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Violazioni dei diritti e resistenza a Lesvos

Un rapporto del Legal Centre Lesvos (ottobre 2019)

Da oltre tre anni segnaliamo la negazione sistematica dei diritti dei migranti residenti a Lesvos, e ogni rapporto include un elenco di violazioni che sembrano solo peggiorare nel tempo. La politica di contenimento – inizialmente rinnegata dalle agenzie delle Nazioni Unite, ONG e dalla società civile – è ormai diventata norma a Lesvos.

Dall’inizio dell’anno ci sono stati 45.500 arrivi in Grecia, con circa 18.000 arrivi via mare dalla Turchia nei soli mesi di agosto e settembre. Attualmente, oltre 14.000 persone intrappolate a Lesvos vivono in condizioni di vita disumane a seguito dell’accordo UE-Turchia del 2016 e della politica di contenimento legiferata che stabilisce che i richiedenti asilo non possano lasciare le isole greche.
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L’aumento dei nuovi arrivi è coinciso con la recente elezione in Grecia di un governo di destra, che ha vinto con una piattaforma anti-migrante. Tutto ciò contribuisce a creare un’atmosfera sempre più ostile per i richiedenti asilo negli “hotspot” dell’isola.
Questa combinazione ha esacerbato la situazione già disperata per i migranti sull’isola, i cui diritti umani continuano a essere calpestati in ogni istante.

1. Crescente bilancio delle vittime all’interno del campo profughi di Moria: tragico, ma prevedibile risultato dell’illegale politica di contenimento

Negli ultimi mesi le deplorevoli condizioni di vita all’interno del campo, la cui capacità è ora spinta oltre quattro volte il proprio limite, hanno provocato la morte di almeno tre persone in cerca di protezione internazionale.

– Il 24 agosto, un ragazzo di 15 anni è stato ucciso e altri due sono rimasti gravemente feriti all’interno della cosiddetta “zona sicura” del campo, un’area progettata per proteggere i minori non accompagnati, ma che risulta invece sovraffollata con accesso limitato ai servizi basilari, con conseguente aumento di tensioni e frustrazioni. Nonostante i precedenti avvertimenti, le autorità greche non hanno rispettato le raccomandazioni per il trasferimento di minori non accompagnati in strutture più appropriate che garantiscano la loro sicurezza. Ad oggi, si stimano oltre 1.000 minori non accompagnati intrappolati a Lesvos.

– Il 19 settembre, un bambino di cinque anni è stato investito e ucciso da un camion appena fuori dal campo di Moria mentre giocava sul ciglio della strada, nascosto alla vista dentro a una scatola di cartone.

– Il 29 settembre lo scoppio di un incendio elettrico all’interno del campo ha provocato la morte di almeno una donna e la distruzione di otto container. Le conseguenze dell’incendio e la frustrazione per le condizioni non sicure, la continua detenzione sull’isola di Lesvos e la mancanza di trasparenza e responsabilità da parte delle autorità in merito all’incendio fatale, hanno portato a manifestazioni quotidiane e pacifiche da parte dei residenti.

Queste tragiche morti non sono da considerarsi accidentali o coincidenziali, ma piuttosto una diretta conseguenza delle politiche dell’UE che hanno portato alla creazione di “hotspot” come quello di Moria.
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La “restrizione geografica” imposta ai richiedenti asilo a Lesvos ha contribuito a creare condizioni disumane all’interno del campo di Moria, le quali violano in maniera abnorme l’articolo 11 della direttiva 2013/33/UE sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, che obbliga gli Stati a fornire “norme in materia di accoglienza dei richiedenti che siano sufficienti a garantire loro un
livello di vita dignitoso
“. Le condizioni all’interno del campo di Moria sono infatti lungi dall’essere dignitose e non riescono a soddisfare nemmeno i bisogni umani più elementari.

2. Supporto insufficiente per i trasferimenti individuali verso il continente

Il 2 settembre le autorità hanno iniziato il trasferimento di 1.500 persone nel campo di Nea Kavala, nel nord della Grecia. Come spesso accade con i trasferimenti di massa dalle isole greche alla terraferma, agli individui e alle famiglie vengono concesse solo poche ore per fare le valigie, impacchettare le proprie vite (molte persone hanno vissuto per diversi mesi o addirittura per più di un anno a Lesvos) e prendere il traghetto per una destinazione sconosciuta. Le persone paragonano l’esperienza di essere spedite al largo di Lesvos come bestiame.

Poco dopo il trasferimento, le persone hanno iniziato a parlare riguardo le terribili condizioni del campo, la carenza di tende e la mancanza di infrastrutture adeguate a soddisfare le esigenze base dei residenti, come elettricità o acqua. Inoltre, l’ubicazione remota del campo comporta che le persone vengano lasciate isolate senza accesso alcuno a importanti servizi, medici e legali. I rifugiati sono inoltre esposti a condizioni meteorologiche estreme destinate a peggiorare con l’arrivo dei mesi freddi.

Come se non bastasse, questi trasferimenti avvengono senza la minima considerazione nei confronti delle singole situazioni familiari, portando spesso alla separazione di molte famiglie.

Un individuo, che aveva viaggiato insieme alla sua anziana madre dall’Afghanistan alla Grecia, ha dovuto prendere la difficile decisione di consentire a sua madre di viaggiare sulla terraferma quando le veniva offerto un alloggio lì, e di rimanere solo qui a Lesbo, poiché non aveva il permesso di lasciare l’isola. Successivamente ha perso i contatti con sua madre e non sa dove sia stata trasferita.

Un altro individuo, che aveva ricevuto supporto psico-sociale da una ONG a Lesbo e a cui era perfino stato prescritto un trattamento antipsicotico, è stato trasferito in un campo senza accesso alle cure mediche. Pertanto, non è stato in grado di continuare il trattamento iniziato sull’isola.

Una delle nuove misure annunciate dal governo, dopo la riunione di emergenza del Ministero della Protezione dei cittadini del 1° settembre, è stata che migliaia di richiedenti asilo sarebbero stati trasferiti, entro due mesi, in tredici campi apparentemente in costruzione sulla terraferma. Il Ministero della Difesa greco ha presentato un elenco di strutture militari inutilizzate del territorio greco che sarebbero potute essere trasformate in nuovi siti per ospitare diverse migliaia di rifugiati. Tuttavia, attualmente non ci sono prove che queste strutture siano in costruzione. La mancanza di queste infrastrutture nei campi è decisamente preoccupante essendo l’inverno alle porte.

La direttiva 2013/33/UE sulle condizioni di accoglienza obbliga la Grecia a fornire ai richiedenti asilo adeguate condizioni di alloggio, assistenza sanitaria e condizioni di vita. Se la Grecia non è in grado di adempiere ai suoi obblighi, allora coloro che cercano protezione internazionale non dovrebbero essere costretti a rimanere in Grecia e dovrebbero avere libertà di movimento all’interno dell’Unione europea.
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3. Aggiornamenti legali: le modifiche alle prassi dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) continuano a negare il giusto processo ai richiedenti asilo

Nell’ultimo mese, l’EASO ha annunciato che avrebbe effettuato colloqui nell’ambito delle “procedure di frontiera” a Lesvos, e tutti coloro cui si fa riferimento devono registrarsi presso l’ufficio di asilo più vicino per effettuarlo. Spesso i colloqui sono quindi programmati per diversi anni in futuro.
Gli unici individui che possono seguire le normali procedure sono quelli designati come vulnerabili o in estrema difficoltà.
Ciò significa che è probabile che tutte le persone che sono state designate vulnerabili subiscano ulteriori ritardi nelle loro procedure ai sensi di queste nuove pratiche dell’EASO, nonostante una disposizione preveda la priorità dei casi di persone vulnerabili, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 6, L. 4375/2016
.

Questo cambiamento ha causato ulteriore confusione e incertezza, in quanto non è chiaro quando e se le restrizioni geografiche saranno sospese per gli individui la cui vulnerabilità non è riconosciuta fino al loro colloquio. Insieme ad altri attori legali, continueremo a lavorare per chiarire alla politica gli impatti di questo cambiamento, e per sostenere il giusto processo durante tutta la procedura di asilo.

Nel mese scorso, molte persone che erano già state designate come in difficoltà sono state costrette a pagare il biglietto per tornare a Lesvos (circa 100 euro andata e ritorno) per interviste precedentemente programmate. Se non fossero tornati, avrebbero rischiato la chiusura del loro caso di asilo, e ciò avrebbe portato ad arresto e conseguente deportazione.

Dopo essere tornati a Lesvos per i colloqui, vengono informati che devono tornare sulla terraferma e registrarsi per il colloquio presso l’ufficio di asilo più vicino, quasi sempre previsto con attese di diversi anni.

Mentre le persone maggiormente vulnerabili hanno quindi colloqui pianificati tra molti anni, coloro che sono ancora in piena procedura di frontiera a Lesbo si trovano fissate le date dei loro colloqui con poco o nessun preavviso. A diverse persone che hanno avuto accesso al Legal Center è stato dato un preavviso di meno di 24 ore per un colloquio, in contrasto con l’articolo 52, L. 4375/2016, che prevede che un richiedente debba ricevere un ragionevole termine di notifica, di almeno un giorno.

Con il patrocinio degli avvocati del Legal Center, le interviste di queste persone sono state rinviate; tuttavia, i richiedenti spesso non sono a conoscenza del loro diritto a un termine di notifica ragionevole e, di conseguenza, non riescono ad accedere all’assistenza legale o prepararsi adeguatamente per i loro colloqui, che probabilmente avranno un impatto negativo sulla loro domanda di asilo.

L’EASO e gli uffici regionali di asilo di Lesvos si trovano all’interno del campo di Moria. È qui che gli individui registrano le loro domande di asilo e presentano documentazione a supporto delle loro richieste. Tuttavia, l’ufficio rimane inaccessibile ai richiedenti asilo – nascosto dietro a due recinti di filo spinato e pesantemente sorvegliato da G4S. Solo su appuntamento dell’EASO, le persone possono accedere all’ufficio di asilo. Questa è una chiara violazione del diritto dei richiedenti asilo di accedere alla procedura e alla giustizia stessa, ed ha conseguentemente richiesto il patrocinio di avvocati anche per gli interventi più semplici. I nostri procuratori del Legal Center danno seguito a dozzine di casi alla settimana negli uffici di asilo di Lesvos e Atene: per presentare la documentazione a sostegno delle richieste di ricongiungimento familiare ai sensi del Regolamento Dublino III, ad esempio; oppure per fornire prove di vulnerabilità o per sostenere le richieste di asilo individuali.

4. Maggiore ricorso alla detenzione arbitraria e al patrocinio del Legal Center di successo

Poiché il nuovo governo greco mira a “semplificare” la procedura di protezione internazionale accelerando la rimozione di coloro che non sono considerati ammissibili all’asilo, l’uso della detenzione diventerà probabilmente sempre più arbitrario e prevalente come metodo per limitare i movimenti, alimentare la frustrazione e, infine, un prerequisito per la deportazione.

Nell’ultimo trimestre, gli avvocati del Legal Center hanno presentato obiezioni alla detenzione di un individuo trattenuto come una minaccia alla “sicurezza pubblica“.

La detenzione di persone condannate per questo motivo è spesso avvenuta in violazione del giusto processo o di quella del principio di “doppio pericolo”. Per l’individuo, rappresentato dal Legal Centre, era stata ordinata la liberazione dal carcere dal tribunale penale, dopo essere stato condannato per un crimine non violento e senza vittime, ma è stato invece trasferito dalla detenzione penale direttamente a quella nel campo di Moria come richiedente asilo. Queste obiezioni furono presentate a difesa del “doppio pericolo” e l’individuo fu infine rilasciato.

5. Nuove proposte e riforme violerebbero il diritto alla valutazione individuale dell’asilo e il principio di non respingimento

Il governo greco ha annunciato una serie di nuove misure presumibilmente per cercare di ridurre il sovraffollamento e migliorare le condizioni all’interno del campo di Moria. Tuttavia, le modifiche proposte probabilmente limiteranno ulteriormente i diritti dei migranti: piuttosto che adempiere al suo dovere di proteggere i rifugiati, il governo ora parla di controllare la migrazione illegale di migranti economici ed ha anche annunciato che accelererà le espulsioni in Turchia, sostenendo che entro la fine del 2020, 10.000 persone verranno rispedite in Turchia.

Queste misure mancano completamente di base giuridica, poiché tutti i richiedenti asilo devono avere una valutazione individuale delle domande e il diritto di accedere alla giustizia.

Inoltre, come abbiamo costantemente denunciato, la deportazione turca viola i diritti fondamentali dei migranti e spesso porta alla deportazione nel paese di origine delle persone, in violazione diretta del principio di non refoulment, che garantisce che nessuno debba essere forzatamente rimandato in un paese in cui subirebbe torture, trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Inoltre, poiché il governo greco ha annunciato che aumenterà le espulsioni verso la Turchia ai sensi dell’accordo UE-Turchia, si è registrato un aumento delle espulsioni di siriani dal paese.

L’idea che la Turchia sia un “paese terzo sicuro” conferma che – proprio come per la “zona sicura” di Moria – il concetto di “paese terzo sicuro” ha perso ormai ogni significato.

6. Profilazione razziale da parte della polizia locale

L’attacco del nuovo governo di destra ai diritti dei rifugiati continua sia nelle isole greche che sulla terraferma. Con il neo eletto governo, che legittima un aumento della xenofobia, del razzismo e degli attacchi della polizia, a Lesvos sono aumentate le molestie della polizia e la profilazione razziale dei migranti.
In un sondaggio informale condotto con oltre 60 persone recatesi al Legal Center in cerca di consulenza, oltre il 60% nell’ultimo mese era stato fermato dalla polizia per controlli ai documenti. Di quelli fermati dalla polizia, circa un terzo è stato arrestato e portato alla stazione di polizia dopo essere stato fermato, e successivamente rilasciato.

Un individuo che stava camminando verso la propria abitazione è stato arrestato e portato alla stazione di polizia per un controllo di documenti, per poi essere rilasciato. Mentre tornava a casa dalla stazione di polizia la notte stessa, è stato nuovamente fermato dalla polizia e per la seconda volta in una notte portato alla stazione di polizia per verificare i suoi documenti.

7. Coercizione della polizia dei leader della comunità

Abbiamo continuato a ricevere notizie dai leader della comunità che venivano portati alla stazione di polizia e lì veniva richiesto dagli ufficiali sia di reprimere il diritto delle persone di protestare, sia di identificare persone all’interno del campo di Moria che le autorità sospettano di aver commesso un illecito. Questa continua pressione della polizia è stata una risposta al tragico incendio all’interno del campo e alle successive proteste dei residenti.

Abbiamo documentato in precedenza nel seguente rapporto le molestie subite dai leader della comunità da parte delle autorità e sembra che questo sia un metodo ricorrente che probabilmente si intensificherà ogni qual volta le condizioni all’interno di Moria peggioreranno e le tensioni inevitabilmente aumenteranno.

8. Processo a Mitilene dei migranti accusati dell’occupazione della piazza di Saffo

Il 10 ottobre uno dei coordinatori del Legal Center di Lesvos è apparso come testimone nel processo a diverse persone accusate di disobbedienza, resistenza all’arresto e campeggio illegale. Sono stati accusati di una protesta prolungata nella piazza centrale di Mitilene, a ottobre e novembre 2017. Durante l’udienza, le condizioni pericolose all’interno di Moria sono state evidenziate come stato di emergenza che non ha lasciato agli imputati altra scelta se non quella di rimanere in piazza. HIAS Grecia ha rappresentato con successo molti degli accusati, e tutti gli imputati tranne uno sono stati assolti nonostante la retorica anti-migranti dei pubblici ministeri.

9. Proteste sostenute contro il trattamento disumano dei migranti in Grecia

Nonostante la continua violazione dei diritti dei richiedenti asilo in Grecia, permangono atti di solidarietà e resistenza sia sulla terraferma che sulle isole.

– Nel distretto di Exarchia di Atene si sono svolte manifestazioni in solidarietà dopo i diffusi sfratti dei migranti che vivono lì. Secondo quanto riferito, oltre 6.000 persone hanno marciato in solidarietà con le occupazioni e contro la repressione statale. Alcuni delle persone che erano state sfrattate dalle abitazioni e residenti di altri edifici occupati che sono ancora in pericolo hanno marciato tutti insieme.

– Il giorno dopo l’incendio all’interno del campo di Moria, circa 200 donne che vivevano all’interno del campo hanno protestato pacificamente contro le condizioni, ma è stato impedito loro di marciare a Mitilene dalla polizia locale che ha bloccato la strada. I migranti hanno effettuato proteste quotidiane fuori dal campo di Moria dalla data dell’incendio e, in ogni occasione, la polizia ha impedito alle persone di recarsi a Mitilene bloccando fisicamente la strada con i furgoni della polizia.

– L’1 e il 5 ottobre, le comunità di solidarietà e dei migranti si sono riunite per protestare contro le condizioni deplorevoli che hanno portato all’incendio e hanno chiesto l’immediata chiusura del campo di Moria.

– Il 12 ottobre, circa 30 siriani curdi si sono radunati nel centro di Mitilene per denunciare l’invasione illegale della Turchia nel nord della Siria e l’offensiva in corso contro il popolo curdo.
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