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Pestaggio a Moussa Balde: al via il processo contro gli aggressori

«Moussa Balde e la sua famiglia non sono soli»: venerdì promosso un presidio davanti al Tribunale di Imperia

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Lo ammazza! Lo sta ammazzando!! Scendete! Ma perchè?”. E’ la voce di una donna che il 9 maggio 2021 ad Imperia guarda dalla finestra la brutale aggressione a Moussa Balde, un ragazzo guineano di 23 anni. Un video riprende il violento pestaggio che avviene all’uscita di un supermercato dove il ragazzo chiedeva l’elemosina. 

Sono pochi secondi ma ancora si fa fatica a guardarlo, quel video.

A colpirlo con ferocia, sul corpo e sul viso, con dei tubi metallici, a pestarlo selvaggiamente con calci e pugni, sono tre italiani. Dopo essere stato portato in ospedale, poi in commissariato a Ventimiglia, in Questura ad Imperia gli viene notificato il decreto di espulsione e trattenimento, e quindi trasferito nel C.P.R. di Corso Brunelleschi a Torino.

La prima preoccupazione delle autorità, a 24 ore dal pestaggio, è quella di punire la sua condizione di irregolarità e di metterlo in una gabbia. Intanto gli aggressori rimangono liberi.

Balde è smarrito, incredulo, non capisce perché si trova lì, riferisce il suo avvocato Gianluca Vitale, ha evidenti fragilità psichiche ma non viene visitato.

Passa qualche giorno e il 23 maggio Moussa muore, si toglie la vita all’interno del cosiddetto “Ospedaletto”, l’area di “isolamento” del C.P.R. di Torino.

Nel luglio del 2019, in questo luogo di segregazione estrema morì anche Faisal Hussein dopo quasi sei mesi ininterrotti di isolamento, anche lui solo un clandestino da mettere al margine, da nascondere perché non gradito. Anche lui aveva, peraltro, chiari segni di forte disagio psichico.

Venerdì 14 ottobre alle 9 ad Imperia inizia il dibattimento contro gli aggressori di Ventimiglia: l’accusa per i tre imputati (Francesco Cipri, 39 anni, Ignazio Amato, 28 anni e Giuseppe Martinello, 44 anni) è di lesioni aggravate dall’uso di corpi contundenti. Fin dal giorno successivo al pestaggio, il Questore di Imperia aveva negato fermamente che ci potesse essere un motivo razziale e le autorità non hanno inserito l’aggravante dell’odio razziale. Il fratello di Balde, seguito dall’Avv. Vitale e dall’Avv. Ersilia Ferrante, si costituirà parte civile.

«Moussa è finito al CPR senza aver mai firmato nessuna testimonianza sulla sua aggressione e senza che gli sia stata posta alcuna domanda sullo svolgimento dei fatti», denunciano in un comunicato i e le Solidali di Ventimiglia. «Ad oggi la causa ufficiale della morte è di suicidio, nonostante sia anche in corso un’inchiesta per omicidio colposo. La morte di Moussa non è stata né “fatalità”, né il frutto di una catena di inadempienze, ma la conseguenza del razzismo strutturale del sistema in cui viviamo».

Il testo promuove anche un presidio pubblico: «Saremo davanti al tribunale per dire che Moussa e la sua famiglia non sono soli e che a Ventimiglia c’è stato un pestaggio razzista e che il suicidio di Moussa è un omicidio di Stato». 

La sera, al Centro sociale La Talpa e l’Orologio di Imperia, si parlerà di CPR con Giacomo Mattiello, co-autore con Francesca Esposito ed Emilio Caja del libro “Corpi in attesa di espulsione“.


Redazione

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