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Sanatoria 2009 – Il Consiglio di Stato su estinzione, riabilitazione e ostatività delle condanne 381 cpp

a cura dell'Avv. Uljana Gazidede

Il ricorso CDS veniva proposto avverso una sentenza di rigetto del TAR Puglia – sede di Bari su numerosi motivi di censura.

Qui riposto quelli degni di nota:

Il Giudice di primo grado – T.A.R. – affermava in sentenza: “Orbene, il Collegio rileva che la dichiarazione di estinzione di un reato per il quale un soggetto sia stato giudicato non equivale ad una dichiarazione di riabilitazione, la quale consegue ad una speciale procedura nel corso della quale vengono svolti, tramite gli organi di polizia giudiziaria, vari accertamenti, finalizzati a stabilire se il soggetto, avendo stabilmente cambiato vita o comunque essendosi allontanato definitivamente dalle situazioni che l’avevano indotto a delinquere, abbia acquistato una piena credibilità ed affidabilità. La dichiarazione di estinzione di un reato, che invece consegue alla semplice presa d’atto che il soggetto non risulta aver riportato altri precedenti né avere carichi pendenti, non può quindi esplicare la medesima efficacia, giacché – a tacer del fatto che tale dichiarazione potrebbe essere smentita dalla successiva scoperta di fatti di reato risalenti ma non ancora segnalati – nulla dice in ordine alla attuale vita, personalità e frequentazioni del soggetto. Per tali ragioni il Collegio non condivide la giurisprudenza richiamata nel ricorso introduttivo del giudizio, la quale ha ritenuto di poter equiparare la dichiarazione di estinzione del reato di riabilitazione. Va quindi respinto il terzo motivo di ricorso, a mezzo del quale si lamenta che la Prefettura non abbia tenuto conto della intervenuta dichiarazione di estinzione del reato, che peraltro risale ad epoca posteriore al provvedimento impugnato”.

L’affermazione del Giudice di prime cure riguardo alla non condivisione della Giurisprudenza del Consiglio di Stato del 4.03.2011 reg. prov. Cau n. 1042/2011 ed in termini Consiglio di Stato, VI, 24 aprile 2009 n. 2543 che si sono espresse sulla equiparazione della riabilitazione alla estinzione automatica della condanna inflitta in sede di patteggiamento lasciava del tutto perplessi e per tale motivo veniva impugnata la sentenza.

Inoltre, ancora più sorprende appariva, come il Giudice di prime cure, non considerava in alcun modo gli elementi riportati dalla difesa per valutare la sig.ra Leshkasheli come una badante, non dedita a frequentazioni degne di nota, ma ritineva di ipotizzare scoperte successive di fatti reato risalenti ma non di fatto segnalati !!!, ossia:

1) la sentenza di condanna a mesi tre di reclusione, pena sospesa, emessa a carico della sig.ra L. ex art. 444 del c.p.p. risale all’anno 2006;

2) la domanda di emersione veniva presentata dalla ricorrente e dal suo datore di lavoro in data 15.09.2009.

3) l’ordinanza di estinzione del reato è stata adottata il 25.05.2011 facendo espresso riferimento che nel quinquennio successivo al passaggio in giudicato della sentenza di condanna la ricorrente non ha commesso altri reati, come emerge dal certificato del casellario e da quello dei carichi pendenti;

4) il provvedimento di rigetto della sanatoria – peraltro senza data – veniva comunicato il 26.07.2011 solo a seguito dell’atto di diffida presentato dalla ricorrente;

5) il certificato penale del casellario giudiziale, prodotto al TAR, già dal 15.06.2010 rilevava la dicitura “NULLA”.

Il Giudice T.A.R., in ordine alla questione di illegittimità sollevata da questa difesa affermava: “ …. il Collegio ritiene che la questione di costituzionalità sollevata …. sia manifestamente infondata”.
Ed anche questo punto della sentenza veniva censurato poichè nelle more la Corte Costituzionale con la sentenza n. 172 del 2 luglio 2012 aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1-ter, comma 13, lettera c), del DL 1° luglio 2009, n. 78 (provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini), introdotto dalla legge di conversione 3 agosto 2009, n. 102, nella parte in cui fa derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla pronuncia nei suoi confronti di una sentenza di condanna per uno dei reati previsti dall’art. 381 c.p.p, senza provvedere che la pubblica amministrazione provveda ad accertare che il medesimo rappresenti una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato.

Nel procedimento n. 5856/2012 M. L. contro Ministero dell‘Interno, U.T.G. – Prefettura di Bari, Sportello Unico per l’Immigrazione c/o Prefettura di Bari per la riforma della sentenza breve del TAR Puglia – Bari sezione II n. 204/2012 resa tra le parti, concernente il diniego di emersione da lavoro irregolare l’Ecc.mo Consiglio di Stato – terza sezione in data 15.09.2012 con ordinanza cautelare sospensiva n. 3774/2012 ha cosi statuito: “RITENUTO: – che l’appellante, già ricorrente in primo grado, è stata interessata da una procedura di emersione (regolarizzazione) ai sensi dell’art. 1-ter del decreto legge n. 78/2009; – che il beneficio è stato negato con la motivazione che l’interessata versa in una situazione ostativa in quanto ha riportato una condanna penale per furto aggravato (artt. 624, 625 c.p.) e che l’art. 1-ter tassativamente esclude dalla sanatoria i soggetti che abbiano riportato condanne (anche patteggiate) per i reati previsti dagli artt. 380 e 381 c.p.p.; – che in pendenza di giudizio peraltro è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2012, n. 172, la quale ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’art. 1-ter nella parte in cui attribuisce rilevanza tassativamente ostativa alle condanne per i reati di cui all’art. 381 c.p.p., senza fare carico all’autorità di p.s. di accertare in concreto e motivatamente la reale pericolosità del soggetto;- che di conseguenza risulta oggi essenziale appurare se la ricorrente sia stata condannata per un reato rientrante nella previsione dell’art. 380 c.p.p., oppure in quella dell’art. 381; – che il problema si pone perché nella fattispecie gli atti fanno riferimento solamente ad una condanna per furto aggravato di cui agli artt. 624 e 625 c.p., mentre per talune delle ipotesi contenute nell’art. 625 si applica l’art. 380 c.p.p. e per altre si applica l’art. 381 c.p.p.; – che in tale situazione è necessario disporre, a carico dell’Amministrazione appellata, un’istruttoria rivolta ad acquisire la sentenza penale de qua, con ogni altro elemento utile a stabilire quali aggravanti siano state in concreto ascritte a carico dell’interessata; – che allo scopo si assegna all’Amministrazione il termine di giorni 60 dalla pubblicazione della presente ordinanza; – che nelle more della nuova trattazione in camera di consiglio (per la quale si fissa fin da ora la data del 18 dicembre 2012, con avvertenza che in quella occasione si potrà procedere anche alla definizione immediata ai sensi dell’art. 60 c.p.a.) si ravvisano giusti motivi per sospendere interinalmente gli effetti del provvedimento impugnato in primo grado, anche ai fini del riesame da parte della p.a.; – che ogni altra decisione, anche in ordine alle spese, rimane riservata; P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) ordina all’Amministrazione appellata gli incombenti istruttori di cui in motivazione, nel termine ivi indicato. Dispone la prosecuzione della trattazione alla camera di consiglio cautelare del 18 dicembre 2012, riservandosi ogni altra decisione. Sospende interinalmente, fino a tale data, gli effetti del provvedimento impugnato, anche ai fini del riesame da parte della p.a. La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 settembre 2012 con l’intervento dei magistrati…. “

Avv. Uljana Gazidede

Ordinanza del Consiglio di Stato n. 5856 del 15 settembre 2012