Come
denuncia Roberto Malini di Everyone il 3 febbraio scorso, le autorità
italiane hanno deportato ad Algeri 16 profughi algerini che erano
sbarcati nei giorni scorsi sulle coste della Sardegna. Gli algerini
sono stati identificati presso la Direzione Centrale
dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere, in
collaborazione con l’Ambasciata di Algeria in Italia. Non risulta che
abbiano avuto facoltà di sottoporre al governo italiano
richiesta di protezione umanitaria o asilo politico. EveryOne ha
inviato all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati un
appello affinché sia formalizzata una protesta rivolta alle
autorità italiane in cui si stigmatizzi ufficialmente la
deportazione illegittima, in violazione della Convenzione di Ginevra.
Pochi giorni prima, 15 tunisini che stavano per raggiungere
Lampedusa, ad appena otto miglia dalla costa, sono stati bloccati ed
arrestati con l’accusa di “resistenza e speronamento di nave da
guerra”, come se con la loro imbarcazione, certo più
lenta dei mezzi veloci italiani, avessero potuto incrociare la rotta
e mandare a fondo una motovedetta della Guardia di finanza. Che
evidentemente, piuttosto che prestare assistenza in mare, e
successivamente avviare i migranti alle procedure di riconoscimento
ed eventuale richiesta di asilo, incrociava la rotta del
motopeschereccio tunisino ed insisteva con i tentativi di
respingimento collettivo, vietati da tutte le Convenzioni
internazionali e per i quali l’Italia è sotto accusa alla
Corte Europea dei diritti dell’Uomo. Probabilmente in questa ennesima
partita di incroci e scontri si è sfiorata un altra tragedia
del mare.
Continuano intanto
le deportazioni periodiche di egiziani verso l’Egitto, confermate dai
lugubri bollettini settimanali emanati dal ministero dell’interno che
segnalano sempre gli egiziani come coloro che, tra gli immigrati
entrati irregolarmente in Italia, più facilmente vengono
espulsi verso il paese di origine. La presenza di agenti consolari
dei paesi di origine al momento della identificazione rende
impossibile la presentazione di una domanda di asilo, per il timore
di ritorsioni sulle famiglie, e manca anche qualunque informazione
sul diritto di accedere ad una procedura di protezione
internazionale. Come si è verificato con gli egiziani
all’aeroporto di Catania lo scorso anno, e come si continua a
verificare ogni volta che un immigrato maghrebino cerca di entrare in
Italia irregolarmente, la sola possibilità di ingresso
concessa chi fugge da conflitti e da regimi dittatoriali.
Su tutti questi
fatti è sceso un silenzio stampa “assordante”, per
la censura militare imposta dalle autorità governative, e per
lo scarso interesse dei media italiani. Adesso mentre le popolazioni
dell’Algeria, della Tunisia e dell’Egitto lottano per affermare la
democrazia nei loro stati, Berlusconi non perde occasione per
sostenere i suoi amici dittatori, prima Ben-Alì e Boutefika,
adesso Moubarak Intanto il ministro Maroni non trova di meglio che
rilanciare gli ennesimi allarmi contro il terrorismo islamico, forse
anche per coprire l’esito non certo esaltante di alcune recenti
operazioni di polizia, come se tra i migranti in fuga dai paesi
maghrebini che cercano di attraversare il Mediterraneo, proprio
adesso, dovessero cominciare a trovarsi addirittura degli
appartenenti ad Al Qaaeda.
Nessuno sforzo per
comprendere quanto di nuovo sta avvenendo a poche centinaia di
chilometri dalle nostre coste, ma solo una difesa degli amici di
sempre, nel caso di Moubarak così fidati da essere ammessi
anche alle feste private del premier, e soprattutto delle
multinazionali che in quei paesi hanno decapitato il destino di
intere generazioni, costringendo alla fame, alla corruzione ed alla
dittatura milioni di persone che adesso, finalmente, riescono a
ribellarsi. I generici richiamo del governo italiano al rilancio del
cd.processo di Barcellona, le proposte di summit governativi 5 + 5,
tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo, i prossimi vertici che
si convocano con i rappresentanti di governi ormai destituiti dalla
rabbia popolare, appartengono ad un rituale ormai consunto, che nel
tempo è servito soltanto a sostenere affari non sempre puliti,
mediatori che hanno brillato per le loro capacità corruttive,
e regimi autoritari che hanno incarcerato chiunque osasse protestare,
fossero minatori, giornalisti o studenti universitari. Una politica
estera che è stata accompagnata da una politica interna che ha
dichiarato guerra ai migranti, fossero anche richiedenti asilo o
minori.
Non è bastato
che l’Assemblea del Consiglio d’Europa e numerosi corti in Germania
ed in altri paesi, abbiano ritenuto l’Italia paese non sicuro per i
richiedenti asilo. Con governanti come questi, capaci solo di
alimentare le peggiori paure della popolazione e di vessare gli
immigrati riducendoli alla condizione di servi o di criminali, anche
quando vengono soltanto per cercare un lavoro, sono anche gli
italiani che, giorno dopo giorno, dovrebbero sentirsi meno sicuri.
Basta leggere i resoconti di Wikileaks sui respingimenti violenti in
Libia effettuati dalle autorità italiane nel maggio del 2009,
per comprendere appieno quanto valga veramente la vita e la dignità
di un immigrato per le autorità governative e diplomatiche
italiane.
Da un governo che
gestisce in questo modo gli ingressi e gli allontanamenti forzati dei
migranti, che non è capace neppure di applicare
tempestivamente una direttiva comunitaria, come la direttiva
2008/115/CE sui rimpatri, e che ormai non ottempera neppure alle
decisioni della Corte Europea dei diritti dell’Uomo, quando ordina
all’Italia di sospendere procedimenti di espulsione, non ci si può
aspettare altro che solidarietà con i dittatori ed i
torturatori. Del resto neppure in Italia è stato possibile
introdurre il reato di tortura e si fa tutto il possibile per
svuotare il contenuto dell’art. 13 della Costituzione che vieta “
ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a
restrizioni di libertà”.
Scandali e clamorose
violazioni della legalità costituzionale, come nel caso dei
più recenti provvedimenti imposti dal governo al parlamento,
un parlamento che ogni giorno di più si riempie di venduti,
dovrebbero fare già indignare abbastanza la sonnolente
opinione pubblica. La solida alleanza con i dittatori del
Nord-africa, mantenuta anche quando non si esita ad armare le forze
di polizia per aggredire il popolo che protesta pacificamente,
conferma una inclinazione autoritaria che costituisce il suggello di
questo governo che non ama la democrazia, ovunque si manifesti.
Occorrerebbe prendere l’esempio proprio da quei giovani africani,
alcuni dei quali sono proprio quelli che abbiamo espulso dai nostri
paesi europei e che adesso si battono per la libertà anche a
rischio della vita. Sarebbe tempo che anche in Italia i movimenti
ritornino in piazza con eguale determinazione per difendere la
democrazia, i diritti dei lavoratori, dei migranti, degli studenti, i
diritti delle generazioni che reclamano un futuro. Sarebbe tempo che,
almeno per una volta, i partiti della cd. opposizione non si
affannassero per dividersi insignificanti vantaggi elettorali o,
peggio, per gettare acqua su una protesta che, prima o poi, potrebbe
anche scavalcarli.