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Tanimar di nuovo in viaggio

Crocevia Mediterraneo - تقاطع متوسّطي

PH: Silvia Di Meo (Sfax, aprile 2023)

di Jacopo Anderlini, Enrico Fravega, Vincenza Pellegrino

Ad un anno dal viaggio di Tanimar lungo il Mediterraneo centrale con una navigazione che ci ha fatto toccare Pantelleria, Lampedusa, Linosa, Gozo e Malta, l’equipaggio riprende nuovamente il mare alla volta della Tunisia per toccare gli snodi della mobilità intercettata e ristretta, per rimettere al centro del nostro lavoro di indagine il vasto spazio sociale che chiamiamo Mediterraneo.

A partire dall’esperienza di ricerca confluita nella scrittura di Crocevia Mediterraneo (Elèuthera, 2022) e nel resoconto visuale del viaggio in italiano e arabo, riteniamo che il mare come contesto di ricerca consenta di comprendere la complessità delle interazioni tra attori e processi sociali solitamente analizzati in modo separato, come quelli legati al contenimento e al contrasto della mobilità migrante, alla diffusione della monocultura turistica sulle sponde del Mediterraneo, alla complessiva trasformazione delle economie costiere e delle istituzioni statuali che appaiono in modo specifico se osservate dalle loro propaggini frontaliere.

Questa lettura dei confini vuole non solo “allargare” lo spazio di osservazione, ma anche “allungarne” i tempi, ripetendola nel tempo, in anni di mutamento rapidissimo. In tal senso, la trasversalità delle osservazioni e la durata aiutano a comprendere lo scenario storico che ci sovrasta e mettono in discussione l’autonomia dei luoghi (e il senso stesso del concetto di luogo). Lo sguardo sulla frontiera marittima entra in risonanza con analoghi lavori svolti per esempio sulla frontiera alpina o in altri spazi “interni” rurali e urbani dove si definiscono nuove forme di segregazione radicale. Questo gioco tra trasversalità e singolarità fa risaltare il modo in cui le dinamiche di potere globale vengono inoculate alle comunità locali e legittimate ai loro occhi.

In questi anni abbiamo già notato il ripetersi della giustapposizione tra attori rilevanti in tutti i confini che abbiamo attraversato: non solo le persone in mobilità migratoria, ma anche attori del turismo, attori della pesca, attori delle polizie e degli stati sociali frontalieri. Incrociare lo sguardo di questi attori diversi, a nostro avviso, ci consente di comprendere il mutamento sociale andando oltre la frammentazione di oggetti e campi disciplinari sociologici.

Il fenomeno delle migrazioni forzate, intercettate, respinte – e delle necropolitiche che legittimano discorsivamente la violenza dei respingimenti -, viene analizzato insieme ad altri aspetti strutturali della regolamentazione della mobilità.

Il turismo di massa e la sua insostenibilità ecologica, ma anche l’evolvere dei mercati del lavoro e le nuove possibilità di reddito e contemporaneamente le forme di sfruttamento che essi portano, disegnano la trasformazione di un nuovo ceto popolare di frontiera come manodopera del loisir. La giustapposizione di diverse e frammentarie polizie di confine sempre più attrezzate, apre nuovi spazi di discrezionalità. Tutti questi sono fenomeni che parlano di mutamenti in atto nelle istituzioni e nelle società mediterranee che vengono messi in ombra dallo spettacolo del confine e delle migrazioni forzate.

Intanto, anche noi ci muoviamo attraverso i confini. Il nostro sguardo si posa sulle barriere che limitano e informano la mobilità in senso differenziale, di classe sociale e provenienza, rivelando le dimensioni di ‘colonialità’ che innervano il potere, cioè i modi in cui le mobilità di oggetti e persone vengono gerarchizzate: le merci, i bianchi, i ricchi si muovono, mentre il Mediterraneo diventa un cimitero e le sue coste si riempiono di campi di internamento.

In questo scenario, tuttavia, abbiamo anche osservato una solidarietà dalle forme complesse e multiple che continua a manutenere la porosità della frontiera, a dare gradi di autonomia e sottrazione importanti alle persone in mobilità, a produrre immaginari politici post-frontalieri o\e de-frontalieri. Ascoltarne le visioni e interpretarne le pratiche ci pare fondamentale in un momento in cui il loro operato viene negato, distorto e minimizzato culturalmente, criminalizzato e osteggiato operativamente.

Perché la Tunisia oggi? Avevamo scelto la Tunisia sin dallo scorso anno, poiché siamo interessati – come dicevamo – a concettualizzare il Mediterraneo come sistema tra sponde, come Storia di partenze e di arrivi incrociati. Un modo di dislocare lo sguardo, osservando la costa sud del Mediterraneo in un momento storico in cui è luogo di transiti e vive nella dimensione permanente della partenza.

Con un elevato grado di sorpresa poi, ci troviamo ad andare lì in un momento storico tragico e importante, in cui si assiste a differenze sociali sempre più marcate tra Tunisia “profonda” e rurale, da un lato, e Tunisia delle infrastrutture e del turismo costiero, dall’altro lato; a pressioni fortissime per la esternalizzazione dei confini europei; alla gestione violenta della componente migrante subsahariana pauperizzata all’interno di una torsione autoritaria.

Questo è significativo: potrà la barca a vela dei\delle ricercatori\trici italo-bianchi far valere il solito privilegio della mobilità o verrà fermata a causa delle tensioni politiche altissime? Se sarà altrimenti, come vivremo noi esposti\e ad un livello diverso di controllo che spesso ci limitiamo ad osservare? Eccoci in un campo in cui noi stessi esperiamo diversamente il confine, il confinamento, la (non) mobilità. Potendolo però raccontare, e questo resta un privilegio che proviamo a spenderci.

Un ultimo aspetto. Il nostro gruppo di ricerca è vasto e “dis-locato”. Poiché un sociologia pubblica in una università pubblica, come quella che abbiamo in mente, riguarda un numero di attori sempre “allargati” e coinvolti nella riflessione, un gruppo di studenti\esse di magistrale di giurisprudenza, scienze politiche e programmazione delle politiche sociali dell’Università di Parma – coinvolti nella clinica giuridico -sociologica “Migrazioni e Frontiere” – sono la nostra “equipe di terra” insieme ad operatori\trici sociali di Ciac Onlus e al gruppo di Migrantour Parma.

A questa equipe di terra manderemo estratti delle nostre note di campo etnografico perché con noi costruiscano un resoconto che possa “circolare”. A loro abbiamo chiesto di integrare le nostre note problematizzandone la ricezione: come appare la frontiera tunisina e i suoi problemi a giovani studenti italiani, ad operatori sociali e interculturali che vivono la frontiera interna dello smantellamento delle forme di accoglienza in Italia?

Al nuovo podcast ‘Crocevia Mediterraneo’ 1, co-prodotto assieme a Melting Pot che ospita anche questo scritto, rimandiamo per seguirci in questo viaggio.

  1. Qui i podcast del precedente viaggio

L'equipaggio della Tanimar

Siamo un gruppo di ricercatrici e ricercatori delle università di Genova e Parma. Per due settimane, dal 26 settembre all’11 ottobre, attraverseremo il Mediterraneo centrale facendo tappa nei principali snodi della mobilità migrante e del controllo confinario europeo: Pantelleria, Lampedusa, Linosa, Malta.