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Il confine nord-orientale della Serbia nel mirino delle violenze poliziesche

L’appello di No Name Kitchen a sostenere i migranti nella nuova emergenza

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Nelle ultime settimane al centro delle violenze poliziesche vi è una nuova regione della rotta balcanica. Lo dichiara No Name Kitchen, un’organizzazione in supporto delle persone migranti in vari punti della rotta.

Grazie al suo lavoro sul campo con distribuzioni organizzate e sistematiche di cibo e indumenti, l’organizzazione, attiva in vari punti dei Balcani (a Bihac e Velika Kladusa in Bosnia-Erzegovina, a Patrasso in Grecia, a Podgorica in Montenegro e a Sid in Serbia) ha modo di rilevare la porosità dei confini e le dinamiche dei flussi migratori. In questo contesto, NNK evidenzia che i confini serbo-ungherese e serbo-rumeno stanno diventando particolarmente pericolosi per le persone in movimento che tentano il game, ossia di superarli.

Il dato rilevante comunicato da NNK è il grande numero di persone fuori dai campi ufficiali al confine nord-orientale della Serbia, un numero che al momento sembra superare di molto quello dei migranti accalcati in Bosnia (circa trecento persone secondo l’organizzazione locale Kompas 071), anche se sul confine croato-bosniaco i respingimenti da parte della polizia non si sono fermati, e anzi continuano a essere sistematici ed è molto difficile superare il confine al primo tentativo.

Sembra dunque che i flussi si stiano addensando sul confine nord-orientale della Serbia; stando a un dato del 18 aprile scorso, circa 3.600 migranti erano ospiti nei campi gestiti dallo stato serbo, ma molti di più si trovavano fuori. Klikaktiv, un’organizzazione che supporta i migranti fuori dai campi ufficiali nell’area di Subotica, riferisce che circa 4.000 persone campeggiavano in squat o case abbandonate a inizio maggio; il 20 giugno, No Name Kitchen ha riferito che attualmente sono più di 3.000, ma avverte che il dato è da prendere con cautela, dal momento che si tratta di persone in movimento; in ogni caso, stando alla loro esperienza sul campo negli scorsi anni, questo numero è destinato ad aumentare con il procedere della stagione estiva.

I migranti che intercettano questo confine sono prevalentemente siriani, iracheni, afghani, pakistani e indiani che dalla Turchia iniziano a risalire i Balcani alla volta del nord Europa.

Le dinamiche in Serbia non si discostano di molto da quelle ben note sul confine croato-bosniaco, con respingimenti dei migranti che mettono piede in Ungheria e Romania, entrambi Stati membri dell’Unione – No Name Kitchen e altre associazioni continuano a denunciare queste pratiche1.

I migranti che preferiscono vivere fuori dai campi istituzionali per essere più vicini al confine e poter tentare il game occupano case abbandonate, e la polizia procede a periodici sgomberi di massa, dopo i quali i migranti si nascondono nella foresta di Radanovac, in pezzi di jungle che diventano veri e propri quartieri suddivisi per nazionalità, dove accendono fuochi e piantano tende improvvisate con i pochi materiali che hanno2.

Sui confini la polizia attua periodicamente dei fermi, descritti sui media locali come “operazioni di vasta portata contro l’immigrazione irregolare3 e a seguito dei quali i migranti catturati vengono condotti nei campi ufficiali. I pattugliamenti della polizia serba sono spesso mandati in Ungheria come rinforzo per la polizia ungherese. Stando ad alcune dichiarazioni di Kikaktiv, la guerra in Ucraina ha aumentato la brutalità della polizia, con valichi di frontiera quasi inagibili a causa del numero crescente delle pattuglie; più che mai, negli ultimi mesi la questione migratoria ha coinvolto Ungheria e Romania, entrambe strozzate dai flussi dall’Ucraina e dalla Serbia, e se da nord si aprono corridoi umanitari per i rifugiati ucraini, con la stessa forza si innalzano recinzioni e si incrementano le pattuglie per il flusso dalla Serbia. Come si è osservato su altri confini balcanici, la difficoltà nel vincere il game su questi confini spinge i migranti della rotta balcanica ad affidarsi più spesso e più incondizionatamente alle reti di passeur in taxi, organizzate strategicamente ai margini della foresta, con tariffe che possono arrivare anche a 5.000 euro4.

In tale area il game diventa una corsa a ostacoli in un triangolo fra i tre paesi: dalla Serbia si giunge in Romania, dalla Romania in Ungheria, e a questo punto si viene ricacciati indietro in Serbia. E si ricomincia daccapo. Molte persone che i volontari di NNK vedono quotidianamente hanno riportato i segni di percosse e manganellate da parte delle polizie di Ungheria e Romania.

Di fronte a tale nuova emergenza, il 20 giugno No Name Kitchen ha diffuso un comunicato per denunciare la situazione in Serbia e per chiedere ai civili un supporto economico per la distribuzione dei beni di prima necessità ai migranti bloccati.

Chiunque può mandare il proprio contributo tramite la piattaforma di crowdfunding: whydonate.nl/fundraising/Support-people-on-the-move-in-Horgos-and-Majdan—New-Project

  1. https://ecre.org/balkan-route-years-of-pushbacks-condemned-ombudsman-slams-commission-failure-on-croatian-funding-asylum-shortcomings-in-serbia-hungarian-border-violence
  2. https://balkaninsight.com/2022/05/09/for-refugees-on-serbia-hungary-border-the-game-goes-on/
  3. https://www.infomigrants.net/en/post/38420/hundreds-of-migrants-stopped-in-northern-serbia
  4. https://balkaninsight.com/2022/05/09/for-refugees-on-serbia-hungary-border-the-game-goes-on/

Rossella Marvulli

Ho conseguito un master in comunicazione della scienza. Sono stata a lungo attivista e operatrice nelle realtà migratorie triestine. Su Melting Pot scrivo soprattutto di tecnologie biometriche di controllo delle migrazioni sui confini europei.