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Protesta a Bruxelles (01.10.22)

Le migrazioni nel caos geopolitico contemporaneo

Report e video dell'incontro «Il gorgo: guerre, crisi ambientali e “Stati Falliti”»

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Il primo di ottobre, il Centro Studi Sereno Regis di Torino ha proposto un incontro dal titolo: «Il gorgo: guerre, crisi ambientali e “Stati Falliti”», per fare un punto della situazione da diversi territori dell’estesa “frontiera mediterranea”.

La scelta dell’immagine del “gorgo”, per descrivere l’attuale quadro geopolitico delle migrazioni, è sufficientemente evocativa. In una fase storica in cui, alla caduta dell’egemonia statunitense, non si è sostituito un nuovo allineamento degli equilibri di potenza, il caos sembra rappresentare l’unica forza (dis)ordinatrice della politica globale. Disastri climatici ed energetici colpiscono i territori più variegati, ad ogni latitudine, e rinnovate (più che nuove) guerre e crisi politiche, come quelle ucraina o tunisina, non fanno che aggiungersi a crisi protratte e consolidate, come quelle balcaniche o palestinese.

Nel frattempo, le potenze occidentali (in gran parte responsabili di queste crisi) si fanno fortezze, per sbattere la porta in faccia a chi da quelle crisi cerca di mettersi in salvo. Per sofisticare le loro strategie di respingimento, i governi europei e l’UE firmano accordi con gli Stati resi-frontiere, intorno al bacino del Mediterraneo e ben oltre, finanziando autorità nazionali più o meno sanguinarie che, in cambio della garanzia di un potere ininterrotto, si fanno esecutrici dell’agenda politica europea in materia di migrazioni. In altre parole, perseguitano le persone sulla base della presunzione che esse vogliano spostarsi e stabilirsi all’interno dell’Unione.

A titolo di esempio, la Tunisia di Kais Said, che tiene in ostaggio migliaia di persone subsahariane in collaborazione con UNHCR, o lo Stato di Israele, da cui dall’inizio della guerra ad oggi, sono dovute andar via circa 14.000 delle circa 35.000 persone in fuga dall’Ucraina, che vi si erano rifugiate. Questo perché non hanno ricevuto altro documento se non un visto turistico della durata di tre mesi, insufficiente – si capisce – per accedere a servizi fondamentali come quelli educativi e sanitari.

All’incontro (che ha rivolto le riflessioni d’apertura in solidarietà con le persone in pericolo in Iran, a seguito delle manifestazioni delle ultime settimane) hanno partecipato giovani ricercatori, docenti universitarie, studiosi e attiviste, che hanno fatto il punto della situazione attuale in diversi snodi della rotta balcanica e mediterranea: Libano, Palestina, Tunisia, balcani, e la frontiera franco-italiana del Monginevro.

In collegamento da Bruxelles, anche diverse militanti dalla marcia «RIGHTS! No deaths!», in sit-in nella piazza antistante al Parlamento Europeo. Intervenute anche Jalila Taamallah e Hajer Ayachi, esponenti del collettivo tunisino delle Madri de* Dispers* nel Mediterraneo, e Sabina Tanovic, militante montenegrina solidale con la causa dei familiari delle persone disperse lungo le rotte migratorie.

Secondo le testimonianze, le militanti a Bruxelles hanno conosciuto e si sono messe in relazione con i movimenti auto-organizzati di sans-papiers della città, che hanno occupato a scopo abitativo numerosi edifici, tra cui un istituto bancario, per servire da dimora a circa un centinaio di persone.

Gli ultimi interventi dalla piazza colorata di Bruxelles hanno riportato all’evento delle note di consapevole propositività. Come osservato da Franco “Bifo” Berardi nel suo recente saggio “Il terzo inconscio”, il fatto che il caos sia, come anticipato in apertura, il principale motore del disordine geopolitico attuale, lascia spazio all’imprevedibilità dei prossimi sviluppi, anche rispetto al sistema dei visti e delle frontiere europee. Ed è in quell’imprevedibilità che, quotidianamente, si può giocare il potenziale dell’azione collettiva. Previsioni deterministiche di cosa avverrà nel prossimo futuro sono quanto mai azzardate: non possiamo escludere nessuna eventualità. Questa Incertezza genera, come notato da Berardi, tendenze sociali depressive e ansiogene; ma può anche essere sede di speranza. Di questa speranza deve e può nutrirsi un’azione collettiva creativa, che dell’imprevedibilità faccia il suo nutrimento, e non la sua paranoia.

Valentina Lomaglio

Studio la mobilità umana nell'area mediterranea, ed in particolare nel contesto tunisino. Mi interessano le prospettive intersezionali, teoriche e militanti, alle questioni di genere, razza e classe. Sono laureata in Scienze Politiche, Sociali e Internazionali presso l'Università di Bologna, e sto frequentando il master in Mediazione Inter-Mediterranea delle Università Ca' Foscari di Venezia e Paul Valéry di Montpellier.