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CPR di Torino
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Torino: contro la riapertura del CPR, un’estate di lotta e mobilitazioni

La prossima assemblea martedì 6 giugno alle 18 a Palazzo Nuovo

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Dal 2 marzo 2023 nel CPR di Corso Brunelleschi a Torino rimangono solo le forze di polizia.
Restano a presidio di una gabbia vuota, resa finalmente inagibile dall’ultimo ciclo di proteste a cui i detenuti hanno dato inizio nella notte tra il 4 e il 5 di febbraio 1. È la prima volta in 24 lunghi anni di attività che il CPR di Torino chiude di fatto.
Un lampo di luce in un orizzonte sempre più cupo” che ha saputo riaccendere in tuttə la speranza che sì, i CPR si possono chiudere, oltre che dare nuove energie alla lotta contro la sua riapertura.

Ultimamente, infatti, sempre più giornali scrivono di imminenti lavori di ristrutturazione. Per questo motivo un ventaglio davvero variegato di realtà, associazioni, collettivi e singole persone il 22 Maggio si sono riunite in un’assemblea pubblica al grido di “Nessun CPR, né a Torino né altrove!”. 2

Facciamo il punto della situazione con alcune delle realtà presenti e in particolare con Lorenza Della Pepa, praticante avvocata e attivista della rete Osservatorio CPR Torino, e Davide Delogu, operatore sociale e militante dello Sportello Il-legale del centro sociale Gabrio di Torino.

Il CPR di Torino sta davvero riaprendo? 

Lorenza: «Sappiamo da indiscrezioni che si stanno stanziando fondi per la ricostruzione, che potrebbe iniziare già questa estate in modo da aprirlo a settembre. Però questo si sa in maniera informale. Noi stiamo preparando una richiesta di accesso civico agli atti per sapere come si sta procedendo: normalmente per i lavori di questo tipo si dovrebbe fare un bando pubblico, se però fanno passare questi lavori come “ristrutturazione urgente”, si procede tramite incarico diretto e quindi l’accesso agli atti potrebbe non fornirci informazioni utili».

Davide: «Noi abbiamo frugato su tutti i siti del Ministero per cercare bandi al riguardo, ma non abbiamo trovato nulla. (…) A noi ha allarmato il fatto che sempre più giornali ne parlassero, siccome molti giornalisti hanno tutta una serie di contatti all’interno di questure e prefetture e quindi è plausibile che abbiano notizie più fresche di quelle che riusciamo ad ottenere noi. Al momento di ufficiale non c’è niente, però il Ministero aveva già detto che il Centro avrebbe riaperto e che quel milione di euro 3 poteva essere tranquillamente investito, siccome tanto ce ne sono altri 42 predisposti da dicembre 4. Quindi un po’ preoccupati da questa situazione, insieme ad altre realtà abbiamo deciso di lanciare un’assemblea pubblica, cittadina, che è stata molto partecipata sia da varie realtà collettive sia da singole persone. È stata una bella assemblea».

Di cosa si è discusso durante l’Assemblea del 22 maggio e quali sono le azioni proposte?

Lorenza: «Con l’idea che in autunno il CPR potrebbe riaprire, o che per allora saranno terminati i lavori, abbiamo sentito la necessità di parlare di CPR, sensibilizzare il più possibile la popolazione prima che ciò avvenga, iniziando già da questa estate. Quindi l’intento di questa assemblea era quello di riunire tutte le persone che si occupano di CPR per creare una manifestazione di dissenso congiunta, che abbia tanti momenti quest’estate e che porti a costruire un dissenso forte. (…) C’è stata una bella partecipazione. Ognuno è intervenuto partendo un po’ dall’inizio, dando la sua idea di cos’è un CPR, di perché è importante combattere contro questa istituzione totale (…) e congiuntamente, la sua idea di quella che può essere una protesta efficace».

Davide: «Noi abbiamo ribadito la necessità di tornare in strada, di fare un corteo che fosse ben nutrito».

Un’esigenza condivisa da un po’ tutte le soggettività presenti e coinvolte, che si sono infatti poste l’obiettivo di costruire un grande momento di mobilitazione collettiva.
In particolare, ci conferma Lorenza: «Il progetto proposto è quello di una marcia cittadina nel mese di giugno che si vorrebbe chiamare a livello nazionale».

In vista del corteo: incontri formativi, dibattiti ma anche azioni teatrali ed eventi musicali

Davide: «La cosa più bella è che ci sono state tante diverse proposte. Tante realtà avevano in mente di costruire un percorso condiviso, moltiplicando gli appuntamenti in vista del corteo e comunque di modo che il corteo non fosse l’evento finale, ma uno di una serie di eventi che si propaghino in tutta l’estate fino all’inizio del prossimo autunno, per far sentire la nostra voce. Ci saranno presidi, azioni e iniziative informative, anche teatrali e musicali lungo tutta l’estate».

Il 30 e 31 maggio lo Sportello Il-legale ha promosso un doppio appuntamento in collaborazione con la rivista “Lo Stato delle città” per discutere di polizia e controllo nello spazio urbano, nonché di gestione della mobilità migrante, con la presentazione del libro “Polizia e migranti in città” di Giulia Fabini.

Per il 25 giugno l’Osservatorio CPR Torino ha in programma il concerto di commemorazione della morte di Moussa Balde, «che però è diventato un momento di protesta generale contro il CPR, che quest’anno ci sembrava ancora più importante del solito», ci sottolinea Lorenza. «Un problema dei CPR è anche che tantissime persone che pur sarebbero contrarie, non hanno idea di cosa siano, perché se ne parla poco. L’obiettivo, quindi, è far conoscere il CPR a più persone possibili, attraverso queste tante diverse idee che sono uscite».

Davide: «L’idea è di moltiplicare gli eventi per cercare di sensibilizzare e arrivare a più persone possibili contando anche che da poco, dopo il Decreto Cutro, è nato il Coordinamento Migrazioni Torino, formato da tante realtà che si occupano di immigrazione e soprattutto che lavorano in cooperative, ma non solo: come avvocati, medici, etc .. tutta una serie di figure professionali e di una società civile che prova ad opporsi al Decreto Cutro, a informare sia su tutta l’impostazione della gestione dei flussi migratori sia nella parte più specifica del CPR. Agganciandoci a questo coordinamento l’idea è di creare qualcosa di più grosso, per avere un respiro più nazionale».

Le iniziative proposte sono state tante e creative: tra queste, l’idea di ricreare nelle strade della città gli spazi costrittivi del CPR – e in particolare dell’Ospedaletto, «che nonostante il nome è tutto fuorché un’area sanitaria» ribadisce Davide: «Gli stessi garanti dei detenuti l’hanno sempre definita come un’area di tortura non solo per quello che succedeva all’interno ma anche per la conformazione in sé della struttura: non permette di vedere all’esterno e vista dall’esterno è proprio una gabbia, siccome le reti metalliche sono sia sopra che ai lati». Che si tratti di un luogo esclusivamente punitivo poi lo conferma qualsiasi testimonianza diretta dei detenuti.

È in quest’area di isolamento che si suicida Moussa Balde, 23 anni, nella notte tra il 22 e il 23 maggio 2021; prima di lui, tra il 7 e l’8 luglio 2019, sempre nell’Ospedaletto moriva a 32 Hossain Faisal e prima ancora, nel 2008, Fatih a 38 anni: questi ultimi, entrambi, rimasti senza giustizia 5.

Con la conclusione delle indagini sulla morte di Moussa Balde, possiamo sperare di vedere a processo un totale di sei persone: il medico della struttura, Fulvio Pitanti, accusato tra le altre cose di omicidio colposo, e 5 poliziotti, tra cui il dirigente dell’Ufficio Immigrazione della Questura di Torino, Michele Sole, per falso e sequestro di persona 6

Nel frattempo, arriva l’invito a partecipare al secondo appuntamento di costruzione di questa grande mobilitazione.

L’appello all’assemblea del 6 giugno

Le proteste all’interno dei CPR dimostrano l’irriducibile forza di volontà di chi grida per la propria dignità e per i propri diritti. A dispetto, poi, degli enormi rischi che queste comportano: ritorsioni da parte delle forze dell’ordine, sedazione e somministrazioni coatta di farmaci, trasferimenti in altre strutture se non direttamente l’espulsione 7. Nonostante tutto ciò, i detenuti a Torino hanno avuto la forza di riuscire in quello che consiglierə comunali, magistratə, avvocatə e organizzazioni della società civile hanno fallito: far chiudere effettivamente un CPR.

Davide: «La speranza nostra è quella di portare sempre un pezzo in più ad ogni incontro. Questo è un momento importante: il CPR di Torino non era mai stato chiuso prima e quello che sentiamo è anche una responsabilità sulle nostre spalle, in quanto bianchi e società civile, di opporci a questa riapertura e dare un seguito alle rivolte dei trattenuti.  Chi ha chiuso il CPR sono stati gli stessi detenuti che non hanno la possibilità di manifestare il loro dissenso in altro modo. Chi perché trattenuto, chi perché, per la semplice mancanza di documenti, non si sente di partecipare a un corteo. Dobbiamo essere noi a riportare la questione al centro del dibattito».

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  1. Rimandiamo all’Opuscolo sulle rivolte di Febbraio 2023 nel CPR di Torino del collettivo No CPR Torino per un racconto dettagliato delle proteste, nonché delle conseguenti operazioni di trasferimento e di espulsione delle persone lì trattenute. Inoltre, in fondo al loro aggiornamento del 12 marzo, sono riportati gli audio della chiamata ricevuta da un ragazzo a seguito della sua deportazione forzata al paese di origine
  2. Tra le realtà presenti: Coordinamento migrazioni torino (CMT); Osservatorio CPR Torino; Sportello Illegale; CSOA Gabrio; No CPR Torino; Enough is enough; Assemblea “Documenti per tutt*”; LaSt – Laboratorio Studentesco; UJAMA ; Manituana; Spazio popolare Neruda; ASGI; Napoli Monitor; Collettivo Metamorfosi
  3. Corrispondente alle spese stimate per la ricostruzione. Da Rainews, Tgr Piemonte
  4. Dall’ultima legge di bilancio per il 2023
  5. Per una ricostruzione completa della Storia del CPR di Torino rimandiamo al 7° numero della rivista “Lo Stato delle città”: “Corpi in gabbia. Le metamorfosi del CPR di Torino
  6. Da Rainews, Tgr Piemonte
  7. Davide, parlandoci di quanto successo a seguito della morte di Fatih nel 2008, ci dice: “quando succede qualcosa di veramente grave ai CPR tutte le persone testimoni di quanto successo vengono immediatamente rimpatriate, nonostante sappiamo benissimo che i rimpatri non avvengono quasi mai. Se non sbaglio la percentuale di rimpatri effettuati dal CPR di Torino si attesta sotto al 50%. Mentre quando avvengono delle situazioni particolari come una morte si rimpatria subito.”

Nicoletta Alessio

Dopo una laurea triennale in Scienze Politiche Sociali e Internazionali all'Università di Bologna, mi sono laureata nel corso magistrale in Migrazioni Inter-Mediterranee delle Università Ca' Foscari di Venezia e Paul Valéry di Montpellier. Mi interesso di politiche migratorie ed etnografia dei confini e ho approfondito con due esperienze di ricerca sul campo la cooperazione italiana con Tunisia e Algeria in tema di espulsioni.