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Festival delle Migrazioni: una promessa da mantenere

Alcuni appunti dall'incontro “Ferrovie sotterranee”

Foto di Marioluca Bariona

Dal 20 al 24 settembre si è svolta la quinta edizione del Festival delle Migrazioni di Torino. Come recita la brochure, cinque giornate di spettacoli, concerti, incontri e workshop hanno animato diversi luoghi della città.

Tra questi, domenica 24 alle 11.30 in collaborazione con il Magazzino resistente di Torino, si è tenuto l’incontro dal titolo “Ferrovie sotterranee”. L’iniziativa prende il nome da quelle reti informali di antischiavisti che nell’‘800 fornivano supporto alle persone afroamericane schiavizzate negli Stati Uniti.

Purtroppo, cambia il luogo e il tempo ma non il razzismo dato che all’iniziativa sono state invitate numerose realtà che sul territorio italiano e nelle zone di confine praticano la solidarietà nei confronti delle persone migranti: Associazione Linea d’Ombra ODV di Trieste, Collettivo Rotte Balcaniche Alto Vicentino, Rete Milano ODV, Como Accoglie ODV, Carovane Migranti di Torino, Rifugio Fraternità Massi di Oulx, Progetto 20k di Ventimiglia, No Name Kitchen NNK di Ventimiglia, Mediterranea Saving Humans, Baobab Experience di Roma.

Alla domanda “A che punto è la notte?” i diversi ospiti hanno dato un loro punto di vista circa la difficile situazione italiana. A descrizioni più pessimiste portate da alcune realtà presenti in città dove le istituzioni latitano o sono palesemente ostili, si sono alternate riflessioni circa l’importanza del lavoro di cura come atto politico e il passaggio dei e delle migranti come atto intrinsecamente sovversivo. Le varie realtà registrano in generale un aumento dei passaggi che spesso immobilizza le organizzazioni sulla risoluzione di problematiche impellenti e immediate, rendendo difficile una progettualità sempre più necessaria.

Forti e vividi sono stati i racconti di chi si trova a curare le ferite delle torture della polizia bulgara, di quanti intercettano i barconi di immigrati che arrivano a Tenerife carichi di corpi senza respiro o di chi cerca di recuperare migranti dispersi nei boschi di notte al confine con la Turchia.

Le varie realtà hanno fatto proposte per il futuro e hanno dato indicazioni pratiche su come sia possibile aiutarle concretamente nella loro azione quotidiana di opposizione al sistema mortifero dei confini. “La notte finisce quando comincia il giorno e il giorno siamo noi. Quindi dobbiamo chiederci, noi, a che punto siamo?“.

In una bella giornata di sole, vecchi e nuovi amici si sono incontrati per stringere legami di intolleranza verso la barbarie. Un sorriso può essere fermo nel suo dire no alla morte. La tavola si è sciolta con le parole di Enrica Donatini, una delle organizzatrici: siamo tanti, siamo molti più di quello che vogliono farci credere. Smettiamo di commiserarci e agiamo con coraggio. Questo è stato un saluto e una promessa.

La fotogallery di Marioluca Bariona

Simone Zito

Sono nato a Torino nel 1986. Filosofo, insegnante per scelta e scrittore di fiabe per diletto. Dal 2014 mi occupo di educazione libertaria teoricamente e praticamente, dando vita a esperienze educative informali.
Dal 2021 iniziano i viaggi nei Balcani a studiare la rotta balcanica a stretto contatto con i migranti respinti. Sempre nel 2021 esce «Rott’amare. La feroce accoglienza europea nei Balcani» edito da OGzero.