Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Piccolo di Trieste del 20 giugno 2007

È sempre l’ospedale la via di fuga preferita dai clandestini del Cpt

Numerosi i casi negli ultimi mesi

Gorizia. È l’ospedale di Gorizia la via di fuga dal Cpt di Gradisca. Questa perlomeno l’impressione confermata una volta di più dall’episodio riferito ieri su queste pagine, la sparizione di un cittadino tunisino che, trattenuto nella struttura di permanenza temporanea di Gradisca, si trovava ricoverato al nosocomio di Gorizia per una serie di accertamenti. Da lì ha fatto perdere le proprie tracce semplicemente rivendicando il diritto all’autotutela sanitaria: ha rifiutato le cure (si trovava da alcuni giorni al reparto di Medicina per analisi su una patologia che non era stata ancora individuata) e, approfittando del fatto che in ospedale gli «ospiti» del Cpt non sono piantonati dalle forze dell’ordine, è di fatto sparito nel nulla.
Nei Cpt vengono trattenute le persone in attesa della ratifica del decreto di espulsione, ma se queste fuggono o semplicemente non ottemperano al provvedimento preso nei loro confronti, possono fondamentalmente tentare di ricostruirsi una vita – in clandestinità, ovviamente – finchè non verranno «pizzicate» nuovamente. Esiste, insomma, un vuoto legislativo che il ddl Ferrero-Amato, che sta rivedendo i dettami della precedente legge Bossi-Fini sull’immigrazione, tenterà di riempire in qualche modo, «alleggerendo» i Cpt come quello di Gradisca, destinati a una funzione di maggiore accoglienza e rafforzando la normativa sull’asilo politico anche attraverso una regolamentazione più chiara sui Centri di identificazione, che in Italia saranno sei, di cui uno proprio a Gradisca, 150 posti sempre all’ex Polonio, in un edificio sito di fronte al Cpt.
Quello che è certo è che tentativi di fuga (non ha nemmeno senso parlare di evasione) come quello dei giorni scorsi dal Civile di Gorizia sono tutt’altro che una novità. Magari spesso sono passati sotto silenzio, ma la stessa Minerva, l’ente che gestisce il Cpt gradiscano, conferma nella propria relazione sul primo anno di attività la frequenza con cui si verificano episodi di autolesionismo atti a portare a un ricovero in ospedale, dove le maglie della sorveglianza sono evidentemente più larghe. La relazione di Minerva sull’assistenza psicologica aveva affermato a chiare lettere come la struttura dopo molti giorni di permanenza tenda a «farsi sentire» sulle persone trattenute, per le quali in molti casi subentrano manifestazioni come attacchi di pianto e di panico sino ad episodi di vero e proprio autolesionismo: tagli alle braccia e l’ingurgitare materiali come batterie e bulloni sono stati episodi molto frequenti dal marzo dello scorso anno a oggi. Lo avevano confermato gli stessi «ospiti» nel corso della prima visita ufficiale concessa ai giornalisti: «Se vuoi continuare a vivere, devi rischiare di morire per uscire di qui» avevano raccontato.
l.m.