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da Il gazzettino del 27 aprile 2007

Cpt di Gradisca, scoppia la protesta dei clandestini

Attraverso i cellulari si appellano all'esterno: "Siamo prigionieri senza nulla da fae e c'è chi tenta il suicidio"

È l’ora di pranzo di ieri, quando dal Cpt di Gradisca d’Isonzo partono alcune telefonate alla redazione udinese del nostro giornale. Dall’altra parte del filo la voce di alcuni clandestini, trattenuti al Centro di permanenza temporanea, che denuncia una situazione grave all’interno della struttura.
Il contatto viene ripreso con Azuz Kaled, algerino che da 50 giorni è ospite del Cpt : «Ci trattano male qui dentro, mangiamo male, non possiamo avere i nostri vestiti ­ dice affannato ­ ed è tutta colpa della direzione».
Ma vi hanno aggredito, è intervenuta la polizia? «Non proprio, ma siamo stati maltrattati. Ma la polizia non c’entra, con loro è tutto tranquillo». Poi Azuz si calma e racconta di come gli ospiti forzati del centro protestino per la mancanza di alcune priorità e spiega: «Abbiamo a disposizione 10 sigarette a testa ogni due giorni, ma qui non c’è niente da fare, siamo trattati come i detenuti di guerra. È una situazione insostenibile per chi resta due mesi dentro, e poi ci controllano con i cani antidroga come se il problema fosse quello. C’è gente che tenta il suicidio. Abbiamo chiesto alla polizia che facciano entrare i giornalisti ma ci hanno detto che non è possibile, e questo solo perché non vogliono che vediate cosa succede qui».
Kaled non si ferma, incitato anche dalle voci dei suoi compagni (al momento al Cpt di Gradisca sono una cinquantina gli stranieri maschi trattenuti, e tre trans ospitate nel reparto donne perché invise ai musulmani): «L’altra notte un ragazzo ha bevuto della candeggina. Non c’era il medico e lui è rimasto un’ora a terra. Gridava dal dolore tanto che alla fine l’hanno portato in ospedale».
E poi racconta del caso di un tossicodipendente: «C’è un ragazzo tossico che non mangia da giorni, è in crisi, e non gli danno le terapie. Questo posto non è controllato».
A far scatenare la protesta di ieri, pare essere la richiesta di due ospiti di avere i propri abiti, a cui è seguito un no della direzione: «Hanno chiesto ­ dice ancora Azuz ­ di poter mettere i propri vestiti. Dopodiché sono stati portati nella zona rossa».
E cos’è la zona rossa? «Una specie di posto di isolamento». Lo sfogo dell’algerino, che dà voce anche ad altri suoi compagni, prosegue: «Ora siamo stati rinchiusi. Qui ci chiamano ospiti, ma siamo trattati come in carcere e non da clandestini. I pasti fanno schifo, ci hanno tolto le lamette da barba perché due di noi hanno cercato di tagliarsi e ora ci radiamo con una macchinetta in cinquanta. Non abbiamo nulla da fare. Se non chiediamo i giornali non ce li portano. Se uno non sa l’italiano è fregato. Il campo di calcetto è chiuso se non c’è l’operatore disponibile. L’unico gioco è il biliardino».
La notizia dei momenti di tensione è giunta anche all’orecchio del consigliere regionale di Rifondazione, Kristian Franzil che si è precipitato a Gradisca, tentando di entrare all’interno del Cpt : «Ho contattato il ministro Ferrero che intercedesse con il Prefetto Di Lorenzo per il mio ingresso, ma ciò non è stato possibile». Secondo Franzil è necessario che ci sia la possibilità, soprattutto nel momento in cui la richiesta viene esplicitata dagli immigranti, di accedere all’interno della struttura: «Domani (oggi per chi legge, ndr) dovrebbe far visita al Cpt la senatrice Menapace, che alla luce di quanto accaduto entrerà con qualche dettaglio in più, ed anche con più cose da chiarire. E attendiamo con fiducia la riunione del 2 maggio di tutti i Prefetti d’Italia che dovrebbe sancire l’ingresso libero nei Cpt , così da garantire un contatto diretto con i trattenuti».
Martina Apollonio


I gestori della struttura: “Facciamo più del possibile ma con persone di diverse etnie c’è sempre il rischio polveriera”

La risposta da parte del gestore del Cpt , la cooperativa Minerva, alle accuse fatte dai clandestini è arrivata puntuale dalla voce del presidente Adriano Ruchini e del direttore del Centro, Paolo Zotti. «Il servizio che diamo ­ ha spiegato Ruchini ­ è qualificato e certificato. Abbiamo da subito cercato di oltrepassare le misure fissate dalla convenzione per migliorare la qualità della vita all’interno del Cpt . Bisogna dire però che una situazione di convivenza fra diverse etnie, con soggetti di un certo tipo, può diventare una potenziale polveriera. Ma si tratta di tensioni che abbiamo sempre avuto sotto controllo. So di essere corretto e quando ci sono stati problemi li ho sempre segnalati. In questa occasione non ce n’erano».
Dello stesso parere il direttore Zotti: «È una situazione che si può verificare in una comunità di 50 persone che corrispondono a una decina di etnie diverse. Parliamo anche di persone che per la maggior parte arrivano da un’esperienza carceraria con pendenze penali».
Questo il quadro generale, ma Zotti risponde anche ad ogni singola accusa: «Ciascun ospite viene da noi fornito dell’abbigliamento. Il proprio vestiario viene archiviato e riconsegnato al momento dell’uscita. Questo per non creare discriminazioni e nemmeno situazioni che ingenerino invidie o cattiverie fra ospiti. I pasti sono forniti da un catering. Ogni mese concordiamo con i trattenuti un menù settimanale. I giornali locali e nazionali sono forniti quotidianamente. C’è un animazione giornaliera. Le sigarette previste per ciascuno sono di 5 al giorno, un numero fissato dalla convenzione. Gli ospiti però hanno la possibilità di farsi comprare delle sigarette in più. Per radersi abbiamo messo a disposizione 5 rasoi elettrici che vengono sterilizzati ad ogni uso».
Sull’argomento sanità Zotti puntualizza: «Il servizio di guardia medica all’interno del Cpt è stato ridotto a 12 ore, dalle 24 precedenti (6 sono le ore previste per convenzione). Ma il controllo è costante. In merito al caso del ragazzo che ha ingerito quella che loro chiamano candeggina, questo non è possibile perché la candeggina non è un prodotto che usiamo all’interno del centro. Ha ingerito un detergente blando, il Liljclean, e dopo una notte in ospedale è stato dimesso. Il caso del tossico, poi è un altro esempio di deformazione della realtà. Un tossico in crisi di astinenza non potremmo tenerlo. A chi si dichiara tossicodipendente viene fatta esplicita richiesta di essere seguito dal Sert, ma è da un anno che nessuno accetta questo aiuto».