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Commento alla sentenza del Tribunale di Torino del 29 maggio 2004

Espulsione di una cittadina nigeriana che si trovava e si trova in gravi condizioni di salute

Nel caso in oggetto, non c’era nulla da dire sull’espulsione in sé, nel senso che si trattava e si tratta di una persona priva del permesso di soggiorno quindi normalmente colpita da un provvedimento di espulsione con accompagnamento alla frontiera.

Tuttavia l’argomento fatto valere specificatamente in questo ricorso è la condizione di salute della ricorrente. La ricorrente, in particolare, è affetta da Aids quindi necessita di cure essenziali per la sua sopravvivenza e soprattutto cure che devono avere, per essere efficaci, un carattere continuativo e che peraltro hanno anche un notevole costo.
È agevole costatare che, nel Paese d’origine, l’interessata non potrebbe beneficiare assolutamente di queste cure se non in forma privata e con costi che non sarebbe in grado di sostenere. Di conseguenza il giudice del Tribunale di Torino ha costatato, trattandosi di un fatto notorio, che sicuramente l’interessata avrebbe corso un serio pericolo per la sua sopravvivenza nel caso in cui fosse stata eseguita l’espulsione ed ha quindi accolto le argomentazioni dell’avvocato della patrocinata con riferimento al diritto della tutela della salute.
L’art. 2 del Testo Unico sull’immigrazione – ricorda il giudice – stabilisce che allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana.

Questa norma, peraltro, riprende chiaramente il dettato dell’art. 2 della Costituzione, in base al quale la Repubblica italiana riconosce i diritti inviolabili dell’uomo. Tra questi diritti – sostiene il Tribunale di Torino – c’è sicuramente quello alla salute, a maggior ragione perché il T.U. sull’immigrazione si occupa specificatamente del diritto alla salute anche per quanto riguarda i cosiddetti clandestini, garantendo all’art. 35 tutte le cureconsiderate essenziali.

Non c’è alcun dubbio, naturalmente, sul fatto che siano da considerarsi essenziali le cure che servono per salvarsi la vita o per sopravvivere,.
Pertanto, anche se specificamente il Testo Unico sull’immigrazione, fra i casi in cui è vietata l’espulsione elencati all’art. 19, espressamente non prevede questa particolare situazione di pericolo di vita per ragioni di salute in caso di rimpatrio, ecco che il Tribunale di Torino ha ritenuto che comunque corrisponda alla ratio, quindi al principio ispiratore della norma, quello di proteggere la vita umana prima di ogni altra cosa.
Non a caso infatti l’art. 19 prevede il divieto d’espulsione anche in tutti i casi in cui lo straniero rischia una persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di convinzioni personali o sociali nel proprio paese d’origine.

In base allo stesso principio ispiratore (ritenendo che la norma che vieta l’espulsione non possa non vietare anche l’espulsione nel caso in cui vi sia un pericolo diretto per la sopravvivenza per motivi di salute, per la mancanza di cure mediche disponibili nel paese d’origine), il Tribunale di Torino ha deciso di annullare il provvedimento di espulsione, che dal punto di vista formale avrebbe potuto essere adottato ma che dal punto di vista sostanziale, tuttavia, comportava la condanna a morte dell’interessata.

La stessa interpretazione potrebbe essere utilizzata in casi analoghi in cui vi sia un pericolo evidente per la sopravvivenza della persona e quindi indipendentemente dalla possibilità tecnica o meno di trasportare il malato. Anche un malato trasportabile non dev’essere espulso verso il proprio Paese di provenienza se non ha la possibilità di accedere a quelle cure che gli permettano di sopravvivere o di salvarsi la vita.
Casi simili potrebbero trovare analoga soluzione. Pensiamo, ad esempio, a persone che hanno bisogno di essere sottoposte a trattamento di dialisi che non potrebbero disporre delle stesse forme di assistenza sanitaria nel proprio Paese. Naturalmente è compito dei medici distinguere i casi in cui sussiste un concreto pericolo di vita in caso di mancanza di cure o i casi in cui invece questo pericolo manchi.