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dal Messaggero Veneto del 21 novembre 2006

Sguardo meticcio con protagonisti scrittori emigrati

È tornato in regione “Sguardo meticcio”, il Festival di letteratura della migrazione, giunto alla terza edizione. La manifestazione, che ha visto protagonisti molti scrittori emigrati da diverse parti del mondo e ora residenti in Italia, si è aperta proprio a Gorizia lo scorso 15 novembre nell’Enosteria “Ai popoli” in via Ascoli, dove lo scrittore senegalese Cheik Tediane Gaye ha presentato il suo secondo libro “Mery principessa albina”. Sempre a Gorizia, il 16 novembre, la libreria “Equilibri” di via Seminario ha ospitato un altro scrittore di origine senegalese, Mbacke Gadji, il quale ha proposto al pubblico il suo ultimo lavoro letterario, “Nel limbo della terra”, Edizioni dell’Arco. Si tratta di un gradito ritorno, quello di Mbacke, che ha accompagnato “Sguardo meticcio” fin dalla prima edizione.
Lo scrittore, senegalese di Nguith, ha lasciato il suo paese nel 1986. Dopo aver abitato in Francia e a Milano, dal 2005 risiede a Lugano. Ha pubblicato diverse raccolte di fiabe africane e romanzi, tra cui “Numbelan; il regno degli animali”, “Lo spirito delle sabbie gialle”, “Pap, Ngagne, Yatt e gli altri” e “Kelefa, la prova del pozzo”. Nel presentare lo scrittore, Giovanni Fierro, titolare della libreria, ha affermato che «parlare di sguardo meticcio significa anche parlare di Gorizia», definendo il capoluogo isontino “città meticciata” per il suo carattere storicamente riconosciuto come multiculturale e multietnico. Gadji definisce se stesso «un analfabeta che scrive», per il carattere essenzialmente orale della tradizione letteraria a cui si ispira. Nel corso dell’incontro, lo scrittore ha raccontato com’è avvenuto il suo avvicinamento alla letteratura. Merito della nonna, che, fin da quando era piccolo, ha accompagnato la sua infanzia con il racconto di mille storie, le fiabe della tradizione orale africana, spesso rielaborazioni di miti e leggende. Questo bagaglio culturale rimane nella mente e nel cuore di Gadji per anni e lo accompagna nella sua migrazione prima in Francia e poi in Italia. È solo dopo la morte della nonna che Mbacke decide di riportare quelle storie in versione scritta, spinto dalla necessità di recuperare il legame con il passato e con la propria identità culturale africana.
Come nella maggior parte dei suoi racconti, anche “Nel limbo della terra” s’intrecciano momenti di storia, mitologia e l’atmosfera magica africana. Ritorna qui il mito della donna fecondata da uno spirito che dà vita a un bambino prodigio (mito che deriva dalla religione animista africana). Il passato mitico s’intreccia con il presente attraverso la storia della migrazione del ragazzo in Europa e della sua sofferenza per il contesto di violenza e di guerra in cui vive. Dominano la narrazione un sentimento di perdita e di nostalgia e il tema della ricerca della pace. Parlando della letteratura della migrazione, Gadji si è soffermato soprattutto sulla difficoltà che attraversano molti scrittori stranieri nel riportare le loro storie in una lingua che non è la propria.
«Nel viaggio lungo delle parole – così lo ha definito lo scrittore – dall’Africa, alla Francia all’Italia, si rischia di perdere gran parte del significato originale del racconto». «La sostanza – secondo Gadji – dovrebbe rimanere la stessa, la forma risulta necessariamente adattata». Di qui deriva quello che lo scrittore chiama scherzosamente «analfabetismo», il quale è brillantemente superato grazie alle doti narrative come moderno “storyteller” per cui non si finirebbe mai di ascoltarlo, mentre con lo sguardo pare ripercorre in un lampo migliaia di chilometri dal “bosco africano” alla metropoli occidentale. “Sguardo meticcio”, appunto.
Cristina Coari