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Classi separate per alunni stranieri: l’esclusione tra i banchi di scuola

I commenti di insegnanti e professori

La proposta del partito della Lega Nord votata martedì a maggioranza dalla Camera di istituire classi separate per gli alunni stranieri che non parlano la lingua italiana prevede che i figli dei migranti debbano superare un test di ingresso di conoscenza della lingua italiana altrimenti saranno spostati in classi differenziate predisposte ad hoc per loro, cosiddette classi di inclusione sebbene separate dalle classi ordinarie.
Classi per soli immigrati dunque, per rafforzare quel falso pregiudizio secondo cui la presenza di alunni stranieri nelle scuole danneggia i bambini italiani.
E’ un nuovo tassello nel processo di stigmatizzazione del migrante da parte delle istituzioni, che completa l’immagine del migrante come soggetto insidioso da cui difendersi attraverso leggi sempre più vessatorie (pacchetto sicurezza, introduzione di tasse di soggiorno, invenzione di nuove categorie di reato come quello di clandestinità): i migranti costituiscono una minaccia per la sicurezza, il benessere e l’identità delle città non solo perché sono criminali e credono in una religione diversa dalla nostra, ma anche perché scavalcano le famiglie italiane nelle graduatorie per le case pubbliche e perché i loro figli abbassano la qualità dell’insegnamento nelle scuole italiane.
Non sono i tagli alla scuola pubblica e le riforme che riducono a 24 ore settimanali il tempo della didattica a compromettere la qualità dell’insegnamento e il processo di apprendimento, ma i figli degli immigrati !

Se la natura del provvedimento è certamente politica, le conseguenze della mozione saranno tragicamene concrete.
Innanzitutto la misura compromette gravemente il ruolo strategico di agenzia di mediazione interculturale e sociale che la scuola ricopre spontaneamente in quanto universo in cui si incontrano bambini – e di conseguenza adulti – con background socialmente e geograficamente vari.
Per italiani e migranti la scuola è forse il primo vero luogo di contatto e scambio di relazioni tra persone portatrici di culture differenti. Nonostante i tagli e le riforme che si sono succedute, nella scuola si compie il primo contatto per il minore straniero con la società di arrivo; è nell’inserimento nella classe che si attua la prima fase di accoglienza da cui sviluppare il percorso dell’inclusione, un processo che necessita di tempo e di professionalità, già compromesso dai tagli e dalle passate riforme.
Per quanto riguarda poi l’apprendimento della lingua italiana, è risaputo che le lingue si apprendono meglio attraverso l’interazione con l’altro e che un contesto affettivo-relazionale positivo è strategico per impararle.
Ma tutto questo è volutamente ignorato dal nuovo provvedimento, perché è evidente che la mozione ha l’obiettivo di escludere, differenziare e marginalizzare le differenze fin dalla più tenera età.
La teoria della pericolosità sociale dell’immigrato su cui si basano le politiche di molti Governi e lo sfruttamento dell’immaginario della paura ha bisgno di nuovi contesti da colonizzare. La vita dei bambini migranti, il rapporto con i loro coetanei nativi, diventa quindi un nuovo terreno su cui sperimentare il processo di differenziazione della cittadinanza trasversale a tutti gli ambiti della vita, dal lavoro alla posizione del soggiorno, dalla la salute alla casa, dalla circolazione fino alla scuola, appunto.

“E’ un provvedimento vergognoso” dicono le/gli insegnanti della scuola primaria mobilitati contro la Riforma Tremonti-Gelmini.
L’insegnante Stefania Ghedini delle Scuole XXI Aprile di Bologna commenta indignata: “Vogliono partire dalla scuola per costruire una società fatta di barriere; la scuola in cui crediamo è invece aperta, accogliente e sa includere le differenze: solo così si costruisce un futuro di convivenza e rispetto reciproco perché non vogliamo i meccanismi della banlieue, che portano a spendere in più polizia”.
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Secondo Francesco Bonfini di Rdb Cub Bologna il provvedimento delle classi separate, così come i tagli alla scuola pubblica sono attacchi diretti ai ceti economicamente più deboli, per cui la scuola è uno strumento di emancipazione ed inclusione. “E’ un’idea bizzarra, oltretutto, pensare che mettendo insieme venti bambini che non parlano l’italiano questi imparino la lingua più velocemente che stando in classe con altri bambini che già lo parlano.”

Secondo il Professore Luigi Guerra, Preside della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna si tratta di “un provvedimento razzista, che come altri sconta anche la mancanza di memoria su quanto successo in passato ai figli dei nostri emigrati. E’ un provvedimento che viene venduto come un modo per integrare meglio il bambino straniero, ma iniziare il processo di integrazione con un periodo di reclusione di fatto – come facevano in America o in Germania con i figli degli italiani – ossia un periodo in cui si nega il confronto con la cultura ospitante e al contrario si trasmette l’idea che quella cultura non ti vuole finché non sei assolutamente uguale, significa costruire le premesse perché non vi sia mai nessun titpo di inclusione. E’ chiaro che ogni qualvolta non si investe in scuola si deve investire in carabinieri, ogni qualvolta non si investe in prevenzione del disagio si deve investire in ricomposizione del disagio, e questo costa drammaticamente di più che gli interventi di prevenzione.”
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Redazione Progetto Melting Pot Bologna