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Il razzismo e i suoi anticorpi. Al Lido nasce l’appello L.I.S.A.

E così che al Lido essere sì isola ma non isolati, diventare isola solidale e accogliente

Se la calunnia è un venticello, la disinformazione è un tornado. Tra quelle tre o quattro decine di persone che mercoledì scorso si sono mobilitate contro l’arrivo dei profughi al Lido non ne trovavi una che fosse informata su quanto stava realmente accadendo, su quali e quanti profughi sarebbero stati ospitati negli spazi della colonia Morosini, e per quanto tempo. “Diverse centinaia di persone” qualcuno diceva. “E altre ne arriveranno se non facciamo qualcosa” aggiungeva qualcun altro. “Tutti terroristi dell’Isis” paventavano altri. Tanto è vero che dal fondo del gruppo si levavano voci nascoste che urlavano “Assassini, assassini“.
Adesso, confondere chi fugge dagli assassini con gli assassini stessi, può significare solo due cose: disinformazione, come abbiamo già detto, o malafede. Due ingredienti che entrano a badilate in questa brutta storia.

La disinformazione intanto. Colpa nostra, che non sempre ci diamo la briga di esaminare nella sua completezza e sotto tutti i punti di vista, salvo poi parlare come se fossimo professori. Colpa anche dei giornalisti che si lasciano andare a sensazionalismi e sempre meno spesso vanno alla fonte della notizia per verificarla (il terrorista “veneziano” anzi no, tunisino, ucciso dalla combattente curda, è solo un esempio). Ma colpa anche di un Governo che continua a gestire una questione, come quella degli arrivi che oramai è endemica, con la consueta ottica dell’emergenza, lasciando campo ad improvvisazioni, demandando la coordinazione a personale non competente, aprendo spazi gestionali a dei veri e propri delinquenti, pronti a trasformare l’accoglienza in un business alquanto redditizio.

Poi c’è la malafede. Come quella di qualcuno in testa al gruppo dei protestatari, incazzato solo perché nel business sopra citato, questa volta non ci è entrato. Oppure come quella di politici senza scrupoli che leggono in situazioni come queste uno strumento utile per incrementare il loro bacino di consensi. Qui, tra tanti, facciamo solo il nome del segretario della Lega, Matteo Salvini, che non ha perso l’occasione di twittare una infamata dopo l’altra sulla pelle di un pugno di disgraziati.

Eppure, proprio la manifestazione contro i 37 profughi e la marea nera di cazzate che hanno sollevato nei social ha avuto perlomeno due effetti positivi. Uno, poco noto perché queste cose non girano nei giornali, è la forte presa di posizione del presidente dell’Ordine dei Giornalisti del Veneto, Gianluca Amadori, che ha scritto una lettera a tutti i colleghi invitandoli a seguire “un’informazione rigorosa e corretta“.

Partendo dalla considerazione che mai come in questi anni la credibilità dei massa media ha raggiunto livelli così infimi. Riferendosi anche alle troppe “bufale” pubblicate come notizie vere, il presidente ha invitato chi scrive ad “evitare sentimenti di ostilità generalizzata nei confronti di interi popoli o categorie o gruppi“. Ed ha concluso: “Ciascuno di noi può fare molto, nello svolgimento del lavoro quotidiano, per fermare l’attuale deriva“. Augurandoci che l’invito del presidente non rimanga inascoltato, ci permettiamo di ricordare che esiste anche un collegio di disciplina deontologica al quale chiunque può segnalare gli abusi compiuti dalla stampa.

Secondo e più importante effetto collaterale della manifestazione del Lido, è stata l’immediata e decisa presa di posizione contraria di tanti, tanti cittadini. Se il razzismo è una brutta malattia, come una brutta malattia produce anche i suoi anticorpi. L’anticorpo in questione è Lisa, acronimo per Lido Isola Solidale e Accogliente. Un appello lanciato da tante cittadine e cittadini residenti, dagli attivisti del nutrito arcipelago associazionista e ambientalista della Laguna e dalle ragazze e dai ragazzi dei centri sociali di Venezia. Persone che, come dicono in chiusura del loro comunicato, vogliono semplicemente “restare umani nel momento in cui qualcuno, giunto disperato da un’altra parte del mondo, ci chiede di fare spazio in quella che consideriamo casa nostra“.

Ai nostri concittadini – si legge nell’appello – chiediamo di non aver paura. Un tempo molti nostri nonni furono profughi, emigrati, esiliati. Un giorno potremmo esserlo noi, o i nostri figli. Invitiamo tutti a considerare cosa può significare un’accoglienza degna e dignitosa“.

Degna e dignitosa, appunto. Due parole che non sono state inserite a casa. L’accoglienza va bene ma che sia una accoglienza degna di questo nome, capace di dare una risposta ai bisogni dei profughi e che rispetti i bisogni di chi al Lido ci abita da una vita.

Un’accoglienza, per dirla tutta, come l’Italia non è mai stata capace di offrire. In questo senso, l’arrivo dei 37 rifugiati è una opportunità per cambiare strada e dimostrare al mondo e soprattutto a noi stessi che non solo l’isola del Lido, ma tutta la nostra penisola è Solidale e Accogliente.

Riccardo Bottazzo

Sono un giornalista professionista.
La mia formazione scientifica mi ha portato a occuparmi di ambiente e, da qui, a questioni sociali che alle devastazioni dei territori sono intrinsecamente legate. Ho pubblicato una decina di libri tra i quali “Le isole dei sogni impossibili”, edito da Il Frangente, sulle micronazioni dei mari, e “Disarmati”, edito da Altreconomia, che racconta le vice de dei Paesi che hanno rinunciato alle forze armate. Attualmente collaboro a varie testate cartacee e online come Il Manifesto, Global Project, FrontiereNews e altro.
Per Melting Pot curo la  rubrica Voci dal Sud.