratto di soggiorno, autocertificare la disponibilità di un alloggio solo se l’alloggio di cui dispone il lavoratore immigrato sia già stato oggetto di verifica da parte degli uffici competenti. Non potrà invece autocertificare qualcosa che non è mai stato verificato prima dagli uffici competenti e che, quindi, non potrebbe essere nemmeno dagli stessi certificato. Questa è l’interpretazione più restrittiva, ma se non altro quella più aderente alla formulazione della norma.

Tornando al quesito inviatoci, il requisito della previa verifica dell’idoneità dell’alloggio non viene espressamente considerato dalle norme citate. In particolare, l’art. 36 bis del nuovo regolamento di attuazione, con evidente riferimento alla stipula di nuovi contratti di lavoro durante la validità del permesso di soggiorno, prevede che “per l’instaurazione di un nuovo rapporto di lavoro, fermo restando quanto previsto dall’art.37, deve essere sottoscritto un nuovo contratto di soggiorno per lavoro, anche ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno di cui all’art.13”.

Dunque, mentre in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno l’art.13, comma 2 bis, richiede il certificato di idoneità o l’eventuale autocertificazione sostitutiva, in occasione di un nuovo contratto di lavoro durante la validità del permesso di soggiorno basta la semplice compilazione e l’invio del modulo “contratto di soggiorno” (allegato 25). Tuttavia, il problema che sembra uscire dalla porta, in realtà rientra dalla finestra, perché l’art.5 bis del T.U. definisce il contratto di soggiorno in base alle condizioni che esso deve indicare, fra le quali, appunto, “la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica” ; inoltre, il modulo di contratto di soggiorno (v. l’allegato citato) contiene l’espressa dichiarazione del datore di lavoro in base alla quale “la sistemazione alloggiativa del lavoratore indicata nel contratto è conforme ai parametri di legge e a richiesta dello Sportello Unico per l’Immigrazione sarà esibita la relativa certificazione rilasciata dal Comune o dall’ASL ovvero la domanda diretta ad ottenerla”.

In pratica, secondo la modulistica citata, anche in occasione della stipula di un nuovo contratto di lavoro, in costanza di validità del permesso di soggiorno (sia quello rilasciato per lavoro subordinato che per altri motivi), si dovrebbe assicurare l’idoneità dell’alloggio anche prima che sia stato rilasciato il relativo certificato, con una sorta di “autocertificazione” inserita all’interno della modulistica stessa.
Tuttavia, in base a quanto più sopra osservato, detta “autocertificazione”, letteralmente inventata dal regolamento di attuazione, non trova legittimazione alcuna nella normativa in materia (anche perché non sembra che un regolamento di attuazione possa autonomamente modificare un’elencazione tassativa prevista dalla legge relativamente ai certificati per i quali è ammessa l’autocertificazione), sicché a maggior ragione non si potrebbe pretendere nemmeno di poter considerare la dichiarazione al riguardo inserita nella modulistica come una dichiarazione sostitutiva di notorietà.
In buona sostanza, stando alla lettera del regolamento di attuazione, si ritiene che ogni contratto di soggiorno –anche fuori dai casi di rinnovo del permesso di soggiorno—debba fare riferimento ad una effettiva richiesta di verifica sull’idoneità dell’alloggio da parte delle autorità competenti, essendo ammesso comunque che il contratto venga perfezionato e si dia luogo all’inizio dell’attività lavorativa anche se nel frattempo non sia ancora stato rilasciato il certificato purché tuttavia risulti già effettivamente richiesto. Se invece risultasse che il datore di lavoro ha sottoscritto il modulo in mancanza di tali presupposti, dovremmo ritenere che egli si espone al rischio di procedimento penale per false dichiarazioni alla pubblica amministrazione (art.483 c.p.).
Come si può ben comprendere, le disposizioni del regolamento di attuazione appena commentate produrranno evidentemente delle conseguenze catastrofiche per i lavoratori immigrati ma anche più in generale per il mercato del lavoro, di fatto scoraggiando i rapporti di lavoro regolari e nelle migliore delle ipotesi costringendo i lavoratori (e i datori di lavoro) a sopportare sempre più lunghe attese forzate tra un lavoro e un altro.
Se da un lato risulta abbastanza evidente il significato della regolamentazione che si è voluta creare con tali disposizioni, al punto che esso non sembra prestarsi a diverse interpretazioni, è opportuno far presente che –piuttosto- sembra il caso di chiedersi se veramente possiamo considerare legittime tali disposizioni del regolamento, in altre parole, se veramente tali disposizioni risultano la corretta attuazione delle norme di legge in materia o se, invece, come sembra a chi scrive, risultano il frutto di un’arbitraria creazione di nuovi obblighi che non trovano realmente traccia nemmeno nel testo della legge Bossi-Fini. Su questo argomento, assai delicato, torneremo molto presto.

Vedi anche Contratto di soggiorno – L’idoneità dell’alloggio secondo il regolamento di attuazione della legge Bossi Fini