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Quel confine tra azione umanitaria e criminale: Europe Open Season on Solidarity

Il rapporto sulla criminalizzazione della solidarietà nei Paesi coinvolti dalle migrazioni

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Gli sforzi della gente comune che portano alla costruzione, allo smantellamento o allo spostamento dei confini.

Abitare la frontiera (confinarla e sconfinarla)

Helena Maleno, Mussie Zerai, Valentina Chupik, Cedric Herrou, Carola Rackete, Walid, Zakia, Myriam, Anouk, sono la testimonianza che le frontiere, come enfatizzano gli studi critici, si riproducono ed in modo diverso. Si tratta di confini “Non territoriali, ma sociali, politici, legali, processi quotidiani e polimorfici1“.

Per questa prospettiva, “sono costantemente ricomposti da entità diverse come corpi, discorsi, pratiche e relazioni, generando così continuamente nuove definizioni di cosa o chi viene incluso ed escluso2”.

Difatti, la “criminalizzazione della solidarietà” è un processo fatto di diverse tendenze e strategie che le autorità utilizzano al fine di ostacolare il lavoro di coloro che difendono il diritto al movimento ed alla migrazione e può essere letto come un’interazione intrinsecamente contraddittoria tra i processi di debordering e rebordering, funzionali a spostare efficacemente aspetti chiave del confine da un sistema all’altro3. La colpevolezza imputata alle azioni solidali, ovverosia, ha comportato, la designazione di nuovi confini “interni”, tra azione umanitaria ed azione criminale confermandoli ed espandendoli.

Secondo i dati raccolti in 13 paesi europei, dalla piattaforma di ricerca ReSoma, tra il 2015 e il dicembre 2019, 171 difensori dei diritti dei migranti sono stati accusati (con almeno 60 casi di procedimenti penali) di “traffico di esseri umani”, “facilitazione dell’ingresso o del transito” e “facilitazione del soggiorno”.

Il rapporto Europe: Open Season on Solidarity del novembre 2021, pubblicato da The Oservatory for The Protection of Human Rights Defenders, composto da numerose fonti ufficiali, della stampa e della società civile e da oltre 20 interviste con attivisti ed organizzazioni che difendono i diritti dei migranti in 11 Paesi europei ed extra UE4, analizza le strategie che gli Stati e le istituzioni europee stanno utilizzando per annullare l’operato umanitario.

La Direttiva 2002/905 del Consiglio Europeo evidenzia che tali attività sono criminali “quando sono commesse intenzionalmente e allo scopo di ottenere, direttamente o indirettamente, un vantaggio finanziario o di altro tipo“. All’art. 1 si raccomanda l’introduzione dell’eccezione per l’assistenza umanitaria, pur delegando agli Stati membri l’opportunità di interpretare questa eccezione. L’articolo 16, inoltre, richiede che “ogni Stato parte [fornisca] un’assistenza appropriata ai migranti le cui vite sono state messe in pericolo“.

Per le ONG intervistate, il termine “beneficio finanziario o materiale” incluso nella definizione di “trafficante di esseri umani” può essere interpretato in modo eccessivamente ampio, fino ad arrivare ad includere, ad esempio, il caso di un tassista che abbia trasportato sotto compenso un migrante in situazione irregolare o un cittadino che fitti una stanza a un prezzo equo a un migrante in situazione irregolare.

ReSoma riporta che “l’agevolazione dell’ingresso è un reato penale, anche senza l’intento di trarre profitto, in 24 dei 28 Stati membri dell’UE”.

Tre sono i modelli che favoriscono la criminalizzazione della solidarietà: a) la creazione di un ambiente ostile intorno alla migrazione; b) l’uso del diritto amministrativo per ostacolare il lavoro di difesa dei diritti umani; e infine, c) l’uso del diritto penale per mettere a tacere le voci.

È il 6 febbraio del 2014 e 300 richiedenti asilo cercano di raggiungere a nuoto l’enclave spagnola di Ceuta dal Marocco. Secondo le testimonianze raccolte da Caminando Fronteras, associazione di cui Helena Maleno è presidente, la Guardia Civil cercano di fermare l’attraversamento, prima sparando pallottole di gomma in acqua e poi quasi duecento colpi a salve contro di loro. E’ un massacro, quello di Tarajal, con 14 morti, numerosi feriti e respingimenti immediati verso il Marocco. E’ dal 2012 che la polizia spagnola indaga su Helena Maleno e nei fascicoli inviati al Marocco, oltre ad illazioni sulla sua vita privata e sessuale, richiede di applicare per lei la pena più alta, l’ergastolo, sebbene non traesse alcun profitto dalle sue attività di “trafficante“. Il 23 gennaio del 2021, alla signora Maleno, mentre rientrava a Tangeri, dove viveva da 5 anni con la sua famiglia, le fu prima rifiutato il permesso di soggiorno e poi espulsa.

Non mi hanno spiegato nulla, non sapevo dove fossero le mie cose, non mi hanno lasciato prendere le medicine, non ho potuto parlare con mia figlia. È stato terribile.

Cfr. Europe Open Season on Solidarity

Dal marzo 2020, Helena Maleno ha documentato almeno 34 attacchi contro di lei, tra cui minacce, allarmi della polizia ed irruzioni in casa.

Mussie Zerai, eritreo, ottenne in Italia lo status di rifugiato quando aveva 14 anni. A contatto con gli eventi migratori, nel 2003 riceve la prima di molte chiamate di soccorso da un’imbarcazione ed allertò la Guardia Costiera italiana per segnalare la situazione. Nel 2013, un gruppo di estrema destra presentò una denuncia penale contro di lui, che poi ritirò. Sebbene nel 2015, fosse stato anche candidato al Premio Nobel per la pace per il suo contributo a salvare le vite dei migranti, nel 2017 fu informato di un’indagine, a suo carico, pendente dal novembre 2016, con l’accusa del Ministero pubblico di Trapani di essere in contatto con i trafficanti di esseri umani e di averli aiutati.

Katarina Bervar Sternad, direttrice del PIC (Centro d’informazione giuridica sloveno) presenta nel 2018 un rapporto sull’attuazione delle procedure nazionali di rimpatrio illegale. Accusata di traffico di esseri umani, la causa è stata archiviata nel 2019 per mancanza di elementi di reato. Eppure, nello stesso anno, in seguito alle accuse di traffico di esseri umani da parte di un membro del Partito nazionalista sloveno, fu avviato un secondo processo contro di lei, con lo stesso esito del precedente.

Il 20 ottobre del 2017, la polizia belga fece aggressivamente irruzione nelle case di Walid, Zakia, Myriam, Anouk, perché ospitavano migranti transitanti ed arrestati, insieme agli otto migranti per sospetto di traffico di esseri umani.

La vicenda giudiziaria di questo lungo processo, iniziato nel dicembre del 2018, si conclude solo nel maggio del 2021 con la sentenza di assoluzione e la certezza che dare rifugio alle persone bisognose non è un reato.

Siamo in Russia e il 25 settembre 2021, Valentina Chupik, rifugiata uzbeka dal 2008 e responsabile dell’ONG “Tong Jahoni”, un centro che fornisce assistenza legale gratuita ai migranti in Russia, viene trattenuta arbitrariamente dalla polizia di frontiera all’aeroporto di Mosca al ritorno da un viaggio in Armenia. Oltre alla cancellazione del suo status di rifugiata avvenuto il 17 settembre 2021 in base all’articolo 9, comma 2, della legge sui rifugiati della Russia6, le viene vietato l’ingresso in Russia fino al 2051.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha concesso a Valentina misure provvisorie ai sensi dell’articolo 39 e ha bloccato la sua deportazione in Uzbekistan, dove rischiava seriamente di subire torture e altri maltrattamenti. Ha dovuto lasciare la Russia.

Dissuadere anziché proteggere

Il lavoro dell’UE è stato principalmente quello di dissuadere la migrazione irregolare anziché proteggere i diritti umani.

L’inasprimento dei (nuovi) confini; l’aumento dei controlli, la ri-territorializzazione dello spazio, la militarizzazione delle rotte di certo non hanno risposto alla lotta contro la rete criminale di trafficanti ma ha costretto a rotte meno sicure. Del resto, “ogni volta che si chiude una rotta, se ne apre un’altra più pericolosa7“.

Innumerevoli sono stati i pretesti, di ordine amministrativo8, che hanno ostacolato o impedito direttamente molte organizzazioni nello svolgere il proprio lavoro umanitario, riducendo inevitabilmente lo spazio civico d’intervento. L’impatto emotivo e collettivo della persecuzione nei confronti delle azioni e degli attori solidali è stato significativo. La riborderazione delle pratiche di controllo e il sorgere di principi oppositivi e di leggi punitive al soccorso dei migranti, hanno creato una mentalità proattiva che ha spinto la popolazione a credere di commettere una infrazione.

Il caso della Ong KISA a Cipro è emblematico: l’associazione aveva documentato la condizione lavorativa dei migranti e le deportazioni immediate, vietate dal diritto internazionale. Ben presto, si ritrova tra le 2.827 ONG che il Ministero avrebbe sciolto, qualora non avesse rispettato l’obbligo formale di presentare informazioni sull’Assemblea generale9.

Dopo il rifiuto di diverse richieste10, a fine 2020, il Ministro degli Interni ne annuncia la cancellazione dal Registro delle Associazioni. Il 19 febbraio 2021, 37 organizzazioni europee, tra cui l’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani, hanno denunciato le continue vessazioni nei confronti di KISA e hanno invitato le autorità cipriote a registrare nuovamente l’organizzazione e a garantire la solidarietà nei confronti di migranti e rifugiati e di coloro che li assistono. Il 10 giugno 2021, il tribunale amministrativo di Cipro ha respinto il ricorso di KISA. “Con questa sentenza, il tribunale ha praticamente giustificato la cancellazione da parte del Ministro degli Interni di una ONG attiva da oltre 23 anni nel campo dei diritti umani e della migrazione, solo a causa di un ritardo nella modifica del suo statuto dovuto a restrizioni del tutto impreviste a causa della pandemia”.

Nonostante già una legge limitasse l’accesso ai centri di accoglienza e di detenzione per migranti, alle zone di transito o ai valichi di frontiera, il Parlamento greco ha richiesto nel 2020 la registrazione delle ONG al Ministero per la Protezione dei Cittadini e le informazioni su dipendenti e collaboratori delle organizzazioni. Il 12 maggio dello stesso anno, la legge 4686/2020 specificava che le ONG non registrate, non avrebbero potuto condurre attività nel settore dell’asilo, della migrazione e dell’integrazione sociale e, in particolare, fornire servizi legali, psicosociali e medici, né informazioni e consulenza. Il Ministero richiedeva, altresì, la “registrazione di tutti i membri, del personale e dei volontari delle ONG, indipendentemente dall’attività svolta“, obbligo che ha contribuito alla chiusura della maggior parte di esse.

Il Consiglio d’Europa concludeva: “È probabile che le misure greche abbiano un effetto sulla capacità delle ONG di svolgere il proprio lavoro a sostegno dei rifugiati e degli altri migranti in diversi modi”.

Il 13 giugno del 2017, il Parlamento ungherese adottava la legge LXXVI sulla trasparenza delle organizzazioni che ricevono sostegno economico internazionale, al fine di escludere qualsiasi minaccia per la sicurezza nazionale. Il 20 luglio 2018, seguivano modifiche di alcune leggi fiscali: l’articolo 253 della Legge XLI imponeva un’imposta del 25% sul sostegno finanziario di qualsiasi programma, azione o attività che, direttamente o indirettamente, mirasse a promuovere l’immigrazione (blocco economico). Nella sua sentenza del 18 giugno 2020, la CGUE ha confermato che l’Ungheria non si è conformata agli obblighi di restrizioni discriminatorie e ingiustificate per quanto riguarda le donazioni estere alle organizzazioni della società civile. Nel marzo 2021, il governo ha avviato il processo di abrogazione della legge.

In Turchia, tra il 2016 e il 2018, più di 1.400 organizzazioni della società civile sono state sono state chiuse dalle autorità. Verso la fine del 2020 è stata approvata la legge 7262 “sulla prevenzione dei finanziamenti per la proliferazione delle armi”, che conferisce al Ministero pubblico il potere di congelare i fondi alle organizzazioni che sono considerate sospettate di collaborare con gruppi terroristici.

I discorsi d’odio e razzismo ed incitamento ad essi aumentano e restano escluse azioni civili, amministrative o nazionali che combattano espressamente e specificamente razzismo, xenofobia, antisemitismo e intolleranza e ciò è veicolo di una cattiva informazione sulla realtà dell’immigrazione.

Il rifiuto a Carola Rackete di un porto sicuro11; l’assassinio di Walter Lübcke a mano di un gruppo neonazista per aver difeso i diritti dei rifugiati; la pubblicazione su un sito web francese di estrema destra di un elenco di tutte le organizzazioni che aiutano i migranti; l’incendio di una struttura UNHCR in Grecia in seguito alla concessione di una residenza temporanea; gli insulti ai movimenti solidali e le aggressioni a giornalisti e fotografi pro migranti a Lesbo12; o ancora le molestie subite da volontari e dai proprietari di immobili che affittano appartamenti ai migranti; o la stigmatizzazione dei migranti infettati sono le interferenze connesse alla criminalizzazione della migrazione e di coloro che forniscono assistenza umanitaria ai migranti in difficoltà per i quali non esistono misure di mitigazione.

Né la Commissione Europea ha adottato misure per la protezione dello spazio civico o una strategia interna per proteggere e promuovere l’operato dei difensori dei diritti umani. Né il Parlamento Europeo monitora le nuove legislazioni adottate dagli Stati per garantire che queste ultime non contravvengano agli standard internazionali e non pongano ostacoli al lavoro legittimo delle organizzazioni per i diritti umani.

Tra il 2017 ed il 2020, il Tribunale Permanente dei Popoli, tribunale etico internazionale di carattere non governativo, conclude che gli Stati europei violano i diritti umani dei migranti13.

In un rapporto del dicembre 202014, il Consiglio d’Europa ha riferito che tra il 2016 e il 2020 “sono stati avviati circa 50 procedimenti […] da Germania, Grecia, Italia, Malta, Paesi Bassi e Spagna. Nove nuovi casi legali sono stati aperti negli ultimi sei mesi, quasi tutti in Italia. Tra i sei indirizzati alle navi, quattro (“Alan Kurdi”, “SeaWatch 4”, “Ocean Viking”, “SeaWatch 3”) sono consistiti in sequestri amministrativi basati su irregolarità tecniche relative alla sicurezza marittima 15.

In Italia sono stati avviati decine di processi contro le ONG e l’equipaggio delle navi di soccorso: il primo fu contro Iuventa e la ONG tedesca Jugend Rettet nel 2017. Dal 7 aprile 2020 l’Italia del Covid ha deciso di chiudere i porti alle operazioni di salvataggio al di fuori delle proprie acque territoriali. Mesi dopo, il 18 dicembre 2020, la legge 173/2020, ha invertito le restrizioni legali esistenti e ripristinato alcune garanzie eliminate dalle leggi sulla sicurezza, come l’estensione dell’ambito di applicazione della protezione umanitaria. Tuttavia, il 26 marzo 2021, le autorità italiane hanno bloccato nuovamente la nave Sea Watch, sostenendo che trasportava troppi passeggeri e per via del sistema fognario. I fermi amministrativi sono diventati l’ultima strategia per rallentare o impedire il soccorso civile nel Mediterraneo.

Conclusioni

Il confine si manifesta in uno spazio con cui ci si relaziona quotidianamente, che si cerca di alleviare ed umanizzare attraverso nuove pratiche e rappresentazioni. Le frontiere, per tutti, diventano strutture ed elementi esperiti direttamente.

Le norme internazionali punitive contro l’immigrazione venivano incorporate a tutti i livelli dello Stato con risultati differenti. La legislazione nazionale e le ordinanze locali ordivano un intricato dispositivo di trasformazione delle reti solidali. Un ulteriore confine che investiva le attività del soggetto e sconfinava nei suoi spazi intimi, relegando la solidarietà a reato16. I poteri statali o locali diventano l’avversario dell’attore umanitario, allorché le pratiche, all’interno di posizionamenti che in un primo stadio erano umanitari, venivano messe sotto processo.

La continua produzione di essi fornisce anche una comprensione delle trasgressioni, degli attraversamenti e delle aperture17. L’approccio migratorio europeo rimane un approccio criminale e non basato sui diritti umani: mancano canali di migrazione legale e vie di accesso sicure in grado di contrastare la tratta di esseri umani; manca una presa in carico sulle frontiere, ad ora, esternalizzate; manca un approccio di genere e intersezionale; risorse pubbliche per sviluppare operazioni di ricerca e salvataggio lungo le rotte percorse dai migranti; manca una missione proattiva di ricerca e salvataggio da parte dell’UE, che non releghi la sorveglianza solidale all’ambito penale.

La continua produzione dei confini fornisce, dunque, anche una comprensione della formazione di aree di incontro, zone di contatto, interazione ed integrazione in cui gli attori sociali coinvolti possono influenzare il percorso migratorio, non comportare ostacoli alla mobilità delle persone e non compromette l’universalità dei diritti umani.

  1. N. Parker, N. Vaughan-Williams, “Critical Border Studies: Broadening and Deepening the ‘Lines in the Sand’’ Agenda, in Geopolitics 17, n. 4 (2012), p. 727–33.
  2. Cfr. C. Brambilla, Exploring the Critical Potential of the Borderscapes Concept, 2015. “Il confine comprende l’ingenerarsi delle definizioni di dentro e fuori”.
  3. Cfr. Ibidem. “I confini sono costantemente ricomposti di nuovo da diverse entità come corpi, discorsi, pratiche e relazioni, generando così continuamente nuove definizioni di cosa o chi viene incluso ed escluso”.
  4. Belgio, Cipro, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Slovenia, Spagna, Svizzera e Turchia.
  5. La Direttiva 2002/90 adottava sanzioni “nei confronti di chiunque aiuti intenzionalmente una persona non avente la cittadinanza di uno Stato membro a entrare o a transitare nel territorio di uno Stato membro“.
  6. Presentazione di informazioni false o di documenti falsi per ottenere lo status di rifugiato.
  7. Così si esprime CEAR nel suo recente rapporto sulle rotte migratorie verso le Isole Canarie.
  8. Queste azioni amministrative hanno assunto forme diverse: l’imposizione di requisiti onerosi e complessi per la registrazione ufficiale per consentire loro di operare, tasse speciali, limitazioni all’accesso ai finanziamenti, o richieste eccessive in termini di trasparenza e comunicazione con le autorità, tra le altre. In alcuni casi, come in Turchia e in Grecia, ai difensori è stato direttamente impedito di entrare nei campi per migranti.
  9. Nel luglio del 2020, una legge conferiva al Ministro degli Interni il potere di depennare dal registro delle Associazioni ed immediatamente sciogliere le ONG che non rispettavano i requisiti.
  10. Tutte le richieste di KISA sono state respinte: ha chiesto l’annullamento della propria inclusione nell’elenco, come da legge; ha preparato i conti certificati e ha comunicato che tutte le informazioni in sospeso sarebbero state inviate dopo l’assemblea generale, che si sarebbe svolta nel dicembre dello stesso anno; ha inoltre richiesto una proroga per la sua assemblea generale a causa della pandemia di Covid-19. L’organizzazione è stata informata della sua inclusione nel secondo elenco di associazioni da sciogliere. Secondo l’articolo 47 della Legge sulle associazioni, l’organizzazione aveva ancora la possibilità di appellarsi a questa decisione entro 30 giorni. Il 17 dicembre 2020, la KISA ha presentato un ricorso gerarchico al Ministro degli Interni entro i termini stabiliti. Il ricorso è stato respinto il 7 gennaio 2021. L’8 gennaio 2021, la KISA ha presentato un nuovo ricorso al Tribunale amministrativo.
  11. In Italia nel 2019, mentre entrava nel porto di Lampedusa, Carole Rackete, capitano della nave Sea-Watch 3, e il suo team sono stati applauditi per il loro lavoro. Tuttavia, hanno anche ricevuto insulti e accuse di complicità nel traffico di esseri umani.
  12. Il 2 marzo 2020 il fotografo Julian Busch ha pubblicato sul suo account Twitter quanto segue: “Io e il mio collega Franzi Eire siamo appena stati aggrediti sull’isola di Lesvos mentre guidavamo con l’auto lungo la costa di Moria. Un gruppo di uomini mascherati e vestiti di nero, con bastoni e pietre, ha lanciato pietre sulla nostra auto – abbiamo dovuto guidare molto velocemente per fuggire“.
  13. Cfr. The Permanent Peoples’ Tribunal, Final Document on the sessions on the violation of human rights of migrants and refugee people, Brussels, April 9, 2019, p. 3. “La migrazione è un atto esistenziale e politico. Lo Ius migrandi dovrebbe essere accompagnato dal dovere di accogliere i migranti, ma questo dovere si scontra con la sovranità degli Stati sul loro territorio. Per affermare la loro sovranità, gli Stati trattengono i migranti alle loro frontiere, disposti a violare i loro diritti umani“.
  14. Fundamental rights of refugees, asylum applicants, and migrants at the European borders, 2020.
  15. Il 23 settembre 2020, la Commissione pubblica una guida in cui gli Stati membri devono escludere la criminalizzazione dell’assistenza umanitaria, delle ONG e degli attori non statali che effettuano operazioni di salvataggio in mare. Tuttavia, non adotta misure innovative per garantire che ciò avvenga e che gli Stati procedano a garantire il loro dovere di prestare soccorso.
  16. Cfr. L.Albert, Brock. La demarcazione (riborderazione) agisce, prima di tutto, per regolare il processo di trasformazione, non per arrestarlo.
  17. In effetti, le aperture sono intrinseche a qualsiasi confine (Schulze Wessel 2016: 48).

Vanna D'Ambrosio

Conseguita la laurea in Filosofia presso l’Università di Napoli Federico II, ho continuato gli studi in interculturalità e giornalismo. Ho lavorato come operatrice sociale nei centri di accoglienza per immigrati, come descritto nella rubrica “Il punto di vista dell’operatore”. Da attivista e freelance, ho fotografato le resistenze nei ghetti italiani ed europei. Le mie ricerche si concentrano tuttora sulle teorie del confine.