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Vicenza – Il cerchio si stringe intorno ai phone center

Entra in vigore l’ordinanza che impone nuove regole agli esercizi. I gestori si ribellano. Sabato alle 15.30 un presidio.

Anche Vicenza confeziona la sua ordinanza repressiva contro gli esercizi commerciali dei migranti.
Con due diverse disposizioni, il Comune, impone per i phone center, nuovi e discriminatori standard, con il risultato di rendere pressoché impossibile l’esercizio dell’attività.

E’ una sequenza di avvenimenti, quella relativa alle norme che colpiscono i phone center, che ha attraversato diverse regioni, a partire dalle leggi speciali previste dal decreto Pisanu, fino alle ultime ordinanze di questi giorni, passando per la legge regionale che in Lombardia ha dato il là a questa escalation di provvedimenti restrittivi.

Le ordinanze, che oltre a prevedere standard particolari, non richiesti per altre attività commerciali, come ad esempio il doppio bagno, o l’allargamento delle cabine, peraltro prevedendo misure superiori a quelle delle normalissime cabine telefoniche distribuite nelle nostre città, interviene anche sul piano degli orari. Chiusura alle ore 22 delle attività e soprattutto, impossibilità dell’apertura domenicale.
Le ire dei gestori e degli utenti non si sono fatte attendere. I tempi previsti per gli ammodernamenti sono impossibili, così come le modifiche strutturali richieste.
Inoltre, per i migranti presenti sul territorio, i phone center rappresentano un luogo di socialità molto importante e l’unico modo per mettersi in contatto con le famiglie nei paesi d’origine. Alla faccia del diritto all’unità familiare.

Abbiamo intervistato l’ Avv. Roberto Malsani, del Coordinamento Migranti di Verona, che ha preso le parti del Comitato dei gestori e degli utenti dei phon center, promuovendo, oltre ad alcune azioni legali, una petizione che ha accompagnato le iniziative a sostegno di questa campagna.

Il testo dell’intervista.
D. Oggi entra in vigore l’ordinanza del Comune di Vicenza relativa ai phone center, dove trova ispirazione?
R. “La vicenda parte da una ordinanza del Sindaco di Vicenza che recepisce le una delibera regionale, di valore non coattivo, che però invitava i comuni a porre delle norme, soprattutto dal punto di vista della sicurezza e degli aspetti igienico sanitari, che dovrebbero regolamentare le attività dei phone center, in preparazione di una legge regionale che verrà emanata, come è già avvenuto in Lomabardia, fra qualche tempo”.

D. Come era la situazione in precedenza?
R. “Bisogna precisare che per anni, i phone center, hanno potuto agire liberamente senza alcun tipo di prescrizione di questo tipo, era sufficiente semplicemente la denuncia di inizio attività.
Ci troviamo davanti ad un tessuto, e questo è un problema che riguarda tutta Italia e che ad esempio in Lombardia ha creato chiusure di intere catene di phone center, in cui i gestori potevano aprire liberamente queste attività.
All’improvviso si pretende di imporre norme assai restrittive”.

D. Come intervengono queste norme?
R. “Per esempio, la creazione di uno spazio di fuga, il secondo bagno obbligatorio, distinto da quello messo a disposizione per gli utenti, spazi per la sosta degli utenti, l’ampliamento delle cabine, e di seguito, tutta una serie di prescrizioni che costringono spesso i phone center a chiudere, perché normalmente non si tratta di esercizi molto grandi e quindi è difficile, se non impossibile, adeguarsi agli standard realizzando questi interventi.
Senza dimenticare i costi ai quali si dovrebbe andare incontro.
E’ evidente che non si tratta semplicemente di una questione tecnica, peraltro facilmente superabile, cito il caso dell’Emilia Romagna che sembra aver disposto quantomeno il fatto che le modifiche vengano lasciate al contraddittorio tra amministrazione, gestori ed utenti”.

D. A Vicenza?
R. “A Vicenza si è intervenuti con mano pesante lasciando solo 90 giorni per adeguarsi all’ordinanza. Così diventa tutto più difficile, se non impossibile”.

D. Il lavoro nero degli irregolari nei cantieri del caporalato è ben accetto, queste ordinanze invece si propongono di intervenire sulle attività di quei migranti che escono dalla posizione subordinata a cui sembrano essere destinati. Cosa ne dici di questa lettura?
R. “Ci sono due esempi eclatanti di questo clima di repressione delle attività legali intraprese dagli immigrati, quando tentano di farsi imprenditori, e quindi di fare in qualche modo concorrenza in alcuni settori del commercio. Uno è il caso dei phone center, l’altra è quella dei venditori ambulanti che spesso hanno la licenza ma vengono comunque inseguiti dalla polizia per essere arrestati e a cui viene sequestrata la merce. Questi vengono poi sottoposti ad un processo penale con il conseguente ritiro del permesso di soggiorno.
E’ evidente quindi che le mafie sui cantieri edili sono ben accette mentre il tentativo dei migranti di recuperare reddito attraverso il commercio viene puntualmente represso e limitato con questo tipo di interventi”.

D. A che punto è oggi la situazione di Vicenza rispetto alle azioni contro questa ordinanza?
R. “Abbiamo avviato una prima trattativa con l’Assessore che ha portato ad una proroga che è purtroppo scaduta. Ma le dichiarazioni che vengono ora diffuse dal Comune sono di totale chiusura.
Questo significa che, nonostante le controproposte che abbiamo fatto, ricordo che abbiamo accettato tre dei cinque punti dell’ordinanza, l’atteggiamento che ci troviamo ad affrontare è palesemente discriminatorio. Qualcuno ci dovrà comunque spiegare perché il secondo bagno destinato al personale non è previsto anche nei bar gestiti dagli italiani, nelle discoteche o negli altri spazi di socialità”.

D. I phone center sono appunto anche spazi di ritrovo per i migranti, anche questo aspetto si va a colpire?
R. “E’ un altro aspetto importante della questione, perché con questo provvedimento si reprimono anche ambiti che sono spazi di socializzazione usati dai migranti per incontrarsi e per comunicare con le famiglie nel paese d’origine.
Si parla molto di diritto all’unità familiare ma poi con la chiusura domenicale di fatto si impedisce ai migranti, che godono solo di quel giorno libero, di poter comunicare con i familiari. Questa è una ulteriore prova della discriminazione”.

D. I più maliziosi parlano di uno stretto rapporto tra le rimesse di denaro che passano per i canali offerti dai phone center e queste ordinanze. Le banche non sopportano la perdita di un mercato così importante. Che ne dici?
R. “Certo, tant’è che le mobilitazioni partecipatissime che si sono svolte in Lombardia, hanno visto la presenza anche di rappresentanti di Western Union, che detiene il monopolio di queste rimesse.
Probabilmente l’attacco pesante, sostenuto anche dagli istituti finanziari e bancari italiani, è quello di sottrarre questi importanti flussi di denaro a chi attualmente li sta gestendo in maniera monopolistica.
Aldilà delle guerre tra multinazionali, che poco ci interessano, anche se sono del tutto comprensibili visti gli interessi che ci sono in ballo, è evidente che la partita che si gioca va a colpire direttamente sia i gestori che gli utenti”.

D. A Vicenza avete proposto una petizione. Che risposta avete avuto?
R. “Questa è una cosa che tengo molto a dire: è stata sottoscritta da oltre cinquecento persone, ben oltre quindi i quindici gestori dei phone center, ma anche da tutti gli utenti che si vedono precluso il diritto di poter telefonare a casa”.

D. Come è possibile far fronte a questa situazione?
R. “Ci aspettiamo nei prossimi giorni i primi provvedimenti di chiusura degli esercizi, noi saremo pronti a rimettere tutto subito nelle mani del Tar visto che c’è un precedente positivo legato ad una pronuncia del Tar di Brescia.
Purtroppo però non mancano anche precedenti negativi, il Tar di Vicenza infatti, quando impugnammo una delibera precendente, quella che prevedeva la chiusura degli esercizi la domenica, dette ragione al Comune.
Il comitato che si è costituito si è però reso conto che è impossibile gestire la vicenda semplicemente per vie legali, è ha quindi programmato alcune iniziative.
C’è stato un primo presidio la scorsa settimana, sotto il Comune di Vicenza, con una richiesta di incontro con il Sindaco, e ci sarà una assemblea prevedibilmente molto partecipata che si aprirà anche ai temi della sanatoria e dell’abolizione della legge Bossi Fini per dare il via ad ulteriori mobilitazioni”.

Intervista a cura di Nicola Grigion, Progetto Melting Pot Europa