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Quali sono i tempi di rinnovo del permesso di soggiorno?

L’art. 22 del T.U. sull’Immigrazione (modificato dall’art.18 della Legge 30 luglio 2002, n. 189, c.d. legge Bossi – Fini) stabilisce al comma 12, che il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto nei termini di legge il rinnovo, è punito con l’arresto da tre mesi ad un anno e con l’ammenda di 5 mila euro per ogni lavoratore impiegato. Si evidenzia che la norma suddetta come modificata, ha aggravato la sanzione penale per il datore di lavoro.

Abbiamo già segnalato la novità che caratterizza la nuova formulazione della norma appena citata a seguito della legge Bossi – Fini e cioè che si ammette in maniera non equivoca il diritto di proseguire il rapporto di lavoro regolarmente durante la fase del rinnovo del pds. Quindi se ci fossero dei “tempi morti” tra la scadenza del pds e il rilascio del nuovo p.d.s., (a condizione che sia dimostrabile l’avvenuta presentazione della richiesta di rinnovo con la ricevuta rilasciata dalla questura) il rapporto di lavoro può proseguire in modo perfettamente regolare.

A questo proposito ci si chiede quale sia il termine entro il quale deve essere chiesto il rinnovo del permesso di soggiorno.

Prima che il Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286) venisse modificato dalla legge Bossi – Fini, l’art. 5 comma 4, dello stesso prevedeva che la domanda di rinnovo del pds doveva essere presentata alla competente questura, almeno 30 giorni prima della scadenza. A seguito della modifica apportata dall’art.5 della legge Bossi – Fini, lo stesso comma 4 prevede ora di presentarla almeno novanta giorni prima della scadenza nel caso si tratti di pds di durata superiore ad un anno, sessanta giorni prima se si tratta di pds di durata di un anno e trenta giorni prima nei casi restanti. Ebbene, l’indicazione di un termine diverso non modifica l’impostazione della norma e, rispetto alla vecchia formulazione, di nuovo c’è soltanto l’anticipazione del termine entro il quale si deve procedere alla presentazione del rinnovo del p.d.s..
Ma ciò non comporta altre modifiche rispetto al testo della normativa citata e, soprattutto, nè nella vecchia legge, nè nella nuova è previsto che l’inosservanza del suddetto termine comporti l’erogazione di una qualche sanzione nei confronti del lavoratore o del datore di lavoro. Anzi, la più corretta interpretazione porta a individuare come vero termine di scadenza (che se superato porta alla perdita del pds) quello dei 60 giorni successivi alla scadenza del pds. Infatti l’art. 13 del T.U. (Espulsione amministrativa) al comma 2, lettera b, prevede che sia considerato come straniero in condizione irregolare, colui il quale era in possesso di un pds ma, essendo scaduto da più di 60 giorni, non possa dimostrare di avere già richiesto il rinnovo dello stesso. Si stabilisce infatti che il prefetto debba disporre l’espulsione dello straniero che “si è trattenuto nel territorio dello Stato senza aver richiesto il permesso di soggiorno nel termine prescritto, salvo che il ritardo sia dipeso da forza maggiore, ovvero quando il permesso di soggiorno è stato revocato o annullato, ovvero è scaduto da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo”.

Se è vero che è irregolare e da espellere colui che non dimostra, entro i 60 giorni successivi alla scadenza del pds, di essersi attivato per richiederne il rinnovo (con tanto di ricevuta) e se questa è la condizione richiesta dalla norma che può comportare legittimamente l’espulsione del lavoratore, si dovrebbe ritenere che questo stesso termine debba essere applicato anche ai fini della regolare prosecuzione del rapporto di lavoro.

In altre parole quando la legge (art. 22, comma 12 del T.U. sopra citato) dice che è punito “il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze un lavoratore con pds scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo” si dovrebbe ritenere che i termini sanzionatori cui riferirsi sono quelli previsti per sanzionare il lavoratore. Non avrebbe senso dire che il lavoratore deve essere espulso se non dimostra di avere richiesto il rinnovo del pds entro i 60 giorni dalla scadenza, ed escludere la possibilità di proseguire regolarmente il rapporto di lavoro.

Con la sentenza n. 7892 del 20 maggio 2003, la Corte di Cassazione ha stabilito che i termini previsti dalla legge per la presentazione della richiesta di rinnovo del pds, non hanno un carattere perentorio. Ciò significa che, se anche il lavoratore presenta la domanda di rinnovo del pds oltre i 60 giorni successivi la scadenza, non incorre in nessuna sanzione e non è soggetto ad espulsione automatica. La sentenza conferma peraltro un’ orientamento identico che era stato espresso anni fa dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 870 del 1999.

Ma allora se un lavoratore, per tutta una serie di motivi, non riesce ad inoltrare la domanda di rinnovo 90 giorni prima della scadenza diventa un cosiddetto clandestino? No, ci conferma la magistratura, perché il termine vero, oltre il quale non si può andare, è quello dei 60 giorni successivi alla scadenza del pds.

Allora in una situazione del genere il rapporto di lavoro dovrebbe proseguire, perché non avrebbe senso sanzionare con una condanna penale il datore di lavoro che prosegue il rapporto durante la pendenza della pratica di rinnovo, se poi il lavoratore ha il diritto di rimanere in Italia e non può essere soggetto ad espulsione. Questo almeno secondo la logica e il buon senso.

L’interpretazione diffusa tra molti imprenditori è quella che se un lavoratore non dimostra di avere richiesto il rinnovo del pds entro il termine previsto dalla legge (90 giorni – art. 5, comma 4, T.U. citato) il datore di lavoro dovrebbe sospendere il lavoratore fino a quando gli verrà rilasciato l’effettivo pds nel testo originale; non basta, quindi, la copia ma è richiesto il rilascio dell’autentico permesso di soggiorno. Tutto ciò comporta evidentemente tempi di attesa lunghissimi. Si deve inoltre precisare che in moltissime questure non si segue esattamente la procedura prevista dalla legge, ovvero non si rilascia immediatamente all’interessato la ricevuta relativa all’inoltro della domanda di rinnovo del p.d.s., ma, a causa dell’ “intenso traffico”, vengono fatte solamente delle “prenotazioni per l’appuntamento” che, come tali, non costituiscono una vera e propria ricevuta.

Ecco, quindi, che in molte questure abbiamo una prima fase in cui lo straniero, anche se si presenta nel termine previsto dalla legge dei 90 giorni prima della scadenza, non ottiene subito una ricevuta, ma solo un biglietto in cui viene fissata la data (magari lontana nei mesi) per presentarsi al fine di inoltrare la documentazione. Si apre, quindi, una seconda fase, perché, una volta presentatosi nel giorno stabilito, l’interessato non ottiene ancora il pds, ma solo la ricevuta della richiesta di rinnovo del p.d.s.; dovrà poi restare ad attendere il permesso vero e proprio.

La novità introdotta dalla legge Bossi Fini all’art. 22, comma 12 del T.U. (ovvero la precisazione di proseguire il rapporto di lavoro durante la procedura di attesa del rinnovo) se non altro conforta perché consente di assicurare continuità ai rapporti di lavoro. Ma l’interpretazione restrittiva della norma denunciata nel quesito, per cui solo se e in quanto lo straniero dimostri di avere richiesto entro i 90 giorni prima della scadenza il rinnovo del pds si può proseguire il rapporto di lavoro, rischia di creare notevoli disagi e di ripercuotersi sui rapporti di lavoro.

Nel quesito è stato spiegato che cosa succede a quelle persone che devono rinnovare il pds e la lentezza della procedura per il rinnovo appena delineata spiega perché molti lavoratori non osservano il termine richiesto dalla legge, proprio perché perderebbero in tal caso il possesso del pds e la possibilità di tornare a casa per le ferie e trascorrere un breve periodo con i loro familiari.

Il problema dell’interpretazione di questa normativa è quindi quello di capire qual è il vero termine da rispettare. Il termine dei 90 giorni antecedenti la scadenza è solo ordinatorio, come tale sprovvisto di sanzioni? Si tratta solamente di un “consiglio” allo straniero volto a garantire una continuità del suo periodo di soggiorno? In linea teorica chiedendo 90 giorni prima della scadenza del p.d.s. il rinnovo dello stesso, si dovrebbe ottenere il rilascio del nuovo documento nei termini della sua scadenza originaria e, quindi, non si dovrebbe “soffrire” la sistematica interruzione del possesso di un pds originale in corso di validità.

Se il suddetto sia un termine perentorio è questione alquanto discutibile perché la Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di un termine puramente ordinatorio, cioè un termine che è opportuno rispettare per evitare una soluzione di continuità nel possesso del pds e consentire una serie di adempimenti (l’iscrizione anagrafica, la patente, ecc). Ma si evidenzia che, per quanto riguarda la prosecuzione del rapporto di lavoro è intervenuta una norma (il già citato art. 22, comma 12, T.U.) che ha precisato che il datore di lavoro commette un reato soltanto se mantiene al lavoro una persona che non abbia rispettato l’obbligo di richiedere il rinnovo del pds nei termini di legge.

Sulla base dell’orientamento sopra delineato della magistratura, riteniamo che l’unico termine di legge che è obbligatorio rispettare (pena l’espulsione del lavoratore straniero e la condanna penale del datore di lavoro) è quello dei 60 giorni successivi alla scadenza del pds.

Un consiglio di prudenza – è utile rispettare il termine previsto dalla legge e chiedere, quindi, effettivamente il rinnovo del pds almeno 90 giorni prima della scadenza.
Allo stesso tempo non possiamo considerare legittima la prassi seguita da quelle aziende che, nel caso in cui l’interessato non dimostri di avere rispettato il termine, sospendono il lavoratore per riprenderlo solo quando è pronto l’originale del nuovo pds, anche perchè la sospensione, visti i tempi di rinnovo sopra evidenziati, potrebbe essere di diversi mesi.