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L’estensione e la parità dei diritti nel lavoro. La lotta alla precarizzazione

Intervento di Giorgio Cremaschi della Fiom nazionale

Venerdì 7 novembre si svolgerà lo sciopero promosso dalla Fiom, Cub-RdB.
Si tratta di uno sciopero contro la precarietà, per i diritti e la democrazia.

Uno sciopero importante anche per la partecipazione dei lavoratori immigrati.

La legge Bossi Fini è una legge che regola violentemente il mercato del lavoro in Italia. Se parliamo di precarietà della vita, di mancanza di diritti sui posti di lavoro e non solo, questo ragionamento vale doppiamente per i cittadini immigrati che, con le nuove norme sull’immigrazione, stanno vivendo in uno stato di vera schiavitù.

Il Ministro Bossi nei giorni scorsi ha detto “Bisogna trattare gli immigrati come merci”. Tutti hanno gridato allo scandalo ma forse si dimentica che gli immigrati vengono già trattati come merci.

Vi proponiamo parte del lungo intervento di Giorgio Cremaschi della Fiom nazionale, registrato durante l’assemblea svoltasi al Centro Sociale Rivolta di Marghera (Ve) in preparazione della giornata di sciopero. Si tratta di una riflessione sulla necessità della generalizzazione dei diritti non solo all’interno nei posti di lavoro ma nell’intera vita sociale.

Ma qual’è la situazione dei lavoratori immigrati che lavorano?

R: L’estensione dei diritti nel lavoro è una questione di fondo che riguarda la lotta alla precarietà. Credo che dovremmo cominciare ad affrontarla sotto ogni punto di vista: salario, reddito sociale, diritti. Altro grande aspetto sono la precarietà e la flessibilità selvaggia che sono il male del lavoro del nostro tempo e che rappresentano il tentativo di schiavizzarlo.

Altro aspetto importante: la parità dei diritti. Sento che su questo abbiamo ancora un ritardo anche se qualche passaggio in più lo abbiamo già fatto perché siamo più coinvolti. La nostra categoria ha ormai dal 15 al 30% di immigrati che lavorano all’interno delle fabbriche.
Non dobbiamo stancarci di gridare la vergogna per il fatto che ci sono persone che vengono in Italia e sono trattate come – se gli va bene – i meticci dell’antica Grecia. Non hanno diritti civili, sono persone private. Ora, con la legge Bossi Fini, capite bene quale sia l’enorme ricatto nei loro confronti.
Un rappresentante Fiom della Valle Canonica ha raccontato che in una fabbrica dove 30 lavoratori pakistani precedentemente si erano iscritti al Fiom un giorno, all’improvviso, tutti insieme hanno disdetto le tessere. E non si riusciva più a parlargli.
Pensate che sia una scelta dovuta ad un dubbio sulla nostra linea politica? Non credo proprio! C’è stata una pressione nei loro confronti.
Quando il padrone ti assume e oltre ad assumerti ha in mano anche il tuo contratto di soggiorno – prima aveva solo il contratto di lavoro ora ha anche questo tipo di contratto – può licenziarti, mandare a casa te e alla tua famiglia.
Siamo di fronte alla schiavitù. Io sento quello che abbiamo di fronte come la vergogna delle vergogne, su cui non è più sufficiente scandalizzarsi. Su cui solo il fatto di dover discutere di questi temi (posti in maniera forte dalla lega) in termini di difesa è vergognoso.
I migranti di devono sempre giustificare. Ma lei è proprio per bene? E’ sicuro di non essere venuto qui per delinquere? Ecco, questo è un altro punto fondamentale.
Credo che la parità assoluta dei diritti dei migranti nella nostra società, non solo sul voto, è il punto su cui si gioca la civiltà, la democrazia e la tenuta del movimento sindacale.