Per la libertà di movimento, per i diritti di cittadinanza

da Il Manifesto del 22 agosto 2006

Il rom di Amato finisce nel cpt

A Ferragosto davanti al ministro dell'Interno si era autodenunciato: «Sono nato in Italia, ma rimango clandestino».

Roberto Pignoni

A Ferragosto il ministro degli Interni si è fatto riprendere dalle telecamere mentre scherzava con i bambini rom del campo di via dei Gordiani. Un ragazzo, Zvonko, lo ha preso in parola e gli ha chiesto come mai è costretto a vivere da clandestino, pur essendo nato e cresciuto a Roma. Il suo gesto ha reso di dominio pubblico la condizione di moltissimi giovani «dimenticati» dal disegno di legge sulla cittadinanza che lo stesso Amato ha varato il 6 agosto: una legge che taglia fuori alcune decine di migliaia di persone come Zvonko, nate in Italia ma destinate a rimanere «invisibil», senza diritti. I telegiornali hanno inquadrato il ministro mentre conversava con Zvonko, interessandosi al suo caso, come un buon padre di famiglia.

Non è passata una settimana e la Polizia si è presentata al campo e ha tirato giù dal letto Zvonko, per un «controllo dei documenti». Oltre che su di lui, si sono accaniti sulla famiglia di Slobodan – che vive da 31 anni in Italia ed è invalido civile al 100%. A Slobodan alcuni anni fa la sinistra di governo tolse la pensione di invalidità, subordinandola al possesso della mitica carta di soggiorno, merce rara nei campi rom. L’anno scorso fu la destra a espellere in Serbia sua moglie Koleta, che si prendeva cura di lui per la dialisi e il resto. Koleta ha vinto il ricorso contro l’espulsione ed è rientrata in Italia per stare accanto al marito. Non ha atteso il beneplacito della Questura e ieri la polizia del nuovo governo l’ha prelevata all’alba, come un anno e mezzo fa. Insieme a lei, hanno preso il padre di Slobodan, Milos, un anziano signore che non aveva esitato a donare un rene al figlio per cercare di guarirlo.

Il 21 marzo dell’anno scorso altre 4 persone, oltre a Koleta, erano state prelevate a via dei Gordiani e chiuse a Ponte Galeria. Erano tutti nati in Italia. Tre di loro furono espulsi in Serbia, mentre i loro bambini rimanevano a Roma. La vicenda aveva attirato l’attenzione dei media e il dirigente della Questura, intervistato da Rai1, promise che le autorità avrebbero posto riparo al torto. Com’era prevedibile, non se ne fece nulla. Ieri mattina si è replicato lo stesso copione: con Zvonko, Koleta e Milos, sono stati portati via altri 6, alcuni dei quali seriamente malati. Quasi tutti nati qui, ma privi di documenti di soggiorno. È la situazione che Zvonko aveva esposto al ministro, che era apparso comprensivo e sorridente e anche un po’ sorpreso, davanti a questo ragazzo che si autodenunciava con tanta naturalezza. Ora Koleta è in carcere e Zvonko è stato chiuso nel cpt di Ponte Galeria. Gli tengono compagnia Milos, senza un rene, e Simona – anche lei malata, anche lei nata in Italia, anche lei senza un paese che la riconosca e verso il quale possa essere espulsa. A sei giorni di distanza, il volto amabile dello Stato ha riacquistato i connotati di sempre. I bambini, vezzeggiati di fronte alle telecamere per il Ferragosto, sono avvertiti. Abbiamo scherzato, non fatevi illusioni sul futuro.