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tratto da: Terranews.it

Niente espulsione se con figli minori

La Cassazione accoglie il ricorso del genitore irregolare. Deve prevalere la tutela del fanciullo.

Non si tratta di una deroga, né di un’eccezione. Chi, anche clandestinamente, si trova sul territorio nazionale non può essere allontanato se ha la responsabilità di un figlio minore. A ribadirlo, la Corte di Cassazione che ha dovuto esprimersi sul ricorso di un cittadino africano irregolarmente soggiornante in Italia. La sentenza, depositata ieri con il numero 823/10, è giunta dopo che l’uomo ha tentato infruttuosamente gli altri gradi di giudizio vedendosi negare dal Tribunale dei minori di Milano l’autorizzazione a richiedere il prolungamento del permesso. Nonostante, va ricordato, la giurisprudenza della Suprema Corte sia uniforme nel sancire la prevalenza dei diritti del fanciullo su qualsiasi altro interesse che possa motivare l’espulsione dello straniero.

Dunque, il genitore extracomunitario si è visto concedere il prolungamento per ulteriori due anni della sua permanenza in Italia perché, ha scritto il giudice, «non può ragionevolmente dubitarsi che per un minore specie se in tenerissima età, subire l’allontanamento di un genitore, con conseguente impossibilità di avere rapporti con lui e di poterlo anche soltanto vedere, costituisca un sicuro danno che può porre in serio pericolo uno sviluppo psicofisico, armonico e compiuto». Una motivazione ritenuta sufficiente perché il bene della sicurezza e ordine pubblico, tanto richiamato in tema di immigrazione, retroceda.

«La Corte non ha fatto altro che applicare la normativa di tutela del fanciullo, stabilita in molte norme internazionali e nello stesso Testo unico che regola la materia immigrazione», ha spiegato l’avvocato Claudia Moretti, che affianca l’attività legale alla consulenza presso lo sportello Aduc immigrazione. Nulla di straordinario, insomma, se è lo stesso articolo 31 di quella legge, richiamato nella sentenza, che riconosce «allo straniero adulto la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno, necessariamente temporaneo o non convertibile in permesso per motivi di lavoro» laddove esistano «gravi motivi connessi allo sviluppo psicofisico, all’età e alle condizioni di salute del minore». Certo, occorre valutare caso per caso la presenza di quei «gravi motivi», ma per la Cassazione «la norma evidenzia chiaramente l’interesse tutelato, il diritto del minore alla famiglia, a mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori». Un’interpretazione, questa, che può ritenersi acquisita perché già nel giugno dello scorso anno la Cassazione si espresse analogamente su un caso simile. Allora si trattava di garantire il soggiorno alla madre, pur se il padre era in possesso del permesso, affermando il diritto del bambino alla bigenitorialità delle cure.

Oggi come allora, però, la posizione degli “ermellini” non assicura che l’ordine di espulsione non sarà eseguito in altre occasioni. «I pronunciamenti della Cassazione non sono tecnicamente vincolanti», ha chiarito Moretti, «sebbene dettino importanti regole a livello interpretativo». Se i singoli giudici sono liberi di distaccarsene, però, la pronuncia si ieri conferma un’orientamento e garantisce, per chi ha i mezzi e le risorse per affrontare una battaglia legale fino all’ultimo grado di giudizio, di nutrire più di una speranza.